di Luca Gualtieri
Il consiglio di amministrazione di Mediobanca vara i risultati di bilancio e si prepara a dare gli ultimi ritocchi alla governance prima che entri nel vivo il confronto con Leonardo Del Vecchio. Sono queste le indicazioni arrivate ieri da Piazzetta Cuccia proprio nel giorno in cui Intesa Sanpaolo (di cui la merchant è advisor) tagliava il traguardo dell’ops. L’istituto ha chiuso l’esercizio 2019/2020 con un utile di circa 600 milioni, in calo del 27% rispetto agli 823 milioni dell’esercizio precedente ma superiore al consensus. Sul risultato, spiega una nota, pesa la contabilizzazione di poste straordinarie (circa 285 milioni) imputabili in parte al Covid-19. I ricavi sono stabili a 2,5 miliardi, con l’ultimo trimestre in aumento del 4% a 606 milioni per la ripresa del trading e la performance positiva di margine di interesse e commissioni. Nel frattempo, come da raccomandazioni di Bce, l’istituto ha congelato la cedola mentre per il 2021 sono «aperte tutte le opzioni», ha spiegato il ceo Alberto Nagel, indicando che a fronte della redditività e del capitale in essere è possibile «decidere in ogni momento di fare un misto di distribuzioni e buyback». Nessun passo indietro sul piano industriale, approvato solo qualche mese prima della pandemia e confermato ieri dal ceo Alberto Nagel: «Il piano al 2023 è stato riconfermato oggi», ha dichiarato il banchiere. Se insomma la strategia è stata sostanzialmente confermata, è sulla governance che nei prossimi mesi si attendono le principali novità. Parlando in conference call Nagel ha confermato l’imminente modifica dello statuto, oggi ancora al vaglio della Bce: «Credo che il consiglio, prima della prossima assemblea, sarà in grado di presentare delle proposte di modifiche statutarie che siano in linea con le aspettative del mercato», ha dichiarato il ceo. Il progetto di riforma è iniziato nei mesi scorsi quando, alla luce dell’uscita di Unicredit dal capitale, il ceo Alberto Nagel e il cda hanno deciso di rimettere mano alla governance per eliminare alcuni anacronismi come l’obbligo di scegliere il ceo tra chi è dirigente del gruppo da almeno tre anni. Un paletto destinato a cadere.
Non è difficile interpretare le modifiche come una risposta alla scalata di Delfin che, subito dopo Ferragosto (quasi certamente entro venerdì 21), potrebbe ricevere da Bce l’ok a salire al 20%. Se Del Vecchio ha lasciato capire di non essere intenzionato a presentare una lista, gli scenari possibili sono molti. C’è per esempio chi scommette su un tentativo di agreement sulla lista per il nuovo cda, ma la strada appare in salita anche perché per ora non si è aperto alcun dialogo tra i vertici di Mediobanca e quelli di Delfin. Gli occhi sono puntati anche su Bluebell Partners, il fondo inglese che nelle scorse settimane ha criticato la strategia di Mediobanca e che, secondo alcune indiscrezioni non confermate, potrebbe presentare una lista alla prossima assemblea.
Da salotto buono a public company
La modifica dello statuto sarà un nuovo passo verso quella public company che Alberto Nagel ha in mente da tempo. Anno dopo anno la sua Mediobanca è diventata una creatura profondamente diversa da quella ereditata da Enrico Cuccia e Vincenzo Maranghi, non più una holding di partecipazioni, ma un gruppo finanziario diversificato e di respiro sempre più internazionale. Con la pars destruens di questa strategia la merchant ha liquidato gran parte del portafoglio partecipazioni, conservando solo quel 13% di Generali da cui deriva ancora una significativa quota di profitti. La pars construens ha invece previsto, oltre alla valorizzazione del corporate & investment banking, una progressiva diversificazione della base-ricavi attraverso attività a basso assorbimento di capitale e ad alto contributo commissionale come il wealth management. La modifica dello statuto completa invece il lavoro sulla governance, eliminando gli ultimi anacronismi ereditati dal passato e allineando la banca alle best practice internazionali. Sicuramente un buon viatico per la sfida con Leonardo Del Vecchio che si aprirà tra qualche settimana e che potrebbe vedere nei fondi esteri l’ago della bilancia. (riproduzione riservata)
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