Ed eccoci all’ultima battaglia, la più dolorosa. Dopo 120 anni, venerdì 31 luglio i soci della cooperativa Cattolica dovranno decidere se la compagnia veneta con un glorioso passato dovrà trasformarsi in una normale società per azioni. Una battaglia che nessuno tra i contendenti avrebbe voluto combattere, perché anche se dovesse vincere la fazione che non vuole la trasformazione in questo momento, tutti sanno che l’appuntamento con la storia sarebbe soltanto rinviato. Entro il prossimo ottobre, infatti, la compagnia dovrà reperire i 500 milioni di aumento di capitale “ordinato” dall’Ivass, l’istituto di vigilanza. E sanno che è di fatto impossibile che i circa l8 mila soci della cooperativa siano disposti a mettere sul piatto una simile cifra in poche settimane: occorrono i soldi di soggetti con le spalle più larghe, che però non hanno intenzione di farlo per contare poi in assemblea per un solo voto, com’è regola nelle cooperative. La trasformazione in Spa è dunque necessaria in ogni caso. Quindi l’alternativa reale è soltanto tra la proposta del presidente Paolo Bedoni e dell’intero consiglio di amministrazione, che prevede l’ingresso nel capitale di Generali con il 24,4% dopo un aumento di capitale a lei riservato di 300 milioni (già deciso lo scorso 27 giugno) e la forzata ripresa dei contatti con la Vittoria Assicurazioni della famiglia Acutis, avviati lo scorso marzo e poi interrotti.
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