La norma di cui all’art. 283, comma 2 del Codice delle Assicurazioni, anche nella versione precedente la novella del 2005, è sempre stata interpretata dalla giurisprudenza nel senso che la deroga alla non risarcibilità del danno del terzo trasportato da parte della compagnia di assicurazioni si giustifica a condizione che sussista la condizione dell’ignoranza dell’illegale circolazione.
L’unica differenza che può desumersi tra il testo comunitario e la norma interna consiste nel riparto dell’onere della prova laddove la normativa comunitaria pone tale onere a carico dell’assicuratore e quella interna non esprimendosi in modo chiaro lascia comunque intendere che la mancata conoscenza dell’illegalità sia un fatto costitutivo della pretesa, a carico del danneggiato.
Il legislatore italiano nel dare attuazione alla normativa comunitaria e nel prevedere la copertura assicurativa a soggetti prima esclusi dal risarcimento, non ha potuto non occuparsi dei casi in cui il risarcimento del terzo trasportato contro la propria volontà o perché al corrente dell’illegalità della circolazione, non possa ottenere il risarcimento.
L’aver posto a carico del danneggiato l’onere della prova della propria buona fede rientra nella sfera di discrezionalità che residua allo Stato nell’attuare la direttiva, ferma restando l’identità del fine perseguito dal diritto comunitario e da quello interno, di non consentire il risarcimento a chi conosca la provenienza furtiva del mezzo.
In ogni caso la giurisprudenza consolidata è nel senso di richiedere ai fini di poter rientrare nella deroga all’irrisarcibilità del danno, l’esclusione della conoscenza, da parte del terzo trasportato, della provenienza furtiva del veicolo.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 9 maggio 2019 n. 12231