di Elena Dal Maso
La liquidità degli italiani continua a salire, come ha spiegato Bankitalia nel suo bollettino relativo a maggio. I depositi del settore privato sono cresciuti del 7,5% su base annua, a fronte del +6,8% di aprile. Lo conferma anche il Rapporto Censis-Assogestioni dal titolo «Il valore della diversità nelle scelte d’investimento prima e dopo il Covid-19», secondo cui «i soldi parcheggiati sui conti correnti negli ultimi tre anni, 121 miliardi, valgono più del Piano Marshall (valore attualizzato, ndr)». E la liquidità nei portafogli delle famiglie italiane è aumentata di 34,4 miliardi di euro nei tre mesi più neri dell’epidemia (da febbraio ad aprile), «cifra quasi uguale al valore del Mes per l’Italia di cui oggi tanto si discute», mette in evidenza la ricerca. Sono risorse che si aggiungono ai 121 miliardi di euro di liquidità aggiuntiva accumulata negli ultimi tre anni, prima dell’esplosione dell’epidemia (+8,4% in termini reali nel triennio), un importo pari a nove volte le risorse del Piano Marshall destinate all’Italia per la ricostruzione del dopoguerra rapportate ai valori attuali».
L’analisi spiega che «paura, incertezza e cautela fanno decollare ancora il cash cautelativo, da tempo in crescita, come strumento familiare di autotutela». Un fatto che è balzato anche agli occhi della Bce e della Commissione Ue, che temono un sentiment troppo negativo da parte delle famiglie italiane.
Se l’andamento proseguirà allo stesso ritmo del triennio trascorso, calcolano Assogestioni e Censis, nel 2023 ci saranno altri 135 miliardi di liquidità aggiuntiva per le famiglie. Per il futuro il 34,1% degli italiani considera la liquidità lo strumento principale per la propria protezione, assieme all’ampliamento del sistema di welfare pubblico (34%) e all’acquisto di strumenti assicurativi, mutualistici e integrativi (18,6%).
L’epidemia da Covid, oltre ad aver diffuso paura, ha generato una grande incertezza economica ed esistenziale, per cui, spiega la ricerca, gli italiani ora si tutelano attraverso una grande cautela, soprattutto nella gestione dei soldi. Lo pensa il 39,7% dei risparmiatori (il dato sale al 45% nel Nordest).
Il 38,9% degli italiani ha quindi incrementato il proprio risparmio nel periodo del lockdown. La percentuale sale al 49,1% tra i risparmiatori abituali. Del resto nel periodo della quarantena sono stati 28 milioni i percettori di reddito le cui entrate non sono state intaccate (pensionati, dipendenti pubblici, lavoratori del settore privato non in cassa integrazione o congedo parentale), pari al 71,2% del totale. Il risparmio forzoso è nato da continuità nelle retribuzioni e tagli nei consumi.
Come investire questa liquidità aggiuntiva? Sui titoli di Stato le opinioni sono divise: il 43,7% degli italiani li comprerebbe, il 51,3% non lo farebbe e il 5% è incerto. Più propensi ad acquistarli i residenti del Nordovest (47,5%), le persone con redditi elevati (55,9%), i dirigenti e i quadri (59,3%), mentre i più scettici sono gli operai (54,5%) e i residenti del Sud (54%). Prevale il timore per un debito pubblico che nel lungo periodo può generare rischi anche per i propri risparmi.
Buona la propensione all’acquisto di strumenti finanziari Esg (Environmental, social, governance), basati su criteri di investimento responsabile: il 52,3% degli italiani si dice interessato a investirvi (il 68,2% tra i laureati, il 70,2% tra i dirigenti e i quadri). Una voglia di sostenibilità che oggi si lega al tema della tutela e promozione della salute, balzato in testa alle priorità delle persone con l’emergenza sanitaria. (riproduzione riservata)
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