Illegittimo ridurre la reversibilità in base all’età dei coniugi
di Daniele Cirioli
Illegittima la norma «anti-badanti» che riduce la pensione di reversibilità quando i coniugi, sposati da meno di dieci anni, hanno una differenza d’età di oltre 20 anni e quello trapassato ha detto sì a più di 70 anni. È illegittima perché il fatto che due persone s’innamorino a tarda età e decidano di convolare a nozze non è «malcostume», ma il risultato dell’evoluzione del costume sociale. E perché combinare le nozze per garantire il reddito al partner superstite non è una decisione «con presunzione di frode alla legge», ma scegliere in base al fondamento solidaristico proprio della pensione di reversibilità, come rafforzato dalle norme sulle unioni civili. Lo stabilisce la Corte costituzionale nella sentenza n. 174/2016 depositata ieri.
Sposarsi con i capelli bianchi. La pronuncia di legittimità era stata richiesta dalla Corte dei conti del Lazio su una vertenza tra un pensionato e l’Inps, per il riconoscimento pieno della pensione di reversibilità caduta, invece, nella cesoia dell’art. 18, comma 5, del dl n. 98/2011 (convertito in legge n. 111/2011), la cosiddetta Manovra estiva. In base a tale norma, dal 1° gennaio 2012 la pensione di reversibilità liquidata solo al coniuge superstite (se non ci sono figli minori, studenti o inabili) è ridotta, nei casi in cui il deceduto abbia contratto matrimonio a un’età superiore a 70 anni e la differenza d’età tra i coniugi sia superiore a 20 anni. In particolare, se il matrimonio è stato contratto da meno di dieci anni la pensione è ridotta del 10% (0,83% mensile) per ogni anno che manca al decennio. Ad esempio, a fronte di un matrimonio tra un 70enne e una 40enne, contratto otto anni prima della morte del primo, la quarantenne avrà diritto a una reversibilità del 48% della pensione del coniuge passato a miglior vita, cioè con una riduzione del 20% della percentuale piena di reversibilità (il 60%).
Norma contraria al costume sociale. La misura venne introdotta al fine dichiarato di contrastare i matrimoni «combinati» tra arzilli vecchietti e giovani straniere, generalmente conosciute per attività di assistenza, quasi come fosse un lascito morale per il bene profuso in vita, e perciò fu battezzata «norma anti-badanti». Proprio su questa presunzione, la Corte costituzionale basa la sua decisione di non legittimità perché «disarmonica» rispetto ai principi degli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione.
La ratio della norma, si legge nella sentenza, risiede nella presunzione che quei matrimoni (contratti cioè a quelle età) traggano origine dall’intento di frodare le ragioni dell’erario, quando non vi siano figli minori, studenti o inabili. Si tratta di una presunzione di frode alla legge che esclude ogni prova contraria; per i giudici l’ampia valenza «lascia trasparire l’intrinseca irragionevolezza». Infatti, «si tratta di un presupposto di valore fortemente dissonante rispetto all’evoluzione del costume sociale». Il cambiamento di abitudini e propensioni collegate a scelte personale, per la Corte, è un dato non trascurabile come già evidenziato in altre sentenze.
Per esempio con la sentenza n. 123/1990, che ha dichiarato illegittima la norma finalizzata a negare il diritto alla pensione di reversibilità in caso di matrimonio durato meno di due anni, celebrato dopo la cessazione dal servizio e il compimento di 65 anni di età; oppure con la sentenza n. 587/1988 che ha dichiarato illegittima la norma che negava lo stesso diritto in caso di nozze celebrate dopo i 65 anni a fronte di una differenza di età superiore a 20 anni.
Peraltro, nell’attribuire rilievo all’età del coniuge titolare di pensione diretta al momento del matrimonio e alla differenza d’età tra coniugi, la norma anti-badanti dà una regolamentazione irragionevole per la Corte, perché incoerente con il fondamento solidaristico che è tipico della pensione di reversibilità. Un’irragionevolezza, concludono i giudici, che «diviene ancora più marcata, se si tiene conto dell’ormai riscontrato allungamento dell’aspettativa di vita». Infine, la norma è censurata perché «opera a danno del solo coniuge superstite più giovane e si applica esclusivamente nell’ipotesi di una considerevole differenza di età tra i coniugi», così dando rilievo a restrizioni «a mero fondamento naturalistico» che la Corte ha ritenuto estranee «all’essenza e ai fini del vincolo coniugale» (sentenza n. 587/1988).
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