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Creare opportunità di business in Cina e in Paesi terzi. Va in questa direzione l’accordo di collaborazione che sarà firmato oggi a Milano da Sace con l’omologa China Exim Bank. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, il memorandum sarà una delle intese che verranno presentate questo pomeriggio durante i lavori del forum finanziario italo-cinese alla presenza dei ministri Giovanni Tria per l’Italia e Liu Kun per la Repubblica Popolare. Altra firma messa in cantiere è quella dell’Ivass con la commissione di regolamentazione sul sistema bancario e assicurativo cinese in materia di vigilanza sulle compagnie.
Unicredit ha incassato 1,099 miliardi dalla vendita del 18,3% di Fineco . I risultati dell’accelerated bookbuilding sulla partecipazione residua nella banca diretta guidata da Alessandro Foti sono stati annunciati ieri mattina. Il prezzo incorpora uno sconto del 4,4% rispetto all’ultimo prezzo di chiusura pre-annuncio, mentre l’impatto patrimoniale stimato per Unicredit è di circa 30 punti base sul Cet1 capital del gruppo che verrà calcolato nel terzo trimestre dell’anno. L’operazione, ha spiegato la banca in una nota, rientra nelle «misure finanziarie complessive in preparazione del piano strategico 2020-23 annunciate». Nessuna sorpresa insomma per il mercato, che si attendeva una cessione a cavallo dell’estate e comunque prima della presentazione del nuovo piano industriale.

I super ricchi diventano più poveri per la prima volta dopo sette anni. Drastico il declino della Cina, mentre l’Europa rimane stagnante. L’Italia, invece, migliora, salendo al nono posto nella classifica dei paesi con più high-net-worth-individual (Hnwi), individui con un patrimonio superiore ad un milione di dollari, superando l’Australia. Per il World wealth report 2019 pubblicato ieri da Capgemini, la ricchezza globale è diminuita del 3% rispetto al 2017 (2 mila miliardi di dollari), per la prima volta in sette anni, a causa dell’andamento negativo dei mercati azionari e del rallentamento delle principali economie mondiali. Ad essere la più colpita è l’area Asia-Pacifco, dove la Cina rappresenta il 25% del declino della ricchezza mondiale.
Unicredit ha completato con successo la procedura di accelerated bookbuilding per la cessione a investitori istituzionali di circa 111,6 milioni di azioni ordinarie detenute in Fineco, pari al 18,3% del capitale, al prezzo di 9,85 euro per azione. L’istituto di Piazza Gae Aulenti ufficializza così l’uscita da Fineco. Il prezzo incorpora uno sconto di circa il 4,4% rispetto all’ultimo prezzo di chiusura di Fineco precedente l’annuncio. L’impatto patrimoniale è stimato in crescita di circa 30 punti base nel Cet 1 del gruppo Unicredit.
Si è quindi completato il disimpegno progressivo della banca, che era iniziato con l’approdo di Jean Pierre Mustier come a.d. nell’estate 2016. Allora, per reperire risorse necessarie a rilanciare Unicredit, Mustier aveva messo sul mercato una prima quota del 10% di Fineco, scendendo al 55,4%. Un sacrificio chiuso al prezzo unitario di 5,40 euro, che aveva permesso di incamerare risorse per 330 milioni. L’operazione aveva avuto un seguito a novembre, quando era stata ceduta una fetta più consistente, pari al 20% . In quel caso la vendita aveva portato nelle casse di Unicredit un tesoretto di 552 milioni. Altre due cessioni sono avvenute in maggio e nei giorni scorsi.

corsera

  • UniCredit incassa altri 1,1 miliardi dalla vendita della quota Fineco
Dopo aver ceduto il 17% di FinecoBank lo scorso 8 maggio, la banca di piazza Gae Aulenti ha azzerato la partecipazione nell’istituto guidato da Alessandro Foti, vendendo sul mercato con un accelerated bookbuilding il residuale 18,3%. In poco più di due mesi, alienando il 35% di FinecoBank, UniCredit ha portato in cassa oltre 2,1 miliardi. Sono stati collocati presso operatori istituzionali 111,6 milioni di titoli FinecoBank a 9,85 euro per azione, per un totale di 1.099 milioni. A maggio le azioni vendute vennero pagate 9,80 euro l’una, per un totale di poco superiore al miliardo. In entrambi i casi il prezzo ha incorporato uno sconto del 4,4% sull’ultimo prezzo di Borsa. La cessione di quest’ultima tranche di Fineco permette a UniCredit di migliorare i ratio patrimoniali di ulteriori 30 punti base, confermando la volontà di raggiungere la parte superiore del buffer di 200-250 punti dell’indicatore di solidità patrimoniale Cet1 ratio entro il 2019. Ma l’accelerazione nei tempi di cessione e una parallela attività di ridisegno della mappa estera pone UniCredit ancora una volta, in pole position sul fronte delle possibili mosse di mercato. Secondo quanto è trapelato, UniCredit sta lavorando per organizzare tutte le sue attività estere sotto il controllo di una subholding basata in Germania e controllata al 100% dalla banca italiana. UniCredit non ha commentato, ma sotto la subholding finirebbero non solo le attività tedesche che fanno capo a Hvb, che ha sede a Monaco di Baviera, ma anche Bank Austria e le attività presenti in Russia, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Bulgaria e Turchia.
  • Generali, ipotesi Tranquillidade
Generali Assicurazioni sarebbe più vicina all’acquisto di Tranquilidade. Già presente in Portogallo, il Leone avrebbe ora avviato trattative in esclusiva per Tranquilidade. Le indiscrezioni, non vengono commentate da Trieste.

  • Fineco si ritrova contendibile Il 18,3% di UniCredit a 140 soci
Dopo la cessione dell’ultimo 18,3% da parte di Unicredit, con un incasso di 1,1 miliardi, il gruppo guidato da Alessandro Foti diventa una vera public company: un gioiello, che l’amministratore delegato Jean Pierre Mustier ha deciso di abbandonare per liberare capitale sulla banca. Ora Fineco potrebbe finire nel radar di concorrenti, italiani e stranieri, ma anche di fondi di private equity. Non è tuttavia così facilmente scalabile Fineco. Ha infatti una capitalizzazione di oltre 6 miliardi e il titolo è abbastanza caro: oggi quota 10,11 euro, pari a circa 25 volte gli utili. Inoltre la banca multicanale ruota attorno alla forte personalità dell’amministratore delegato Alessandro Foti e del resto del management e soprattutto un ruolo centrale è quello della rete di private banker con propri portafogli milionari. Insomma, Fineco è una società con un forte peso dei manager e dei gestori di capitali e un nuovo azionista, se mai si presenterà in futuro, dovrà essere gradito a questi ultimi. Il collocamento chiuso nelle scorse ore ha visto circa 140 compratori, dei quali il 50% nel Regno Unito, il 30% negli Stati Uniti, il 10% in Italia e un altro 10% nel resto del mondo. Per il 60% sarebbero hedge fund e per il 40% fondi long only. Dopo la vendita dell’ultimo corposo pacchetto azionario da parte dell’istituto di piazza Gae Aulenti, dovrebbero essere evidenziati come compratori soggetti istituzionali come Capital Group, Vanguard, Norges, Gam Holding, Marshall Wace, Assicurazioni Generali, Standard Life Aberdeen, Edmond de Rothschild e Sun Life Financial.

 

  • Azimut, raccolta giugno a 702 milioni
Azimut ha registrato a giugno una raccolta netta positiva per 702 milioni di euro, portando a quasi 2,7 miliardi il saldo da inizio anno. Nel corso del mese si è perfezionato l’acquisto di Rasmala Egypt Am, al netto del cui consolidamento Azimut ha conseguito a giugno una raccolta netta positiva di 340, di cui quasi l’85% dall’Italia. Il totale delle masse comprensive del risparmio amministrato si attesta a fine giugno a 55,9 miliardi.
  • Danno professionale in via equitativa
L’inadempimento del datore di lavoro in caso di demansionamento «può comportare un danno da perdita della professionalità di contenuto patrimoniale che può consistere sia nell’impoverimento della capacità professionale del lavoratore e nella mancata acquisizione di un maggior saper fare, sia nel pregiudizio subito per la perdita di chance…(e) può pregiudicare quel complesso di capacità e di attitudini definibile con il termine professionalità, che è di certo bene economicamente valutabile, posto che esso rappresenta uno dei principali parametri per la determinazione del valore di un dipendente sul mercato del lavoro…Con riferimento al tema della prova e della liquidazione del danno professionale, deve rammentarsi che questa Corte…ha affermato il principio in base al quale il giudice del merito, con apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione se adeguatamente motivato, può desumere l’esistenza del relativo danno, avente natura patrimoniale, e il cui onere di allegazione incombe sul lavoratore, determinandone anche l’entità in via equitativa, con processo logico-giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all’esito finale della dequalificazione  e alle altre circostanze del caso concreto».
Corte di cassazione, ordinanza 16595/2019, depositata il 20 giugno
  • Niente responsabilità se causa di servizio
«La dipendenza della malattia del lavoratore da una “causa di servizio” non implica, né può far presumere, che l’evento dannoso sia derivato dalle condizioni di insicurezza dell’ambiente di lavoro, essendo possibile che la patologia accertata debba essere collegata alla qualità intrinsecamente usurante della ordinaria prestazione lavorativa ed al logoramento dell’organismo del dipendente esposto ad un lavoro impegnativo per un lasso di tempo più o meno lungo. In detto ultimo caso si resta al di fuori dell’ambito dell’articolo 2087 del codice civile, che riguarda una responsabilità contrattuale ancorata a criteri probabilistici e non solo possibilistici».
Corte di cassazione, ordinanza 17707/2019, depositata il 2 luglio