di Carlo Giuro
La previdenza complementare viene spesso percepita dal risparmiatore come un investimento troppo lungo nel tempo e poco liquido, difficile quindi da disinvestire prima. Per non trovarsi quindi imprigionati si preferisce non aderire. Ma è davvero così? La premessa è di impostazione concettuale. Occorre infatti in primo luogo ben comprendere cosa sono e che funzione hanno i fondi pensione. Si tratta di un’espressione di risparmio finalizzato che ha come obiettivo quello di integrare la propria pensione obbligatoria (Inps per lavoratori dipendenti, autonomi, parasubordinati e Casse di previdenza per i liberi professionisti). Ricorrendo a una immagine, la previdenza complementare può essere raffigurata allora come un binario che scorre parallelo alla previdenza di base. Il termine di paragone omogeneo non è allora tra previdenza complementare ed altre forme di risparmio ma tra previdenza complementare e previdenza obbligatoria. Attraverso questa chiave di lettura non deve essere allora visto come anomalo che si possa disinvestire solo in casi tassativamente individuati se, com’è noto, nella previdenza obbligatoria non si può percepire la pensione se non quando si sono maturati i relativi requisiti. I fondi pensione sono invece molto più flessibili essendo prevista la possibilità normativa di anticipazioni e riscatti. Partendo dalle anticipazioni in base alla normativa vigente dal 2007 l’iscritto può chiedere anticipazioni:
– in qualsiasi momento e, dunque, a prescindere dall’anzianità di iscrizione, in misura non superiore al 75% della posizione individuale per far fronte a spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche a seguito di gravissime situazioni relative all’aderente, al coniuge e ai figli;
– decorsi otto anni di iscrizione, in misura non superiore al 75% della posizione per acquisto della prima casa di abitazione per sé e per i figli o per la realizzazione di interventi di ristrutturazione sulla prima casa di abitazione;
– sempre decorsi otto anni di iscrizione in misura non superiore al 30% della posizione maturata per ulteriori esigenze dell’iscritto.
C’è poi la possibilità di riscattare. È contemplato in primo luogo il riscatto parziale, nella misura del 50% della posizione individuale maturata, nei casi di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria. Vi è ancora il riscatto totale della posizione individuale maturata per i casi di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo e a seguito di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi. Tale facoltà non può essere esercitata nel quinquennio precedente la maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche complementari. In questi casi è possibile invece accedere in vi anticipata alla pensione integrativa. Per le forme di previdenza su base collettiva (fondi negoziali e aperti) si prevede poi la possibilità di riscattare l’intera posizione individuale maturata qualora vengano meno i requisiti di partecipazione al fondo stabiliti dalle fonti che dispongono l’adesione su base collettiva (è il caso del cambiamento di occupazione). Va ancora evidenziato come il disegno di legge sulla concorrenza in discussione apporti ulteriori connotati di flessibilità alla previdenza complementare. Si prevede che sarà possibile accedere in via anticipata alla pensione integrativa in caso di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 24 mesi (nella versione attuale come visto sono 48 mesi), con un anticipo massimo di dieci anni rispetto ai requisiti per l’accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza (al momento sono cinque anni). Si estende poi la possibilità del riscatto per cessazione dei requisiti di partecipazione anche alle forme pensionistiche individuali. (riproduzione riservata)