Ammissibile esclusivamente quando la legge lo prevede
di Antonio Ciccia Messina
L’Italia non importa i danni punitivi dagli Usa. O almeno non ancora. Al massimo ci può essere il riconoscimento delle sentenze americane, o straniere in genere, che riconoscono il pagamento dei danni punitivi ai danneggiati. Ma bisogna ancora alzare la paletta dello stop a generali accentuazioni soggettive ai risarcimenti.
La sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione n. 16601 depositata il 5 luglio 2017, dunque, se cambia idea sulla possibilità di riconoscere sentenze straniere con condanna ai danni punitivi, notoriamente molti pesanti in termini monetari, tuttavia non sdogana la possibilità per i giudici italiani di disporre risarcimenti di questo tipo. La pronuncia ha una portata collegata al riconoscimento di sentenze straniere e si limita a dire che l’Italia non ripudia il danno punitivo (non è più ritenuto contrario all’ordine pubblico e questa è la novità), anche se non lo prevede come istituto di applicazione generale. Una sentenza Usa che condanna al pagamento di danni punitivi ha effetto in Italia, ma non si creda che sia abbattuto il muro dell’orientamento tradizionale. In Italia il risarcimento del danno ha natura ripristinatoria, salvo casi specifici previsti puntualmente dalla legge.
Così anche per riconoscere una sentenza straniera, che condanna una delle parti la pagamento di danni punitivi, bisogna verificare se c’è nel paese di provenienza una norma che preveda il risarcimento di questo tipo di danni.
L’ordinamento italiano riconosce al danno innanzi tutto una funzione ripristinatoria del patrimonio del danneggiato. Con il risarcimento del danno, si dice, non si può lucrare. Diverso dal risarcimento ripristinatorio è il danno punitivo, cioè il valore del risarcimento che eccede il valore della perdita (che peraltro può essere di diversa natura: patrimoniale o non patrimoniale). La funzione del danno punitivo è, appunto, punire il responsabile oltre che scongiurare la recidiva, o impedire condotte di imitazione. In ogni caso con il sistema del danno punitivo si va al di là della semplice funzione ripristinatoria. La sentenza delle Sezioni unite della Cassazione si dilunga ad elencare i casi in cui la legge italiana contempla espressamente i danni punitivi. Tra questi richiama anche le ipotesi di sanzioni pecuniarie civili cui può essere condannato chi si rende autore di reati depenalizzati dal dlgs 7/2016 (ad esempio ingiuria): peraltro in quei casi ad incamerare le sanzioni non è il danneggiato, ma è lo stato. Al di là di questa particolarità, rimane il fatto che l’elenco, per quanto lungo, dei casi di condanna al risarcimento di un danno punitivo, è pur sempre un elenco limitato e non è espressione di un principio generale. La Cassazione lo ricorda in un passaggio della sentenza: l’ordinamento non consente in generale accentuazioni soggettive ai risarcimenti. Non c’è una regola per cui il giudice sempre e in ogni caso possa appesantire l’importo della condanna per scopi diversi da quelli ripristinatori.
In altre parole è vero che nel principio di diritto formulato dalla pronuncia in esame che alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, perché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile. Ma è altrettanto vero che il danno punitivo deve avere un fondamento normativo, altrimenti non può essere oggetto di una specifica condanna al risarcimento. Con questo tra l’altro si dice chiaramente che di per sé il danno punitivo non ha un riconoscimento legislativo generale. Ad esempio risponde allo schema del danno punitivo l’articolo 614 bis del codice di procedura civile sulla condanna al pagamento di somme in caso di mancata esecuzione degli obblighi derivanti da una sentenza civile: qui la somma pagata non riflette la quantità di patrimonio perduto, ma risponde all’esigenza di punire chi rimane inerte.
In sostanza la pronuncia della Cassazione significa che una sentenza straniera che contenga una condanna al pagamento di danni punitivi può essere riconosciuta dai giudici italiani. Ma una causa cui si applica la legge italiana può dare adito a una condanna al risarcimento di danni punitivi solo se la legge espressamente lo preveda. Fuori dai casi in cui si ammette legislativamente il danno punitivo, questo non può essere oggetto di un domanda giudiziale. Tra l’altro la Cassazione rifiuta la via giurisprudenziale all’introduzione del risarcimento del danno punitivo: ci vuole un intervento del legislatore, tenendo conto del fatto che non esistono norme contrarie nella Costituzione.
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