Di Marcello Bussi
La Grecia resta nell’euro, almeno per ora. Ma a quale prezzo. Il premier Alexis Tsipras ha subito un vero e proprio waterboarding da parte dei creditori nelle interminabili 17 ore di trattative che hanno avuto luogo a Bruxelles nella notte tra domenica e lunedì scorso. E ha dovuto sconfessare tutto il suo programma elettorale, accettando anche il ritorno ad Atene della Troika (ora chiamata Istituzioni, ovvero la Commissione Ue, la Bce e il Fmi).
Tsipras può dire di avere evitato la cacciata della Grecia dall’euro, come avrebbe voluto la Germania, grazie all’aiuto della Francia, spalleggiata dall’Italia. Per la prima volta nella storia dell’euro si è andati vicino a una vera spaccatura fra Berlino e Parigi, l’asse su cui si fonda la costruzione europea. Una ferita che potrebbe avere conseguenze di lungo periodo, ma è davvero difficile fare previsioni perché, come si dice in questi casi, non c’è visibilità sul futuro, si arriva appena a domani, quando il parlamento greco dovrà tassativamente approvare alcune misure, condizione preliminare affinché l’Eurogruppo si riunisca in conference call per decidere se raccomandare il lancio di un terzo programma di salvataggio della Grecia entro la cornice dell’Esm (il Fondo salva-Stati). Programma da 82-86 miliardi di euro e della durata di tre anni. Il tutto a fronte della creazione di un fondo di garanzia dove saranno conferiti 50 miliardi di euro di asset statali greci da privatizzare o da monetizzare in altro modo.
Fondo che avrà sede ad Atene, (inizialmente si era parlato di portare i soldi in Lussemburgo), ma sarà comunque sotto la supervisione delle istituzioni Ue.
La somma di 50 miliardi è tutta da verificare, visto che Atene ha quantificato in massimo 17 miliardi i possibili proventi da privatizzazioni, mentre il Fondo monetario internazionale in appena 7 miliardi. Ad ogni modo, un aspetto chiave dell’impegno sottoscritto è che, quale che sia la cifra finale, i primi 25 miliardi di euro raccolti andranno a coprire le necessità di ricapitalizzazione delle banche, che secondo l’Eurogruppo si aggirano tra 10 e 25 miliardi di euro. Degli altri 25 miliardi la metà, quindi 12,5 miliardi, servirà ad abbattere il debito con l’Esm, mentre gli altri 12,5 (ed è questo un compromesso che Atene è riuscita a ottenere anche con l’appoggio dell’Italia) serviranno a sostenere un piano di sviluppo dell’economia.
Entro la mezzanotte di domani, intanto, il parlamento greco dovrà approvare la riforma dell’Iva, l’abolizione delle pensioni baby, assicurare la piena indipendenza legale dell’ufficio di statistica nazionale (Elstat) e dar vita al Fiscal Council, previsto dal Fiscal Compact.
In quest’ambito la Grecia dovrà introdurre «tagli alla spesa quasi automatici nel caso in cui si verifichino deviazioni dagli ambiziosi obiettivi relativi al surplus primario dopo aver ricevuto consigli dal Fiscal Council e l’approvazione preventiva delle Istituzioni (l’ex Troika, ndr)». Entro il 22 luglio (mercoledì della prossima settimana), il parlamento greco dovrà addirittura approvare l’adozione del Codice di procedura Civile e la direttiva di risoluzione delle banche Brrd, ovvero il salva banche, che in caso di dissesto consente di confiscare i depositi per le somme eccedenti i 100 mila euro. Solo dopo l’approvazione entro il 15 luglio delle prime quattro misure le Istituzioni (l’ex Troika) e l’Eurogruppo cominceranno a negoziare il memorandum of understanding che darà il via al terzo piano di salvataggio della Grecia. Per arrivare al memorandum of understanding, Atene deve inoltre impegnarsi per una serie di riforme nel medio termine, di cui deve presentare alle Istituzioni una chiara tabella di marcia per l’approvazione in parlamento e la loro attuazione. Tra queste spiccano in particolare quella delle pensioni e quella dei mercati, che riguarda, tra l’altro, l’apertura degli esercizi commerciali alla domenica, il calendario dei saldi, la proprietà delle farmacie e l’apertura del settore dei traghetti. Sul fronte del mercato del lavoro la Grecia dovrà introdurre i licenziamenti collettivi e abolire la contrattazione collettiva.
Altro duro colpo che ha dovuto incassare Tsipras è, come detto, il ritorno ad Atene dell’ex Troika, ora denominata le Istituzioni. Un ritorno che implicherà perfino l’impossibilità di svolgere referendum «a sorpresa» sugli aiuti. Il governo greco dovrà infatti «consultare preventivamente e concordare» con la ex Troika «tutte le proposte legislative rilevanti prima di sottoporle al Parlamento o alla consultazione pubblica». In pratica, su un referendum come quello che il 5 luglio ha sancito la rottura delle precedenti trattative con l’Ue servirebbe il consenso preventivo non degli altri leader Ue o dei massimi vertici delle istituzioni, ma addirittura dei funzionari e burocrati che Commissione europea, Bce e Fondo monetario internazionale invieranno ad Atene. In generale la Grecia si impegna a una «piena normalizzazione dei metodi di lavoro con le Istituzioni». E Tsipras si è perfino impegnato a tornare sui suoi passi in merito ai provvedimenti che nelle passate settimane ha adottato e che vanno in senso contrario agli accordi.
«Credo che la Grecia riuscirà a rimettersi sul cammino della crescita ma la strada sarà lunga e, a giudicare dai negoziati di questa notte, difficile», ha commentato la cancelliera tedesca Angela Merkel, sottolineando di avere «ottenuto un risultato, nonostante la valuta più importante fra di noi, la fiducia, sia stata scossa». «E’ stato trovato un accordo, un accordo voluto e cercato dalla Francia, che permette alla Grecia di restare nell’eurozona», ha dichiarato il presidente francese François Hollande sottolineando che Tsipras «ha preso una decisione coraggiosa nel momento in cui ha chiesto di fare altre riforme». Al termine della riunione di ieri pomeriggio dell’Eurogruppo, il presidente appena riconfermato, Jeroen Dijsselbloem, ha dichiarato che servirà tempo per un nuovo piano di aiuti alla Grecia, probabilmente quattro settimane invece di due. Dijsselbloem ha detto che nella riunione pomeridiana si è parlato brevemente di Grecia a proposito del prestito ponte da 12 miliardi di euro necessario per coprire le più immediate esigenze finanziarie di Atene (7 miliardi entro il 20 luglio e 5 entro metà agosto). Il presidente dell’Eurogruppo ha spiegato che sull’argomento «abbiamo esaminato diverse possibilità, ma ci sono molte questioni tecniche e politiche in ballo. Abbiamo incaricato un gruppo di esperti di valutare la questione, lavoreranno anche la notte». (riproduzione riservata)