Il governo spinge per costruire un nocciolo duro di soci italiani
Il Leone può avere un ruolo assieme a casse previdenziali e fondazioni Le opzioni Euronext e Deutsche Borse
di Andrea Montanari
A piccoli passi, ma si procede. Il delicato dossier Borsa Italiana spa continua a essere sui tavoli del governo italiano e di quello di banche d’affari e nuovi potenziali investitori nazionali. Perché come già più volte evidenziato da questo giornale, l’esecutivo giallorosso sta lavorando per un rientro in patria della società che gestisce il listino di Piazza Affari (Mts compreso in particolare).
Tutto ruota attorno al deal miliardario (27 miliardi di dollari) London Stock Exchange-Refinitiv: acquisizione che è all’attenzione della Commissione Europea. Dal merger nascerà un colosso dei mercati e del trading che potrebbe spingere l’istituzione continentale a porre paletti, a partire dalla cessione di asset, quali per l’appunto Borsa Spa. Tanto più che l’operazione si inquadra all’interno degli accordi tra Inghilterra ed Europa sulla Brexit. Da qui l’interesse del governo Conte, che sarebbe pronto a fare ricorso anche all’esercizio del golden power.
Ma è anche vero, nel caso in cui Lse fosse obbligata a cedere l’asset italiano – a Londra le attività di Borsa interessano visto che ogni anno garantiscono dividendi: 126 milioni la cedola incassata dall’azionista inglese con l’approvazione del bilancio 2019 – che la società guidata da Raffaele Jerusalmi difficilmente potrebbe sostenere una strategia stand alone. In questo quadro ecco che come già emerso e anticipato da MF-Milano Finanza, il premier Giuseppe Conte sta cercando un asse con il presidente francese Emmanuel Macron, per arrivare a definire un progetto condiviso. Anche perché più volte Euronext ha dichiarato pubblicamente l’interesse per Borsa italiana.
Così, come si apprende in ambienti finanziari, il progetto allo studio prevede la costituzione di un nocciolo duro di soci italiani, da coagulare attorno alla Cassa Depositi e Prestiti, vero pivot di questa operazione sistemica, pronti a investire per avere una partecipazione di minoranza importante nel possibile polo finanziario italo-francese.
Tra i candidati all’investimento ci sono le fondazioni bancarie, le casse previdenziali e anche, si sostiene nelle sale operative, Generali. La compagnia assicurativa di Trieste – il cui primo socio è Mediobanca, 13% – ha le risorse e i mezzi per avere un ruolo di spicco in questo possibile patto tricolore. Il tema, in caso di vendita da parte di Lse e di un ingresso in scena di Euronext, oltre alla valutazione miliardaria di Borsa Spa, è la governance che andrebbe bilanciata tra le parti.
Sul dossier del listino italiano, comunque, oltre alla società che gestisce le borse di Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Lisbona (oltre ad alcuni asset a Londra), da tempo è in movimento anche Deutsche Börse da sempre molto attiva: nel 2001 e nel 2004 aveva tentato il merger con Lse e poi nel 2006 proprio con Euronext. (riproduzione riservata)
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