di Debora Alberici
I l professionista che riporta danni permanenti dopo un incidente stradale ha diritto a essere risarcito, almeno sul fronte del danno attuale, sulla base delle ultime dichiarazioni dei redditi presentate. È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 17061 dell’11 luglio 2017, ha accolto sul punto il ricorso di un dentista travolto da un’automobile mentre viaggiava sulla sua moto.
L’uomo aveva lamentato i parametri di liquidazione del danno attuale usati dalla Corte d’appello in barba alle ultime dichiarazioni dei redditi prodotte in giudizio. La sua tesi è risultata vincente. Ad avviso del legale, infatti, i giudici di merito avrebbero dovuto liquidare il danno attuale da lucro cessante (cioè quello per i potenziali guadagni già persi alla data della decisione) a consuntivo, cioè sulla base dell’effettiva flessione subita, risultante dalla dichiarazione dei redditi.
La terza sezione civile ha infatti spiegato, cassando sul punto la sentenza e rinviando per un appello bis, che il danno già verificatosi deve essere tenuto distinto da quello futuro, da liquidarsi col sistema della capitalizzazione. Il giudice del rinvio dovrà quindi operare due liquidazioni: la prima, sulla base dell’elemento concreto costituito dalla flessione del reddito effettivamente subita dal danneggiato fino all’epoca della decisione, trattandosi di danno attuale, e non futuro, esattamente accertabile; la seconda, invece in via ipotetica, sulla base della presumibile flessione del reddito subita dal danneggiato dalla data della decisione in poi. In poche parole, la valutazione del danno attuale non potrà prescindere dai dati risultanti dalle dichiarazioni dei redditi relative al periodo fin qui trascorso, che costituiscono il parametro di base per il risarcimento del danno da riduzione della capacità lavorativa specifica. Nulla da fare, invece, per quel che riguarda il danno futuro decurtato dei riflessi che la crisi economica avrebbe potuto avere sull’attività del dentista. Su questo secondo punto la Cassazione ha condiviso il ragionamento dei giudici di merito respingendo il gravame della difesa dell’uomo.
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