di Andrea Magagnoli

Per essere ritenuti responsabili del reato di riciclaggio è sufficiente il dolo generico. La Corte suprema di cassazione, prende posizione sull’elemento psicologico, che deve connotare il reato di riciclaggio previsto dall’art 648 del codice penale, con la sentenza n. 29920/ 2018 della seconda sezione penale.
Tale reato, si configura nelle ipotesi, in cui taluno sostituisce ovvero compia operazioni riguardo a denaro beni od utilità, provenienti da delitto non colposo, al fine di ostacolare le indagini circa la provenienza delittuosa.
La fattispecie, richiede per la sua configurazione l’elemento psicologico del dolo, essendone indiscutibile la natura, infatti di reato doloso, con tutte le conseguenze che ne derivano in tema di accertamento della responsabilità.

Il caso di specie, trae origine dalla titolarità da parte dell’imputato di diversi conti correnti bancari, sui quali venivano riversate somme di denaro, provenienti da attività delittuose, gestite da altri soggetti, somme che poi venivano consegnate ai loro effettivi titolari dopo essere transitate, su tali conti in maniera da rendere più gravosa l’identificazione, della loro provenienza delittuosa.
L’imputato, condannato in primo e secondo grado, rispettivamente dal Tribunale e dalla Corte d’appello di Milano, proponeva ricorso avverso questa ultima sentenza, rappresentando tra i motivi, quello della mancanza dell’elemento psicologico del reato, costituito dal dolo, difettandone gli elementi costitutivi anche nella sua configurazione minima del dolo eventuale.

In particolare i giudici di secondo grado sarebbero incorsi in errore, ritenendo, invece, configurabile il dolo nella sua forma eventuale, sulla base della considerazione, che il semplice ingresso su conti correnti intestati all’imputato di somme molto ingenti, senza che quest’ultimo avesse alcun titolo per introitarle, unitamente all’assoluta mancanza d’informazioni, circa la loro provenienza, sarebbe sufficiente a provare la responsabilità dell’imputato per il reato di riciclaggio.
Il ricorrente, infatti, rappresenta che il semplice sospetto circa la provenienza delittuosa del denaro, come in questo caso, non è sufficiente, a configurare il dolo, sia pure nella forma eventuale, venendo in tal modo meno l’elemento psicologico richiesto dalla norma, per un affermazione di responsabilità penale.
La Corte suprema ritiene infondato tale motivo di ricorso, sulla base di una diversa ricostruzione dell’elemento psicologico del reato de quo, ravvisandone comunque i presupposti. Secondo gli ermellini, infatti, è sufficiente, per configurare il reato ascritto all’imputato, il dolo nella sua forma generica, per il quale è sufficiente, per essere ritenuti responsabili del reato di riciclaggio la consapevolezza, circa la provenienza delittuosa dei denaro, o del bene unita a una volontà di ostacolare ogni accertamento, circa la provenienza delittuosa dei predetti beni.

Nel caso di specie, poi, la presenza di tali elementi sarebbe stata adeguatamente motivata dalla Corte di merito, riferendosi a un intercettazione ambientale nella quale l’imputato, si sarebbe stupito della cospicuità delle somme provenienti dal traffico di stupefacenti, transitate sui conti correnti dei quali egli era titolare. La condotta dell’imputato, nel corso di tale intercettazione, e le successive risultanze processuali, circa lo spessore criminale dei soggetti, che facevano transitare il denaro sui conti correnti, dei quali egli era titolare, consentono di ritenere che egli fosse consapevole della provenienza delittuosa delle somme, che transitavano sui suoi conti correnti, sulla base di asserto la Corte suprema, ritiene configurabile l’elemento psicologico del reato, tanto da ritenere responsabile l’imputato per il reato di riciclaggio .
© Riproduzione riservata

Fonte: