di Luigi Chiarello
Per l’87,9% degli italiani l’agricoltura sarà il motore per la ripresa dalla pandemia da coronavirus. Il comparto consentirà la creazione di nuovi posti di lavoro e offrirà nuove opportunità di fare impresa, anche ai giovani. Il trend è generalizzato lungo lo Stivale: la pensano così l’87,5% dei residenti nel Nordovest, l’88,2% nel Nordest, l’85,6% nel Centro e l’89,5% nel Sud-Isole. Il dato emerge dal primo report condotto dall’Osservatorio sul mondo agricolo di Enpaia e Censis, dal titolo: «Il valore dell’agricoltura per l’economia e la società italiana post Covid-19», che ItaliaOggi è in grado di anticipare. Oggi lo studio sarà al centro di un webinar (dalle ore 11,00) sul canale youtube Ital TV. Ne emerge una nuova, elevata, social reputation del primario. Il settore era divenuto sinonimo di arretratezza e lavoro ingrato nelle narrazioni positiviste del primo ‘900, a vantaggio del comparto industriale e della spinta all’urbanizzazione. Oggi, invece, l’agricoltura genera nel paese aspettative elevate circa la sua capacità di volàno post Covid. Tanto che l’89,2% degli italiani – per la vivacità delle imprese, l’attrattività degli agriturismi e la capacità della filiera alimentare nel garantire rifornimenti durante il lockdown – crede che il comparto offra ampi margini di ripresa. In cifre: per il 96,1% dei cittadini l’agricoltura è importante, per l’86,5% è essenziale per i posti di lavoro, per il 90,9% è utile per il turismo. Del resto, i numeri raccontano un mondo in salute: 732 mila imprese attive, quasi 900 mila addetti, 44 mld di euro di export (+26,2% reale nel periodo 2014/19 e +15,9% rispetto al totale dell’economia del paese).

Sul versante consumi, la pandemia ha generato una crisi senza precedenti. L’osservatorio Enpaia-Censis rileva che, ad oggi, il 45% degli italiani ha cash per tre mesi: 7,5 mln di persone hanno ricevuto aiuti economici da familiari o amici. Un mln di cittadini vive un calo di reddito del 50% e pensa di trovarsi a zero entro un anno.

Il blocco dell’horeca ha prodotto il crollo della spesa per alberghi, ristorazione, esercizi pubblici, con -34 mld di spesa stimati a fine anno (-40% reale su base annua), parzialmente ammortizzati dall’incremento atteso di 10 mld (-6% reale) della spesa per consumi domestici. Il saldo finale è colossale -24 mld a fine anno (-10% reale).

Il rilancio del Made in Italy. Il lockdown ha generato anche nuove abitudini. Gli italiani hanno iniziato a risparmiare, ricorrendo a discount (+18%) e ipermercati (+3%). È cresciuta l’attenzione sociale verso cibo e cucina, anche nei millennial, col 25% degli italiani (41,8% tra i 25-34enni) che ha dedicato più tempo a colazione, pranzo e cena. Il 91% dei cittadini è pronto ad acquistare più cibo made in Italy. E l’89% punterà su alimenti con origine, ingredienti e lavorazione in etichetta; lo faranno di più millennial (86,7%), laureati (86,3%) e bassi redditi (94,6%). «L’agricoltura italiana», chiosa il presidente di Enpaia, Giorgio Piazza, «ha un valore aggiunto molto alto, il secondo in Europa con 34,6 mld, ed esprime una classe imprenditoriale capace di fare investimenti e produrre cibo di qualità».

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