di Manuele Noia*
Vista da più parti come una vera e propria rivoluzione del settore della gestione e distribuzione dei prodotti di investimento, quel che è certo è che Mifid II porta con sé un numero di cambiamenti fra cui misure volte alla maggior tutela degli investitori, in particolare attraverso livelli più elevati di informazione, trasparenza e competenza del consulente. Ad esempio, oltre ad aumentare i poteri delle autorità di vigilanza, la normativa introduce misure specifiche, la cosiddetta product governance, volta a verificare l’adeguatezza di ogni singolo prodotto finanziario ai bisogni del cliente a cui questo è destinato, attraverso l’analisi delle sue caratteristiche.lezza dell’investitore sul tema. A nostro avviso, in Italia, le parole chiave di Mifid II saranno trasparenza, adeguatezza e servizio. Maggiore trasparenza in termini di costi, su tutte le spese a livello aggregato per il prodotto e per il distributore, adeguatezza dei singoli prodotti finanziari che entrano a far parte di un portafoglio ai reali bisogni dell’investitore, e servizio, nel senso di incremento della qualità del servizio offerto alla clientela, che si traduca in valore aggiunto e che sia dunque una reale giustificazione delle retrocessioni percepite dal collocatore. In tema di adeguatezza resta da chiarire il senso dell’obbligatorietà dell’indicazione di un target market (il mercato di riferimento) individuato ex-ante per ogni singolo prodotto collocato alla clientela. L’impossibilità di inserire, sia pure in piccola percentuale, prodotti complessi non in target, ma potenzialmente utili, a aumentare la diversificazione potrebbe infatti intaccare l’approccio consulenziale nella costruzione complessiva del portafoglio. Ma un altro potenziale effetto molto importante che potrebbe derivare da Mifid II dal punto di vista delle fabbriche prodotto è relativo alla razionalizzazione della gamma d’offerta, contro una proliferazione indiscriminata dei prodotti, così come già richiesto da molti grandi distributori che non avranno nè la possibilità, né la volontà di offrire a catalogo un numero sterminato di prodotti di terzi (che richiederebbe per ciascuno di essi, tra l’altro, la definizione di un target market di riferimento). Si tratta di un trend già iniziato ma che potrebbe ulteriormente accelerare a partire dal 2018. La proliferazione dei prodotti offerti è diventata parte integrante del modello di business di molte Sgr, ma spesso ciò non implica grandi benefici per i clienti, anzi al contrario.
Pictet Asset Management ha recentemente ridotto la propria gamma di fondi da 86 a meno di 70, concludendo un processo di razionalizzazione iniziato da tempo, con l’esclusione di fondi non considerati più strategici, come ad esempio il fondo sulle commodity, alcuni comparti a gestione passiva, le strategie risk parity, due strategie long-short, un fondo Us equity e un global equity strategy, insieme a un fondo convertibile che veniva gestito esternamente. In generale, le tradizionali e caratteristiche aree di investimento di Pictet Am non sono state intaccate: greater Europe, fondi tematici e mercati emergenti. Inoltre Pictet sta implementando in misura sempre maggiore le strategie Esg. Altro tema caldo è quello relativo ai big data, che costituiranno sempre più un’opportunità di business: abbiamo recentemente assunto nel nostro team alcuni data scientist per capire come valorizzare questo trend e più in generale come usare e ottimizzare le nuove tecnologie per le nostre strategie di investimento. (riproduzione riservata)
*country manager Italia di Pictet Am
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