Se il comune approva un piano di lottizzazione d’ufficio illegittimo, in quanto volto a espellere dal territorio un’impresa (nel caso di specie ritenuta inquinante) favorendo l’insediamento di nuove tipologie di attività, scatta il diritto al risarcimento del danno. E a liquidarlo possono essere già i giudici amministrativi.
Esattamente quanto ha fatto il Tar Lombardia, sezione di Brescia, (sentenza n. 598/2014) che ha condannato il comune di Pian Camuno a risarcire complessivamente circa 300 mila euro a favore di due imprese, attive nei settori del carbone e della siderurgia, gravemente penalizzate dalle scelte dell’amministrazione comunale.
Sul destino imprenditoriale di entrambe, proprietarie delle aree produttive (stabilimenti e pertinenze), si era abbattuta nel lontano 1997 la variante urbanistica del comune che assoggettava a piano di lottizzazione d’ufficio tutta l’area dove sorgevano gli stabilimenti per realizzare «una rinnovata zona artigianale con esclusione delle industrie inquinanti».
Ne è nato un contenzioso che si è trascinato per diversi anni e che ha portato alla richiesta di risarcimento danni causati dalla pianificazione urbanistica.
Le due imprese (difese dagli avvocati Gian Carlo Tanzarella, Elena Tanzarella e Massimo Compagnino) hanno reclamato una doppia lesione: il danno da mancata produzione, ossia il mancato guadagno perché, a loro dire, la nuova disciplina urbanistica introdotta con il piano di lottizzazione d’ufficio avrebbe impedito «un rilevante sviluppo dell’attività produttiva», e il «danno da zonizzazione», conseguente alla «situazione di incertezza» sofferta dalle aziende a seguito dei provvedimenti del comune.
La prima voce di risarcimento non è stata liquidata dai giudici. Per il Tar, infatti, non vi è prova che con la precedente destinazione urbanistica lo stabilimento produttivo si sarebbe potenziato secondo le attese dei ricorrenti (anzi, hanno fatto notare i magistrati bresciani «nella realtà vi sono invece segnali che indicano uno sviluppo molto più graduale e contenuto»).
Il danno da zonizzazione, invece, secondo il Tar, «è fonte di danno risarcibile». Come chiarito dai giudici, «se il disegno urbanistico può essere improntato a criteri ragionevoli (come l’allontanamento dal centro abitato delle industrie insalubri), l’uso del potere di pianificazione con finalità espulsive è sempre vietato». Quello che il comune può fare quando decide di allontanare imprese inquinanti dal territorio è solo incentivare la delocalizzazione «individuando soluzioni alternative praticabili, previo coinvolgimento degli interessati».
Tuttavia la quantificazione del danno è stata notevolmente ridotta dal Tar che, stimando in 50 anni la durata dei beni immobili produttivi, ha calcolato la differenza di valore determinatasi nel decennio (1997-2007) oggetto del ricorso. L’importo così liquidato (circa 600 mila euro) è stato poi ulteriormente ridotto in considerazione delle utilità che le imprese ricevono grazie alle urbanizzazioni realizzate dal comune e in considerazione del fatto che gran parte dei beni erano detenuti in leasing. Di qui la condanna del comune a pagare circa 300 mila euro più gli interessi legali dal 2007.