di Antonio Satta
Per raider e scalatori sarà più dura. E anche per Massimo Mucchetti, presidente della commissione Industria del Senato e firma di punta del giornalismo finanziario, non è stato uno scherzo, ma alla fine, al terzo tentativo, ce l’ha fatta ad abbassare la soglia per l’opa, che nell’immediato futuro obbligherà chiunque abbia messo insieme un quarto del capitale di un’impresa quotata (anche attraverso accordi vincolanti) a lanciare un’offerta pubblica d’acquisto per il resto delle azioni.
Dopo aver provato due volte a fine 2013 a introdurre una seconda soglia d’opa Mucchetti, assieme all’altro relatore, Giuseppe Marinello (Ncd), è riuscito a far passare la modifica con un emendamento al decreto legge sulla Competitività. Mucchetti voleva abbassare la soglia fino al 20%, ma il governo ha puntato su una quota intermedia tra quella attuale e la proposta dei relatori, e il compromesso è stato trovato sul 25% (la soglia resterà però al 30% per le società con azionisti proprietari di oltre un quarto del capitale), che è, tra l’altro la quota alla quale potrebbe scendere proprio il Tesoro nel capitale di Enel ed Eni, se come sembra, la cessione di un’ulteriore quota del 5% verrà effettuata entro la fine dell’anno (in anticipo rispetto al programma che prevedeva questo sacrificio solo nel 2015). Il governo, deve infatti raggiungere l’obiettivo di 11 miliardi d’incasso da privatizzazioni, ma dopo le difficoltà della quotazione di Fincantieri, lo sbarco in borsa di Poste ed Enav è finito in stand by.
A Mucchetti, però, è riuscito un altro colpo al quale pensava da quando la Fiat ha scelto l’Olanda per blindare la compagine azionaria. Fu proprio la Fiat del resto a spiegare che con le regole olandesi «gli azionisti che parteciperanno alle assemblee di Fiat Industrial e di Case New Hollande convocate per deliberare sull’operazione e rimarranno azionisti delle due società fino al completamento della fusione avranno la facoltà, indipendentemente dal voto da loro espresso, di ricevere due voti per ogni azione loro attribuita. Tale diritto sarà valido fino al momento in cui tali azioni saranno cedute. Successivamente alla chiusura dell’operazione, il diritto di ottenere il doppio voto per azione spetterebbe anche ai detentori di azioni a voto singolo che rimarranno azionisti della società per almeno tre anni».
Anche per effetto della battaglia di Mucchetti il governo accettò di aprire al voto plurimo, ma pensando soprattutto alle piccole e medie imprese in via di quotazione, in modo da garantire agli azionisti originari di non perdere il controllo subito dopo la quotazione. Per le società già quotate, invece, la possibilità era prevista solo se in assemblea straordinaria la modifica dello statuto avesse ottenuto oltre il 75% dei voti. Eventualità quasi impossibile. L’emendamento passato ieri, invece, offre a tutte le quotate una finestra fino al 31gennaio 2015 per decidere la creazione di azioni a voto maggiorato anche con un’assemblea ordinaria e a maggioranza semplice
Chi decidesse di farlo dovrà registrare quelle azioni in un particolare registro e tenerle in portafoglio per due anni, passati i quali quella partecipazione (che ha dimostrato nei fatti di essere strategica) in assemblea varrà il doppio.
Si tratta insomma di un’arma che per esempio può risultare decisiva per le Fondazioni, costrette dalla crisi a diluirsi nel capitale dalle banche, vincolando in tutto o in parte le quote rimaste in loro possesso, dopo un biennio si troverebbero di nuovo in posizione di forza.
Mucchetti ci tiene però a spiegare che non si tratta di una ciambella di salvataggio per gli italiani contro i raider stranieri. Lo stesso ragionamento delle fondazioni, infatti, potrebbero farlo anche i fondi esteri presenti nel capitale diUnicredit o di altre grandi società quotate. Il meccanismo, insomma, mira a premiare chi scommette a lungo su una impresa, rafforza, cioè, gli azionisti stabili, alzando qualche barriera verso i rastrellamenti aggressivi e speculativi. Tra l’altro è stata inserita anche una misura contro le scatole cinesi, se la controllante, passa di mano, il pacchetto di controllo della società sottostante perde la maggiorazione del voto.
Il nuovo testo è ora all’esame dell’aula del Senato, dove sicuramente, dati i tempi strettissimi, sarà blindato con il voto di fiducia, e lo stesso avverrà alla Camera, anche perché il decreto va approvato definitivamente entro il 23 agosto. Queste novità, insomma, si possono considerare già legge. (riproduzione riservata)