VIA LIBERA IN ARRIVO AI DECRETI CHE SBLOCCANO LE OPERE, MENTRE L’UE STANZIA I PRIMI 25 MILIARDI
di Roberto Miliacca
Ripartire dalle opere pubbliche. Con il Pnrr e con i due decreti legge collegati, cioè il dl 76/21 (c.d. decreto semplificazioni), in materia di procedure da applicare agli appalti sotto-soglia, e il dl 77/2021 (c.d. decreto semplificazioni bis), entrambi in fase di conversione in legge, il governo Draghi ha voluto indicare una direzione molto precisa alle priorità per il rilancio dell’economia: rendere gli appalti più celeri e, soprattutto, riscrivere le regole esistenti in materia, tenendo conto delle indicazioni europee, così da garantire stabilità e certezza al quadro normativo per il più lungo tempo possibile. D’altronde è l’Europa che stanzierà le risorse per la ripartenza (dopo il via libera di martedì scorso ai Pnrr di 11 paesi, Italia compresa, da parte dell’Ecofin, è in arrivo, in queste ore, la prima tranche da 25 miliardi di euro di risorse, pari al 13% della quota italiana di finanziamenti Ue), ed è l’Europa che farà il monitoraggio sull’uso delle risorse e sul crono-programma stilato per ciascuna di esse. Risorse e tempi certi, insomma: un meccanismo dai ritmi serrati che imporrà all’Italia, e alle stazioni appaltanti, una maggiore consapevolezza sia sulla bontà dei progetti che sui tempi per realizzarli. Gli amministrativisti, che da anni seguono la convulsa e, talvolta contraddittoria, normativa in materia di opere pubbliche, guardano con grande attenzione alle novità contenute nei decreti che sono in questi giorni all’esame del parlamento. E, come spiegano alcuni di loro ad Affari Legali di questa settimana, c’è anche qualche preoccupazione per l’accelerazione imposta dalla politica a una materia così tecnica e complessa, e per alcune delle soluzioni che sarebbero allo studio. La reintroduzione dell’appalto integrato, l’ampliamento della figura del subappalto, l’innalzamento del valore entro il quale le stazioni appaltanti possono avvalersi della procedura dell’affidamento diretto, sono strumenti utili, ma da gestire con trasparenza e professionalità.
LE NUOVE REGOLE PUNTANO A RENDERE PIÙ STABILE LA NORMATIVA PER DARE ATTUAZIONE AL PIANO
Dl Semplificazioni, il Pnrr accelera la riforma degli appalti
Un decreto legge che ha al proprio interno temi molto articolati e anche divisivi, ma da cui dipende la possibilità di attuare effettivamente il Piano nazionale di rilancio e resilienza secondo gli impegni che l’Italia ha preso nei confronti dell’Ue. Il nuovo Decreto Semplificazioni (D.L. 31 maggio 2021, n. 77) è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 31 maggio 2021 e deve essere convertito in legge entro la fine di questo mese. Attualmente è in corso l’esame parlamentare e molti emendamenti correttivi sono già stati presentati. Sono i soggetti che vengono toccati dalle norme del decreto, e di conseguenza anche gli studi di legali sono da tempo al lavoro per analizzare e fornire pareri sui suoi contenuti. Critici per esempio gli avvocati amministrativisti dell’Unaa. Per il presidente Mario Sanino «abbiamo un codice dei contratti pubblici che deve essere abrogato, non è possibile pensare ad un accomodamento. Ricordo opinioni non solo mie ma di tutto l’ambiente della Giustizia amministrativa. Il codice adottato nel 2016 è un complesso di norme inattuabili, quindi occorre ritornare da capo e fare un altro di codice. È tutto sbagliato ed è sbagliato anche nella prospettiva che abbiamo, importantissima, di avviare adesso un nuovo incremento delle opere pubbliche. Bisogna disciplinare meglio le gare che sono disciplinate malissimo».
Il nuovo Dl Semplificazioni segue a stretto giro due precedenti provvedimenti, entrambi connotati da un intento lato sensu semplificatorio. Già prima della crisi pandemica, il Dl. n. 32/2019 «Sblocca cantieri» si proponeva di tentare di districare la matassa degli appalti pubblici, «sbloccando» i cantieri. Successivamente, è intervenuto il dl n. 76/2020 (primo «Dl Semplificazioni»), che originava dall’esigenza di contrastare le ricadute economiche conseguenti all’emergenza Covid-19 intervenendo nei diversi settori dell’edilizia, del procedimento amministrativo e della responsabilità dei pubblici funzionari, con uno specifico focus sugli appalti. «Rispetto ai precedenti interventi, il nuovo Dl Semplificazioni può contare su un «motore» aggiuntivo, rappresentato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) che si inquadra nel programma comunitario Next Generation EU (Ngeu), il pacchetto da complessivi 750 miliardi € varato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica», dice Luca Spaziani, partner dello Studio Tonucci & Partners, «L’intervento previsto dall’Ue prefigura un percorso di transizione ecologica e ambientale all’insegna della competitività, della formazione e dell’inclusione sociale, sia territoriale che di genere. Il nuovo Dl Semplificazioni rappresenta quindi il primo tassello per l’avvio dei progetti legati al Recovery Plan e a tal fine prevede, da un lato, la struttura di governance dei progetti del Pnrr, dall’altro, una tendenziale semplificazione riferita a diversi ambiti della pubblica amministrazione.
Le disposizioni in materia di appalti pubblici contenute nel nuovo Dl Semplificazioni da un lato attengono tanto alle procedure direttamente legate alla realizzazione del Pnrr, dall’altro prorogano, in gran parte, i precedenti interventi normativi di carattere emergenziale (sia il primo Dl Semplificazioni che il Dl Sblocca Cantieri), che avevano introdotto regimi a carattere temporaneo. La disciplina adottata, da un lato conserva quindi l’impianto dei precedenti interventi semplificatori, estendendone la durata, ma d’altro ne rafforza la portata anche con una disciplina ad hoc per gli interventi specificamente legati al Pnrr e al Pnc, circostanza che punta in primo luogo a scongiurare il rischio di non riuscire a completare per tempo (pena la perdita dei fondi Ue) i progetti rientranti nel Piano. Tra le disposizioni che troveranno applicazione solo per gli appalti finanziati con risorse Pnrr e Pnc, particolarmente innovative nel panorama normativo attualmente vigente appaiono le disposizioni in tema di pari opportunità di genere e generazionali, volte a favorire l’occupazione di giovani fino a 36 anni e di donne. Non mancano, peraltro, disposizioni che intervengono direttamente anche sulla disciplina codicistica generale recata dal D.Lgs. n. 50/2016, sol che si pensi alle modifiche all’art. 29 del Codice in tema di trasparenza o all’art. art. 81 in tema di fascicolo virtuale dell’Operatore Economico, istituto che potrebbe semplificare in maniera decisa la complessa fase di verifica dei requisiti, ma anche al subappalto, per il quale peraltro il Governo ha previsto un articolato regime bifasico, mettendo finalmente mano ad una disciplina che era da troppo tempo sotto il faro dell’UE nel quadro della procedura di infrazione n. 2273/2018».
Non una riforma di sistema, dunque, ma uno strumento semplificatorio atto a capitalizzare le risorse messe a disposizione da Bruxelles. «Serviva dotarsi di una Governance chiara ed efficace che si è tradotta nell’istituzione di un’apposita Cabina di Regia per l’indirizzo e coordinamento della fase attuativa del Piano», spiega Francesca Isgrò di Orrick Herrington & Sutcliffe – partner, Energy & Infrastructure Team, «A tal riguardo, sarebbe auspicabile che il Governo, similmente ai maggiori Paesi europei, rendesse preventivo e non facoltativo il meccanismo di confronto sulle riforme e sui progetti con i rappresentanti del partenariato economico e sociale per garantire una più efficace definizione delle scelte di investimento. Con riferimento, poi, alla specifica sezione inerente la materia degli appalti pubblici (artt.44-56) si rileva in termini positivi come dalla bozza del provvedimento sia stata espunta la norma del massimo ribasso, non compatibile con la ricerca del livello qualitativo necessario. Inoltre, il Decreto prevede la possibilità di affidare la progettazione e l’esecuzione dei progetti del Pnrr anche solo sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica, che se da un lato può contribuire a velocizzare l’iter amministrativo, dall’altro – prevedendo l’appalto integrato – può comportare l’eliminazione della terzietà del progettista. Infine, degne di menzione sono le modifiche introdotte alla disciplina del subappalto che, recependo quanto statuito dalla sentenza della Corte di Giustizia Ue, 26 settembre 2019, causa C-63/18 (nonché quanto confermato dalla sentenza Cgue Gue, 27 novembre 2019, C-402/18), dispongono l’innalzamento, fino al 31 ottobre 2021, della soglia massima dal 40% al 50% dell’importo complessivo del contratto e, dal 1° novembre 2021, la successiva eliminazione dei limiti quantitativi al subappalto.
Liberalizzazione, questa, correttamente compensata dall’obbligo per il subappaltatore di garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto e dalla previsione per cui verrà introdotto un nuovo meccanismo in ragione del quale il subappalto sarà possibile solo per le prestazioni individuate dalle stazioni appaltanti in ragione della loro specificità e sulla base di valutazioni svolte, anche in collaborazione con le Prefetture, a tutela degli interessi dei lavoratori. Inoltre, il contraente principale e il subappaltatore restano responsabili in solido nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto di subappalto. In conclusione, l’intervento, dal punto di vista amministrativo, rappresenta un primo passo verso una riforma complessiva e semplificatrice del Codice degli appalti, che si auspica possa ulteriormente procedere alla riduzione e alla qualificazione delle stazioni appaltanti, per l’efficientamento del rapporto pubblico-privato a sostegno della ripresa del Paese».
Per Loredana Giani Maguire, of counsel dello Studio legale Carbonetti e Associati con il d.l. 77/2021 il Governo ha disciplinato la governance per l’attuazione del Pnrr e la semplificazione dei procedimenti amministrativi «in particolare riguardo al potere sostitutivo, all’annullamento d’ufficio, il cui termine di esercizio viene ridotto a 12 mesi, e al silenzio assenso per il quale è previsto il dovere dell’amministrazione di certificarne l’avvenuta formazione o, in caso di silenzio, la possibilità per il privato di ricorrere alla autocertificazione. La governance del Pnrr è affidata a una regia centralizzata e forte (collocata nelle mani di diversi soggetti: Cabina di regia, Segreteria tecnica, ecc.) che, nel rispetto delle competenze istituzionali, risponde alla logica di output propria della nuova programmazione europea prevedendo la definizione di milestones intermedie e targets finali il cui raggiungimento condiziona i trasferimenti successivi al primo. Ai diversi attori vengono riconosciuti poteri di coordinamento, monitoraggio e controllo sui soggetti attuatori e che possono portare, sempre per garantire la piena e corretta attuazione del Pnrr , all’esercizio di poteri sostitutivi strutturati su due livelli che consentono ampi poteri di deroga assistiti da meccanismi di esenzione della responsabilità. Due anime che riflettono l’esigenza di garantire effettività dei processi di ripresa e resilienza e che per essere effettivi richiederanno una definizione chiara di compiti, tempi e regole».
Un decreto che abbraccia una visione più ampia. «Non si tratta di un intervento sugli appalti o sui procedimenti autorizzatori, o sulle rinnovabili», dice Anna Romano dello studio Satta Romano & Associati, «bensì di una riforma che, individuate le connessioni fra i diversi elementi da tempo individuati come fattori problematici del sistema, tenta di affrontarli nel complesso al fine di creare un quadro favorevole agli investimenti pubblici e privati. Inoltre, le disposizioni introdotte nel decreto riguardano numerosi interventi: il Pnrr , certo, ma anche il Piano degli investimenti complementari, il Pniec e, per taluni aspetti, anche gli interventi finanziati da fondi strutturali. Pertanto, vi sarà un numero elevato di progetti che rientreranno nell’ambito di applicazione del decreto. In particolare, mi pare opportuno che il legislatore non abbia prorogato il regime ‘ibrido’ del Pniec , che secondo il decreto semplificazioni del 2020 avrebbe giustificato ampie quanto imprecisate deroghe alla disciplina generale. In definitiva, il decreto si muove nella giusta direzione e rappresenta senz’altro un cambio di marcia rispetto agli interventi che lo hanno preceduto, in particolare il decreto Sblocca – Cantieri e quello dedicato alle semplificazioni del 2020. Si può certo dire che il legislatore abbia finalmente inaugurato una stagione di ‘politica delle riforme’ che fa ben sperare per il futuro.
Questo non vuol dire, ovviamente che il testo non sconti alcuni difetti anche gravi. Vorrei menzionarne uno, che meriterebbe una immediata correzione in sede di conversione: il fatto di aver moltiplicato regimi speciali. Questo non solo crea un effetto anti-semplificazione, per le enormi difficoltà di raccordo fra le diverse discipline; introduce anche una inopportuna frammentazione del mercato».
Novità importanti riguardato l’istituto del Collegio Consultivo Tecnico, introdotto, nella attuale configurazione, dal DL 76/2020 (conv. in l.120/20), e nato per supportare le parti contrattuali in caso di sospensione dei lavori e con funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto stesso. «Con l’attuale intervento», spiega Massimo Frontoni di Mfa – Massimo Frontoni Avvocati, «il Cct rappresenta, al contempo, un efficace strumento per «favorire… la scelta della migliore soluzione per la celere esecuzione dell’opera a regola d’arte» (art. 6. co. 3, dl 76), quindi del tutto coerente con le finalità acceleratorie e di snellimento delle procedure fatte proprie dal dl77, ed un potente strumento deflattivo alla luce del valore di lodo contrattuale che possono assumere le sue determinazioni e dalla nascita dell’Osservatorio che, nell’attività di monitoraggio, potrà costituire una banca dati dei precedenti. Il massivo e corretto funzionamento del Cct permetterà di ridurre in misura apprezzabile sia la formazione dello stock di riserve, causa di sofferenze finanziarie per le imprese, attesi i tempi di giustizia, sia il carico di lavoro del Tribunale delle Imprese, competente per controversie relative ad appalti di importo superiore alla soglia comunitaria, prevenendo contenziosi in corso d’opera, forieri di sospensioni sine die o interruzione dei lavori. Il dl77 interviene per risolvere alcune criticità emerse in sede di prima applicazione. In primo luogo, è previsto che possano far parte del Collegio soggetti individuati anche tra il proprio personale dipendente ovvero tra persone legate alle parti da rapporti di lavoro autonomo o di collaborazione anche continuativa, purché in possesso dei requisiti previsti dalla norma. Viene, inoltre, prevista l’emanazione, da parte del Mims, di apposite Linee Guida volte a definire i parametri per la determinazione dei compensi, i casi di incompatibilità ed il coordinamento con altri strumenti deflattivi, ovvero le maggiori aree di indeterminatezza registrate nella prassi. Da ultimo, è costituito un Osservatorio presso il Csllpp, al quale debbono essere tramessi, a cura dei presidenti di collegio, gli atti di costituzione e le delibere assunte».
Secondo Marco Frattini, senior associate di Jones Day, «l’introduzione di nuovi diritti per i privati e di corrispondenti obblighi a carico della pubblica amministrazione, volti a garantire maggiore trasparenza e certezza nei procedimenti amministrativi di carattere autorizzativo soggetti alla disciplina del silenzio assenso, testimonia la capacità di questo Governo di assecondare le esigenze del mercato. Infatti, la rimozione di quegli elementi di incertezza giuridica che in passato hanno costituito un freno agli investimenti privati in Italia (ed in particolare da parte di investitori stranieri), costituirà una delle condizioni essenziali per il possibile successo del Pnrr ».
È atteso in questi giorni il primo anticipo di 25 miliardi, pari al 13% della quota italiana dei finanziamenti Ue, atteso entro la fine di luglio, tanto che il presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen ha parlato di un’«opportunità per fare dell’Italia un motore di crescita in Europa». Secondo Giorgia Romitelli, partner di Dla Piper «che sia un’opportunità unica per il nostro Paese, o piuttosto una «last call», è indubbio, ma la ricetta per attuare gli obiettivi del Pnrr è tutt’altro che facile, considerati anche i tempi imposti dall’Europa. Sicuramente ci sono la volontà politica ed il coraggio di fare le riforme e di incidere finalmente su regole e meccanismi che sino ad oggi hanno rallentato, se non addirittura, bloccato la realizzazione delle infrastrutture e delle opere. Il decreto n. 77 del 31 maggio 2021, adottato in tempi record, va sicuramente in questa direzione. Tuttavia ci sono una serie di questioni aperte che saranno decisive e dalle quali dipenderà il successo del Pnrr . Gli operatori del mercato, gli investitori e gli istituti finanziatori – il cui ruolo continuerà ad essere centrale – hanno bisogno di regole certe. Pensiamo, ad esempio, all’impegno che verrà richiesto in gara agli operatori che, con la reintroduzione dell’appalto integrato, dovranno farsi carico dei costi del progetto definitivo, mentre non è chiaro ancora come verranno assegnate le risorse del Piano, con quali tempistiche e a quali condizioni. Ci si chiede se le stazioni appaltanti saranno in grado di svolgere il loro compito, già complesso, in tempi così rapidi. Le norme introdotte hanno creato delle sovrapposizioni normative di non facile interpretazione e applicazione. Le norme di in tema di requisiti di moralità, come il c.d. grave illecito professionale – non toccate dal decreto n. 77 – con l’enorme contenzioso che generano e con le conseguenze sanzionatorie che comportano anche a carico dei raggruppamenti temporanei di imprese, non sono certo coerenti con le esigenze di semplificazione e di accelerazione perseguite dal legislatore e oggi più che mai condizioni essenziali per attuare gli obiettivi del Pnrr . Infine, in questo contesto, il sistema della finanza di progetto potrà giocare un ruolo rilevante, attraverso una proficua partnership pubblico-privata».
Per Carlo Merani, partner di Merani Vivani e Associati «il decreto 77/2021 è l’ultimo di una serie di interventi del legislatore che rendono evidente il fallimento del Codice dei contratti pubblici del 2016. Presentato e salutato come Codice innovatore, basato su una sola fonte normativa da attuarsi attraverso interventi di «soft law» da parte dell’Anac e dei Ministeri, si è dimostrato fonte di numerose incertezze e contraddizioni, complicato da interpretare e da attuare. La responsabilità che grava sui funzionari pubblici e l’assenza, in molti casi, di una loro sufficiente professionalità, è poi stato l’ulteriore elemento che ha reso il sistema creato dal legislatore del 2016 difficile da applicare. Da qui i vari interventi, nel corso degli anni (decreto sblocca cantieri, semplificazioni ecc.), con cui sono state introdotte deroghe al Codice. Gli ultimi due decreti, tra cui il 77/2021, sono l’esempio più evidente del fallimento della riforma codicistica: si pensi all’ipotesi, in casi di urgenza per certe categorie di opere, che si possa derogare addirittura a tutte le norme del Codice stesso, facendo solo riferimento a quelle dell’Unione Europea e all’antimafia. O, ancora, alla disposizione che limita la responsabilità dei funzionari solo ai casi di dolo o di omissione. Simili previsioni certificano come non sia possibile realizzare in modo efficiente opere e servizi pubblici applicando il corpus normativo voluto nel 2016: da qui la continua introduzione di deroghe. Stabilire una regola e poi prevedere continuamente delle deroghe, vuol dire non aver inizialmente concepito una regola idonea. Gli interventi del legislatore degli ultimi anni – e, sulla stessa scia, dell’Anac e degli altri stakeholder del settore degli investimenti pubblici – sono caratterizzati da una convinzione di fondo, vale a dire quella per cui è con le norme e che si risolvono i problemi che caratterizzano il mondo degli appalti pubblici. L’idea è che solo con l’introduzione di divieti, regole e sistemi di controllo si possono risolvere i problemi di infiltrazione mafiosa, corruzione, favoritismi ecc. La regolamentazione e l’adeguato controllo sono senza dubbio importanti, ma non sono l’unico fattore su cui puntare. È indispensabile puntare anche sulla formazione professionale, umana ed etica dei funzionari pubblica, vera condizione primaria e fondamentale per una applicazione responsabile, efficiente e corretta della disciplina in materia di contratti pubblici e, nello specifico, per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza».
Per Pierluigi Giammaria, of counsel di La Scala Società tra Avvocati e responsabile del team amministrativo dello Studio «sembra che le misure introdotte impongano due ordini di considerazioni. La prima è che l’intento di rinnovare e snellire le procedure amministrative viene di pari passo perseguito con quello di deflazionare il carico degli uffici giudiziari. Accanto alla possibilità, in ultima analisi, di autocertificare il silenzio assenso da parte del cittadino ed alla riduzione del periodo per procedere all’annullamento d’ufficio, scelte sicuramente condivisibili, mi sembra infatti molto rilevante, per la conclusione del procedimento, l’affiancamento al soggetto sostitutivo di una unità organizzativa, il che dovrebbe escludere una serie di dispute (e poi di controversie) nelle quali il soggetto prescelto incontra difficoltà, appunto di tipo strutturale o organizzativo (ma anche di tempo, vista la riduzione del termine), nel concludere il procedimento. Non è precisato, ma non sembra dubbio, che il responsabile dell’unità organizzativa sarà anche il responsabile della conclusione del procedimento. La seconda considerazione riguarda, evidentemente, le responsabilità, e dunque la necessità di sorvegliare con attenzione i casi di attivazione delle nuove fattispecie introdotte, sanzionando adeguatamente condotte negligenti o poco proattive. Non c’è bisogno di inutili rigidità, ma è sicuramente necessario un modus operandi consono al buon andamento e imparzialità richiesto dalla Costituzione».
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