La Corte Costituzionale ha dichiarato legittimo il contributo di solidarietà sulle cosiddette pensioni d’oro introdotto dal Governo Letta con la legge Finanziaria 2014 (legge n.147/2013) per il triennio 2014-2016.
La Consulta ha respinto le varie questioni di costituzionalità relative al contributo sulle pensioni di importo elevato, “escludendone la natura tributaria e ritenendo che si tratti di un contributo di solidarietà interno al circuito previdenziale, giustificato in via del tutto eccezionale dalla crisi contingente e grave del sistema”. La Corte ha anche ritenuto che tale contributo rispetti il principio di progressività e, pur comportando innegabilmente un sacrificio sui pensionati colpiti, sia comunque sostenibile in quanto applicato solo sulle pensioni più elevate, da 14 a oltre 30 volte superiori alle pensioni minime.
“La decisione della Consulta è molto preoccupante perché giustifica il prelievo sulle pensioni riconoscendo da un lato che si tratta di un sacrificio, ma siccome i soggetti colpiti sono “abbienti” in quanto percepiscono una pensione elevata, allora quel sacrificio è sopportabile. E’ un concetto pericoloso perché conferisce un autorevole precedente a chi continua ad affermare che “i soldi si prendono dove ci sono”. E’ come dire che se un cittadino ha tre case, una la si può sottrarre per darla a chi casa non ha; è un sacrificio ma visto che ha tre case anche se ne perde una vive lo stesso, tanto un tetto ce l’ha ugualmente. Tutto ciò lede il principio di uguaglianza nei confronti dello Stato, di certezza del diritto (perché mai dovrei versare i contributi se poi con una semplice leggina cancellano i sacrifici di oltre 40 anni di lavoro?). Con questa sentenza i concetti stessi di proprietà privata e di libertà individuale sono molto a rischio”. Questo il duro commento del Prof. Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche di Itinerari Previdenziali, alla decisione della Consulta.
“Entrando poi più nel merito e guardando ai dati scopriamo che i “colpiti” dal contributo di solidarietà sono solo 45.503 e rappresentano lo 0,28% del totale dei 16,259 milioni di pensionati del 2014. Questa piccola quota di contribuenti, ininfluente numericamente sotto il profilo elettorale, può ben subire la “violenza di gruppo” a cui poco interessa se la pensione è frutto dei contributi versati. Inoltre la manovra del Governo Letta è pure ridicola perché nella migliore delle ipotesi il contributo che lo Stato ricava da questi pensionati ammonta a 230 milioni di euro, nulla in confronto al fabbisogno prodotto da chi le tasse e i contributi non li hai mai pagati” prosegue il Prof. Brambilla. “Infatti il 53% del totale pensionati è assistito totalmente o parzialmente dallo Stato e quindi da tutti noi con le imposte (per chi le paga); per dare la pensione agli oltre 8 milioni che arrivati a 66 anni non hanno versato neppure 15 anni di contributi, la collettività si carica di un costo di oltre 48 miliardi; ben differente dai 230 milioni!”
“Ma ci si chiederà: perché solo poco più di 45 mila pensionati? Perché nel 2014 sono solo 78.000 gli italiani che hanno dichiarato redditi superiori a 200.000 euro, e secondo le nostre stime questi soggetti riceveranno una pensione che sarà pari a circa 50% della media decennale dei redditi e non al 70% come avviene per chi ha redditi più bassi. E intanto il 60% della popolazione ha dichiarato redditi zero o poco più e il 53% dell’Irpef lo ha pagato solo l’11% circa della popolazione. Pensiamo di poter mantenere il nostro welfare generoso in queste condizioni? E al prossimo giro mettiamo il contributo di solidarietà anche a quelli che prendono 3.000 euro lordi di pensione per fare un po’ di cassa?”