diAnna Messia

Quando si muovono le grandi è subito tendenza. Che in Italia ci fosse bisogno di investimenti nel settore sanitario e della salute era cosa nota. La pandemia ha però fatto emergere di colpo tutte le debolezze di un sistema ripetutamente colpito da tagli della spesa pubblica, non solo per quanto riguarda le cure ospedaliere ma anche per le strutture sanitarie dedicate agli anziani (rsa), in tanti casi colpite al cuore dal Covid. Non è un caso che tra i punti centrali del Piano Nazionale di Ripesa e Resilienza (Pnrr), approvato dalla Commissione Europea, alla missione 6 ci siano la sanità e le politiche sociali, prevedendo tra gli altri investimenti per «reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale» per un importo di 7 miliardi e altri 8 miliardi da utilizzare per lo sviluppo di tecnologie sanitarie e per la ricerca scientifica. Nell’attesa di capire meglio come queste risorse confluiranno nei vari progetti (per la gran parte tramite gli enti locali) gli operatori di mercato, dalle compagnie di assicurazione a chi si occupa di investimenti immobiliari, hanno iniziato a muoversi per aumentare l’offerta di servizi legati alla salute. Dall’inizio dell’anno le operazioni che hanno riguardato compravendite di strutture Rsa e nuove iniziative sono chiaramente aumentate con un forte interesse mostrato anche da parte di investitori internazionali. Un esempio è la joint venture da 300 milioni di euro lanciata a marzo daa Eqt Real Estate e dallala cooperativa italiana Arco per concentrarsi nello sviluppo di un portafoglio di immobili di nuova costruzione di classe A situati nel Nord Italia e destinati a residenze sanitarie assistenziali di nuova generazione. Mentre l”ultima operazione, ancora in attesa della firma definitiva, ha riguardato la cessione di due Rsa da parte di Mediolanum Real Estate a un investitore estero per oltre 20 milioni di euro.

«La necessità di investire in Italia in residenze sanitarie per anziani è evidente nei numeri, considerando che gli ultimi dati disponibile evidenziavano che in Italia c’è una disponibilità di assistenza per il 4% degli over-75 rispetto al 10% della Germania o della Francia. Siamo a 254 mila posti, in crescita dell’1,7% all’anno dal 2014, ma ancora decisamente troppo pochi rispetto ai 952 mila della Germania», osserva Antonio Serrapica, principal di Kearney Italia. Eppure la marginalità per chi decide di investire nel settore sembra decisamente interessante, sia per chi si occupa della gestione sia per i proprietari immobiliari che le affittano. I gestori più efficienti, come i francesi di Orpea e Korian, riescono a registrare ebitda tra il 15% e il 17%, mentre gli investimenti immobiliari restituiscono rendimenti pari in media al 6-8%. «Per essere profittevoli bisogna avere una gestione industriale efficiente, oltre che volumi adeguati», sottolinea Serrapica, «ma la pandemia ha fatto anche emergere la necessità di ripensare queste strutture per renderle più accoglienti, visto che oggi, secondo i sondaggi, hanno il livello di preferenza più basso tra tutte le opzioni disponibili che si presentano a chi ha bisogno di assistenza. Gli anziani, se possono, preferiscono avere un aiuto domestico o condividere un appartamento con altre persone e vivono male la Rsa». Il mercato ha iniziato a ragionare anche su altre soluzioni abitative realizzate su misura per gli over-60 che sono autosufficienti ma che vogliono avere servizi adatti alla loro età. Si tratta del cosiddetto senior living, che all’estero ha già preso piede. In Italia a muoversi sono i big. Generali Italia nei giorni scorsi ha annunciato l’avvio di un fondo di private equity di 400 milioni per investire in servizi sanitari (laboratori, centri diagnostici e farmacie) e al contempo ha avviato la joint venture Convivit assieme a Cassa Depositi e Prestiti. Quest’ultimo è un investimento di oltre 100 milioni di euro con l’obiettivo di costruire 20 residenze con oltre 2.000 appartamenti per 2.500 persone entro dieci anni che risponde a un bisogno evidente, visto che, secondo i dati Istat, entro il 2045 in Italia gli over-65 anni saranno oltre 20 milioni, quasi un terzo della popolazione. Modelli in cui la componente immobiliare e quella assicurativa si intrecciano, come accade anche nell’iniziativa avviata da Invimit, la sgr controllata dal ministro dell’Economia e guidata da Giovanna Della Posta, che nelle scorse settimane ha avviato una ricerca per individuare compagnie di assicurazione per offrire servizi su misura nelle abitazioni. «La caratteristica dell’iniziativa di Invimit è nel fatto che la sgr punta a innovare nel settore del senior living perché, a differenza di quanto avviene in altri modelli esteri, non è prevista la presenza di un gestore degli immobili ma gli accordi con le società assicurative consentono di offrire direttamente servizi ai residenti», dice Maurizio Nitrati, partner di Kpmg. «In questo modo si potrebbe cambiare la struttura dei costi e rendere il prodotto più accessibili anche a fasce di reddito più basse». Evitando così che il senior living resti un mercato di nicchia. Riflessioni aperte anche da altri operatori non solo immobiliari (come Hines o Savilles), ma pure assicurazioni, a partire da Unipol, leader nel mercato salute, e Intesa Sanpaolo Vita, che ha da poco rilevato Rbm Assicurazione Salute. (riproduzione riservata)

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