Nel fatto illecito extracontrattuale, il danno subìto dal danneggiato per la ritardata liquidazione dell’equivalente monetario deve essere risarcito mediante la corresponsione di una somma di denaro via via rivalutata, alla quale si cumulano gli interessi a un tasso ritenuto equo dal giudice.
Il contenuto di tale obbligazione risarcitoria ha infatti natura di obbligazione di valore.
Pacifici sono i principi che disciplinano gli effetti del ritardato adempimento d’una obbligazione di valore, e cioè:
– alle obbligazioni di valore sono inapplicabili sia l’art. 1277 c.c., sia l’art. 1224 c.c.;
– l’obbligazione di valore deve essere monetizzata dal giudice con riferimento alla data di liquidazione, attraverso la rivalutazione monetaria che va disposta anche d’ufficio, in quanto la rivalutazione non rappresenta un accessorio del credito (al contrario degli interessi legali per le obbligazioni di valuta), ma costituisce una componente intrinseca del danno e, per l’esattezza, il danno causato dal decorso del tempo;
– una volta attualizzato l’importo dovuto dal debitore moroso, spetta altresì al creditore il risarcimento dell’ulteriore pregiudizio rappresentato dalla perduta possibilità di disporre tempestivamente della somma dovutagli, investirla e ricavarne un lucro finanziario.
Quest’ultimo tipo di pregiudizio va liquidato in via equitativa, anche sotto forma di interessi (c.d. interessi compensativi), con la precisazione che:
– la base di calcolo di tali interessi non è rappresentata dal credito rivalutato, ma dal credito originario (cioè espresso in moneta dell’epoca in cui sorse l’obbligazione) rivalutato anno per anno, ovvero rivalutato in base ad un indice di rivalutazione medio, non necessariamente quello legale.
Cassazione civile sez. III, sentenza del 19 marzo 2014 n. 6347