Parla Ferraresi (dg di Cattolica) in vista dell’ingresso di Generali con il 24%. Il Solvency arriverà al 200% e la compagnia veronese crescerà mantenendo il presidio del territorio e l’occupazione
di Anna Messia
«Generali è la scelta migliore per Cattolica sia dal punto di vista finanziario sia industriale». A pochi giorni dall’assemblea dei soci che il 31 luglio dovrà votare lo storico passaggio della compagnia di Verona da cooperativa a società per azioni il capo azienda, Carlo Ferraresi, illustra i dettagli dell’accordo firmato con la compagnia triestina destinata a diventare azionista con il 24,5% con la sottoscrizione di 350 dei 500 milioni complessivi dell’aumento di capitale di Verona. Un accordo «che è di lungo termine e dà garanzie al territorio e a tutti gli stakeholder della compagnia», dice.
Domanda. A farsi avanti per Cattolica nei mesi scorsi sono stati anche altri competitor, italiani ed esteri. Aprire una gara avrebbe consentito agli azionisti e ai soci di vedersi riconoscere un premio per il loro investimento…
Risposta. L’interesse è stato molto alto visto che Cattolica è un’azienda solida, come riconosciuto da S&P pur dopo la lettera arrivata da Ivass che ci ha richiesto un aumento di capitale di 500 milioni. La competizione di mercato c’è stata e posso dirle che l’offerta Generali, l’unica formalizzata concretamente, è la migliore sia per la stabilità finanziaria offerta alla compagnia sia dal punto di vista industriale. Il presidente Paolo Bedoni e il consiglio all’unanimità hanno convenuto che Trieste era in grado di riconoscere il maggior valore a Cattolica e tutelare al meglio l’azienda, i dipendenti, la nostra preziosa rete, i soci e gli azionisti. I tempi, dopo l’intervento dell’authority, erano strettissimi, con l’impegno di presentare a Ivass il piano entro il 25 luglio.
D. Eppure da Vittoria Assicurazioni hanno dichiarato che erano pronti all’azione e a lavorare a una fusione della compagnia all’interno di Cattolica, e la loro proposta non era economicamente meno vantaggiosa di Generali…
R. Ho grande rispetto per la famiglia Acutis (che controlla Vittoria, ndr) ma non è così. La proposta di Generali è stata l’unica presentata e l’unica che ha previsto un premio, valutando le azioni di Cattolica a 5,55 euro rispetto alle quotazioni che, prima della firma, avevano toccato 3,5 euro. Vittoria aveva ipotizzato un’operazione a prezzi di mercato, con un forte e inevitabile sconto legato all’aumento di capitale. Ci sarebbe stata una pioggia di recessi, visto che in questo caso gli azionisti avrebbero potuto incassare 5,47 euro, bruciando l’aumento di capitale per pagare i recessi.
D. Tra gli scenari ipotizzati da chi è contrario all’operazione c’è la scomparsa di Cattolica in un gruppo molto più grande, immaginando che Generali non si accontenterà del 24,5%. Del resto gli accordi che avete firmato a giugno, anticipati da MF-Milano Finanza, aprono già a nuovi ambiti. C’è il rischio che Cattolica diventi una nuova Ina?
R. L’intenzione, dopo l’assemblea del 31 luglio e l’aumento di capitale in autunno, è di ragionare anche su altri ambiti di attività con una partnership di lungo termine e gli accordi firmati a giugno fissano criteri che danno garanzie a Cattolica. Gli accordi prevedono tutele per il mantenimento della legal entity della nostra compagnia, della sede a Verona, dei livelli occupazionali, e la valorizzazione della rete agenti. Oltre che del territorio, a partire dalla Fondazione Cattolica che in 10 anni ha finanziato progetti nel sociale per oltre 22 milioni e continuerà ad avere un ruolo importante.
D. Intanto il clima in vista dell’assemblea del 31 luglio si sta surriscaldano. L’ultimo ricorso dei soci dissidenti è stato al tribunale di Venezia per chiedere l’annullamento dell’assemblea che ha dato il via libera all’aumento di capitale, con l’udienza fissata al 17 agosto. C’è il rischio che l’operazione si blocchi?
R. Considero infondate e temerarie le richieste dei soci che hanno firmato il ricorso e che, tra l’altro, rappresentano una quota poco rilevante sia per azioni (0,03%) sia peri base sociale (0,18%). Siamo convinti di aver rispettato tutte le procedure e va ricordato che la delibera impugnata è già stata autorizzata da Ivass.
D. Il 31 luglio sarà votata la trasformazioni in spa, condizione indispensabile per l’ingresso di Generali. Un passaggio storico per Cattolica. Solo fino a qualche mese fa dalla stessa compagnia veniva considerato impensabile. Cosa si aspetta?
R. È un passaggio storico reso necessario dopo le richieste Ivass. Per crescere e per creare valore serve anche un più facile accesso ai capitali e solo la spa ti consente questa flessibilità.
D. Perché avete cambiato idea su Ubi, aumentando la vostra quota all’1% e aderendo prima al patto Car che si opponeva a Intesa e poi all’ops della banca?
R. Siamo entrati nel Car per tutelare il nostro investimento così come è stato con l’adesione all’ops e dopo la decisione di Intesa di aggiungere cash il saldo è praticamente in pareggio.
D. Tra i motivi che hanno fatto scendere il Solvency di Cattolica, obbligandovi all’aumento di capitale, c’è l’assenza del modello interno. Quando pensate di avviarlo?
R. Abbiamo avviato le analisi e i processi propedeutici ma i tempi tecnici per andare verso un modello interno solo di oltre 2 anni. Intanto tra aumento di capitale e la gestione delle passività, con il ritiro di alcuni subordinati e l’emissione di altri, raggiungeremo un Solvency II di circa il 200%. (riproduzione riservata)
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