Secondo il Rapporto sulle minacce informatiche nel 2020 in Italia, elaborato dall’Osservatorio sulla Cybersecurity di Exprivia, giugno è stato il mese in cui dall’inizio dell’anno si sono verificati la maggior parte di attacchi, incidenti e violazioni della privacy a danno di aziende, privati e pubblica amministrazione.
Analizzando 40 fonti di informazione pubbliche è risultato che tra il primo trimestre dell’anno (quando gli attacchi erano stati 47) e il secondo (ben 171) l’incremento è stato superiore al 250% con un picco nel mese di giugno (ben 86 attacchi); complici l’incremento dello smart working, una maggiore connessione ai social network durante l’emergenza e la riapertura delle industrie subito dopo il lockdown.
La maggior parte degli attacchi sono da mettere in relazione all’emergenza Coronavirus e oltre il 60% degli episodi ha provocato come danno il furto dei dati con una crescita a tripla cifra rispetto al primo trimestre (+ 361%), superando di gran lunga sia le violazioni della privacy (11% dei casi) che le perdite di denaro (7%). E gli esperti di Exprivia pongono l’accento sull’elevato rischio che stanno correndo i sistemi di videosorveglianza presi di mira dagli hacker, che già nel primo trimestre hanno messo a punto un pericoloso attacco con il malware Mirai.
Dal secondo report dell’Osservatorio di Exprivia si evince inoltre che nel secondo trimestre in Italia sono cresciuti del 700% gli attacchi di matrice ‘hacktivistica’, ossia pratiche di azione digitale in stile hacker, un fenomeno emergente spesso collegato a campagne internazionali su temi di grande attualità come “black-lives-matter” e “revenge-porn”.
Quadruplicano, inoltre, le truffe tramite tecniche di phishing e social engineering (+307% rispetto al primo trimestre, oltre il 37% dei casi), che ingannano l’utente facendo leva su messaggi “esca” via e-mail o su tecniche subdole tramite social network per carpire dati finanziari (il numero di conto corrente o della carta di credito) oppure rubare i codici di accesso ai servizi a cui la persona è abbonata.
Anche nel secondo trimestre dell’anno resta ancora sconosciuta la modalità di attacco informatico in oltre il 30% dei casi (53 attacchi in più nel secondo trimestre), evidenziando così l’impellente necessità di elaborare adeguati sistemi di protezione. Il 17% degli attacchi, invece, è avvenuto tramite malware – software o programmi informatici malevoli – che hanno sfruttato il Coronavirus per attirare l’attenzione degli utenti.
Tra questi il programma “Corona Antivirus” o “Covid 9 Antivirus”, un malware che permette ai criminali informatici di connettersi al computer delle vittime e spiarne il contenuto, rubare informazioni o utilizzarlo come vettore per ulteriori attacchi. E ancora “CovidLock”, un ransomware – tipologia di malware che rende un sistema inutilizzabile esigendo il pagamento di un riscatto per ripristinarlo – che prende di mira gli smartphone Android quando si cerca di scaricare un’app di aggiornamenti sulla diffusione del Coronavirus.
Nel secondo trimestre dell’anno il 26% delle campagne criminali sono state indirizzate verso settori non classificabili e ben il 18% ha riguardato settori multipli; a seguire, tra gli ambiti individuati che hanno ricevuto più attacchi, quello della Pubblica Amministrazione e del Cloud (circa il 10% ciascuno sul totale), le cui piattaforme, anche dopo il lockdown, continuano a risentire dello stress per il lavoro da remoto. I settori Finance ed Education rimangono ancora nella lista degli ambiti più vulnerabili (in particolare a giugno università e scuole impegnate con gli esami), ma si registra una new entry per il settore Industria che a giugno segna un picco di attacchi evidentemente collegato alle riaperture di molte fabbriche dopo il periodo di emergenza.
Fonte: Corcom