di Andrea Mascolini
Forte riduzione delle stazioni appaltanti, massima semplificazione delle procedure sotto soglia UE. Inserimento di clausole sociali e ambientali negli atti di gara. Revisione della disciplina della programmazione, progettazione e verifica dei progetti. Codificazione dei casi di ricorso al prezzo più basso. Sono questi alcuni dei punti dello schema di disegno di legge delega approvato ieri in consiglio dei ministri, che riavvia i cantieri della riforma del codice appalti, interrotti prima della pandemia quando si concluse l’esperienza del Governo giallo-verde che, con l’allora ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli diede vita ad una consultazione on-line su come rivedere il codice appalti.
Nel frattempo, dopo il decreto-sblocca cantieri, si decise di puntare nuovamente sul binomio codice- regolamento, quest’ultimo rimasto a sua volta impantanato anche in ragione delle numerose deroghe che erano state introdotte e che da ultimo il decreto Recovery ha prorogato fino a metà 2023.
Un quadro a dire poco confuso che adesso il governo Draghi intende rimettere in ordine ripartendo dall’inizio, come fu con la legge 11/2016 che diede vita al codice appalti del governo Renzi. L’obiettivo è innanzitutto quello di adeguare la normativa interna al diritto europeo e ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali.
Il riferimento neanche tanto sotteso sembra essere alla disciplina del subappalto che ha trovato nel decreto Recovery (77/2021) una prima soluzione (fino al 30/10 limite al 50%; dal 1° novembre sarà la stazione appaltante a inserire eventuali limiti motivando). Il secondo obiettivo che si pone la delega è quello di razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina vigente per evitare l’avvio di procedure di infrazione da parte dell’Unione europea e di giungere alla risoluzione delle procedure avviate.
Nel merito, la delega, premessa la «stretta aderenza alle direttive europee», declinata come livelli di regolazione minimi corrispondenti a quelli della legislazione eurounitaria, indica come prioritaria una forte riduzione delle stazioni appaltanti attraverso il «rafforzamento della disciplina in materia di qualificazione» delle stesse e l’incentivazione dell’utilizzo delle centrali di committenza abbinato al potenziamento e specializzazione del personale.
Dal punto di vista delle procedure di affidamento, l’input che viene dato al legislatore delegato è quello della «massima semplificazione» per i contratti di importo inferiore alla soglia europea, così come devono essere semplificate le procedure per la realizzazione degli investimenti in tecnologie verdi e digitali, nonché in innovazione e ricerca.
Dal punto di vista ambientale si insiste anche sulla facoltà o obbligo di inserire negli atti di gara specifiche clausole sociali o ambientali e criteri orientati a favorire la stabilità occupazionale e l’applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Ribadita la necessità di assicurare la riduzione e la certezza dei tempi relativamente alle procedure di gara, anche tramite la loro digitalizzazione e informatizzazione.
Si dice a chiare lettere che viene abbandonato l’albo dei commissari di gara, per rafforzare e specializzare i commissari interni. Da riscrivere e semplificare le materie riguardanti la programmazione, la progettazione (anche con «l’eventuale» riduzione dei livelli, oggi fissati a tre), la verifica dei progetti e la composizione del Consiglio superiore dei lavori pubblici.
Importante anche l’accenno alla necessità di razionalizzare, semplificare ed estendere le forme di partenariato pubblico-privato, con particolare riguardo alla finanza di progetto e di promuovere l’utilizzo dei metodi di risoluzione delle controversie, alternativi a quelli giurisdizionali, anche nella fase di esecuzione del contratto. Da ridurre gli automatismi nella valutazione delle offerte (anche anomale) e tipizzazione dei casi di ricorso al prezzo più basso. Una volta approvata la delega, ieri all’esame del consiglio dei ministri, si prevedono sei mesi per l‘adozione del decreto delegato, operazione per la quale il governo si avvarrà di magistrati di tribunale amministrativo regionale, esperti esterni e rappresentanti del libero foro e dell’Avvocatura generale dello Stato, i quali presteranno la propria attività «a titolo gratuito e senza diritto al rimborso delle spese».Per il ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, l”obiettivo della delega «è aumentare l’efficienza del sistema degli appalti, garantire una migliore gestione degli investimenti pubblici, rendere più rapide le procedure assicurando tempi certi per la realizzazione delle opere, in linea con i principi di sostenibilità economica, sociale e ambientale. Lo scopo è fare presto e fare bene, aumentando la sicurezza dei luoghi di lavoro, la tutela dei lavoratori, la trasparenza e la legalità».
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