di Anna Messia
L’Abi chiede che le assicurazioni che vorranno fare credito siano sottoposte alle stesse regole delle banche. Si scalda insomma il confronto tra istituti e compagnie di assicurazione sul tema del credito diretto alle imprese. Una novità rivoluzionaria per l’Italia, contenuta, come noto, nel decreto Competitività, ora all’esame della Commissione Industria del Senato.
e nuove norme consentono in particolare alle assicurazioni di concedere finanziamenti alle società, sotto qualsiasi forma, come avviene già in Paesi come la Francia o la Germania, escludendo soltanto il retail. Con un vincolo però: il decreto prevede infatti che siano le banche a selezionare le imprese che le compagnie dovranno finanziare, assumendosi una parte del rischio. Insomma in questa nuova attività le banche e le assicurazioni dovrebbero lavorare fianco a fianco. Ma la cooperazione non è certo iniziata nel migliore dei modi. Solo qualche giorno fa, il presidente dell’Ania. Aldo Minucci, durante la relazione annuale dell’associazione delle assicurazioni aveva detto che le compagnie sono pronte a fare credito, ma vogliono farlo da sole. «Valutiamo positivamente l’apertura (all’attività di credito, ndr), anche se desta perplessità la previsione che i destinatari dei prestiti debbano essere individuati necessariamente da una banca», aveva detto Minucci, aggiungendo che il vincolo a operare insieme a un istituto bancario avrebbe potuto ridurre l’interesse da parte delle imprese di assicurazione che intendono dotarsi di strutture interne di valutazione e assunzione dei rischi. Ieri sono arrivate puntuali le risposte dell’Abi, chiamata in audizione al Senato. Il direttore generale dell’associazione che rappresenta le banche, Giovanni Sabatini, non solo ha ricordato che le operazioni previste dal decreto andrebbero realizzate in collaborazione con il settore finanziario e bancario, che dovrebbe appunto selezionare le imprese da finanziarie. Aggiungendo che l’Abi è «interessata a dare il proprio contributo», per favorire maggiori finanziamenti alle imprese». Ma ha sollevato un’altra questione non certo secondaria: l’Abi ha chiesto che sia assicurata «un’effettiva parità di regolamentazione, anche sotto il profilo del trattamento contabile e di bilancio, tra i diversi soggetti impegnati in queste operazioni». Come dire che un finanziamento diviso a metà tra una banca e un’assicurazione non dovrebbe richiedere per esempio accantonamenti di capitale diversi per i due soggetti coinvolti allo stesso modo nell’operazione; o magari consentire alle assicurazioni di avere regole più favorevoli in caso di possibili svalutazioni di quello stesso credito.
Insomma le banche pretendono che le assicurazioni che decideranno di fare il loro stesso mestiere non abbiano nessun tipo di scorciatoia. La questione dovrà essere affrontata dall’Ivass, chiamata a dare attuazione con un proprio regolamento alla materia. L’istituto di controllo assicurativo guidato da Salvatore Rossi, che da un anno è mezzo opera sotto il coordinamento della Banca d’Italia, dovrà di certo lavorare a stretto contatto con Via Nazionale per evitare discrasie nella regolamentazione. Stando ben attento, tra l’altro, a evitare possibili arbitraggi nei conglomerati finanziari che riuniscono banche e compagnie di assicurazione. Il rischio potrebbe essere per esempio lo spostamento di un credito dalla banca all’assicurazione in caso di vantaggi contabili o di bilancio. Un problema destinato ad affievolirsi con le nuove regole di Solvency 2 delle assicurazioni, che a differenza di Solvency 1, peseranno gli impieghi (e quindi le richieste di capitale) in base all’effettivo rischio dell’investimento. Ma Solvency 2 entrerà in vigore solo a gennaio 2016. Manca ancora un anno e mezzo e anche in questo periodo non si possono concedere sconti. (riproduzione riservata)