Anche il terzo piano di salvataggio del Paese girerà intorno a questo comparto economico, il cui sostegno ha già causato metà del debito pubblico ellenico. Un costo destinato a salire ancora
di Guido Salerno Aletta
Se si fa un gran parlare della necessità di procedere alla eliminazione delle baby pensioni in Grecia, e ancor più delle lobby che ne ostacolano da sempre la modernizzazione. Forse si tace del problema più grave: il sistema bancario greco è ancora un buco nero. E se spesso si afferma che le banche greche non hanno più un euro, forse non è solo colpa del ritiro spasmodico di contanti da parte dei correntisti.
Nella Dichiarazione dell’Eurosummit dello scorso 12 luglio c’è infatti un groviglio di affermazioni che riguardano il sistema bancario: il terzo Piano di aiuti alla Grecia girerà ancora una volta intorno all’immediato salvataggio delle banche.
Al di là della gravissima situazione contingente, determinata dalla chiusura degli sportelli e del conseguente blocco delle transazioni, i dati relativi agli aiuti di Stato al sistema bancario greco, a fine 2014 erano i seguenti: introiti netti a favore del bilancio pubblico greco per 132 milioni di euro, dopo aver accumulato perdite fra il 2007 ed il 2013 per ben 22,4 miliardi di euro; valore degli attivi bancari pari a 17,4 miliardi di euro; di converso, il valore delle passività verso le banche era di 39,8 miliardi, cui si aggiungevano altri 51,1 miliardi di euro per passività indirette (contingent liabilities). A fare qualche somma, risulta che il sistema bancario greco abbia già accollato al bilancio pubblico perdite per 22,3 miliardi, mentre i costi sopportati arrivano a 90,9 miliardi. Nel complesso, gli interventi sono stati pari a 113,2 miliardi di euro. Gli attivi, visto l’aumento delle sofferenze e le difficoltà di questi ultimi mesi, saranno probabilmente ridefiniti al ribasso.
Non è casuale che numerosi punti della Dichiarazione dell’Eurosummit dello scorso 12 luglio si riferiscano al settore bancario greco. In primo luogo, tra i provvedimenti da approvare inderogabilmente entro il prossimo 22 luglio, c’è il recepimento della Direttiva europea Brrd sulla risoluzione delle crisi bancarie: è lecito attendersi che una tale urgenza sia motivata dalla necessità di intervenire. Se quindi saranno azionisti, obbligazionisti e depositanti oltre i 100 mila euro a farsi carico delle perdite secondo le nuove regole sul bail-in, non è detto che tutto ciò basti. Ed nella Dichiarazione viene infatti considerata urgente la necessità di ricapitalizzare il sistema bancario greco, vista la pesantezza della sfida cui il sistema è sottoposto. Il terzo Piano dovrebbe prevedere tra i 10 ed i 25 miliardi di euro da usare come buffer per fronteggiare sia la ricapitalizzazione sia gli oneri della risoluzione delle crisi bancarie. In particolare, 10 miliardi di euro dovrebbero essere immediatamente resi disponibili in un apposito conto segregato presso l’Esm. È lecito ipotizzare che Alexis Tsipras dovrà considerare come perdite definitive le passività derivanti dagli interventi effettuati in passato a favore, insieme ad un pesante write-down degli asset. Se gran parte del debito pubblico greco è già stato determinato dagli interventi effettuati per sostenere il sistema bancario, nella Dichiarazione dell’Eurosummit si prevede che le risorse messe a disposizione dall’Esm dovranno essere restituite dallo Stato greco: ben 25 miliardi di euro degli ipotizzati 50 miliardi che dovrebbero essere ricavati dalla monetizzazione degli asset pubblici greci sono preordinati alla restituzione della corrispondente somma che sarà erogata per sostenere il sistema bancario.
Se quindi, a seguito delle procedure di risoluzione delle crisi bancarie, lo Stato greco dovesse cancellare il valore degli attivi patrimoniali verso le banche, il costo dei salvataggi arriverebbe a 130,6 miliardi, cui dovrà aggiungere altri 25 miliardi. Il totale arriverebbe a 155,6 miliardi. Su un debito pubblico che alla fine del 2014 era di 317 miliardi di euro, siamo alla buona metà.
Il default delle finanze pubbliche greche non dipende solo dalla eccessiva generosità verso i pensionati baby, né dai dipendenti pubblici eccessivamente numerosi, dai commercianti che non pagano le tasse e neppure dagli armatori che difendono i loro privilegi fiscali.
Le regole europee cambiano in continuazione, a seconda degli interlocutori: non solo si smentisce completamente l’impostazione del bail-in, contenuta nella direttiva europea che il Parlamento di Atene deve approvare fulmineamente, ma si prospetta un iper-bail-out bancario, organizzato da tutte le istituzioni nazionali ed internazionali messe insieme. Altro che divieto di aiuti di Stato. In confronto, la recente richiesta italiana di offrire una garanzia pubblica alla costituenda bad bank, per agevolare una gestione industriale delle sofferenze e non la loro liquidazione giudiziaria, era una deroga insignificante.
Non è una questione solo di bail-in e bail-out che si incrociano come i piedi di chi balla il Sirtaki. È che, mettendo in crisi la Grecia, ci siamo cacciati in un guaio davvero troppo grande, per tutti. (riproduzione riservata)