Affrontare lo stress lavoro-correlato e i rischi psicosociali può essere considerato costoso, ma ignorarli costa molto di più. Nei Paesi del vecchio continente almeno 20 miliardi all’anno, stando alla stima più prudente (e datata) citata nella recente relazione Calculating the cost of work-related stress and psychosocial risks dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha), che ha dedicato proprio a questi fenomeni la nuova edizione della sua campagna biennale “Ambienti di lavoro sani e sicuri”.
I calcoli della ricerca di un anno fa. Secondo un altro studio sulla salute mentale citato nella relazione, svolto nel 2013 grazie a un finanziamento dell’Unione europea, il conto annuale della depressione lavoro-correlata sarebbe, però, molto più salato. La stima è pari a ben 617 miliardi di euro all’anno ed è stata ottenuta sommando i 272 miliardi a carico dei datori di lavoro per assenteismo e presenteismo (ovvero la presenza al lavoro anche quando si è ammalati e non si può, di conseguenza, essere efficienti), i 242 miliardi di perdita di produttività, i 63 miliardi per l’assistenza sanitaria e i 39 miliardi versati dai sistemi del welfare sotto forma di rendite per disabilità.
È una delle sfide principali. Come confermano anche questi numeri, i rischi psicosociali e lo stress di origine lavorativa rappresentano una delle sfide principali con cui è necessario confrontarsi nel campo della salute e della sicurezza sul lavoro, in quanto possono avere importanti ripercussioni sulla salute delle singole persone, ma anche su quella delle imprese e delle economie nazionali. Circa la metà dei lavoratori europei considera lo stress un fenomeno comune nei luoghi di lavoro e ad esso è dovuta quasi la metà di tutte le giornate lavorative perse. Oltre ai problemi di salute mentale, i lavoratori sottoposti a stress prolungato possono infatti sviluppare gravi problemi di salute fisica, come le malattie cardiovascolari o i disturbi muscoloscheletrici.
Una revisione della letteratura disponibile. Anche se sono in aumento le prove che suggeriscono che lo stress lavoro-correlato e i rischi psicosociali comportino costi significativi, i dati che dimostrano la natura effettiva di questa zavorra finanziaria per i datori di lavoro e le società in generale rimangono per ora limitati. Di qui la decisione dell’Agenzia di Bilbao di condurre una revisione della letteratura disponibile sul costo di questi fenomeni a ogni livello – individuale, aziendale, settoriale e sociale – per discuterne la complessità e individuare le lacune esistenti.
Tracciata una mappa a pelle di leopardo. La mappa che emerge dalla relazione dell’Eu-Osha è a pelle di leopardo. I Paesi europei per cui sono riportate statistiche più o meno dettagliate relative ai costi sociali dello stress sono, infatti, soltanto otto (Danimarca, Francia, Germania, Olanda, Spagna, Svizzera, Svezia, Gran Bretagna), mentre tra quelli extracontinentali sono citati i casi di Australia, Canada e Stati Uniti. Il quadro, inoltre, si fa ancora più rarefatto quando si tratta di individuare ricerche relative ai costi sostenuti a livello aziendale o settoriale.
Per ogni euro in prevenzione un beneficio di 13,6. Nella sua analisi, l’Agenzia di Bilbao si sofferma anche sulla valutazione economica degli interventi che affrontano lo stress lavoro-correlato e i rischi psicosociali, partendo dalla stima formulata nello studio Matrix del 2013 sulla salute mentale sul lavoro, secondo cui ogni euro investito in programmi di promozione e prevenzione genera nell’arco di un anno un beneficio economico pari a circa 13,6.
Fonte: INAIL