di Francesco Ninfole

Nel 2012 è aumentato il valore di mercato dei derivati in Italia, secondo un’elaborazione di Unimpresa su dati Bankitalia. La massa di titoli finanziari speculativi è cresciuta del 7% da fine 2011 a dicembre 2012, arrivando a 125 miliardi di euro, a causa soprattutto dell’aumento in valore assoluto dei derivati nel passivo delle banche (+4,9% a 102,2 miliardi di euro), mentre in termini percentuali l’incremento maggiore è stato quello dei derivati dello Stato (+85% a 5,4 miliardi). «La bufera finanziaria non ha frenato la corsa alla speculazione», ha commentato Unimpresa.

Impennata anche per comuni, province e regioni, con una crescita annua del 22% a 1,2 miliardi (+22%). Va precisato che i dati riflettono il valore di mercato e che le consistenze in derivati al passivo delle amministrazioni pubbliche riportano il valore intrinseco negativo per l’ente pubblico (positivo per la sua controparte bancaria): rappresentano pertanto il potenziale esborso che si determinerebbe per l’ente, se il contratto venisse chiuso al momento della rilevazione. I dati sono elaborati a partire dalle segnalazioni statistiche di vigilanza e della Centrale dei rischi, che rilevano solo i contratti conclusi con intermediari operanti in Italia; i dati della Centrale dei rischi, inoltre, tengono conto solo delle operazioni di importo superiore alla soglia di censimento. Le informazioni fornite vanno quindi considerate come una stima per difetto, rispetto all’operatività complessiva. L’aumento segnalato da Unimpresa inoltre potrebbe essere legato non solo alla sottoscrizione di nuovi contratti, ma anche al semplice cambiamento del valore di mercato dei contratti in essere. In particolare, il calo dei tassi potrebbe aver pesato sui contratti stipulati per assicurarsi contro un loro rialzo. Unimpresa ha rilevato anche il lieve incremento per i derivati nei bilanci delle imprese: +2,5% a 6,79 miliardi. Nel comparto assicurativo e fondi pensione si è passati da 4,79 a 5,07 miliardi (+5,5%). La crescita dei derivati in Italia «è un segnale preoccupante che poniamo all’attenzione del governo», ha commentato il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. Mentre la recessione sta facendo morire centinaia di migliaia di imprese e distrugge posti di lavoro, la finanza continua a vivere meglio e più di prima. Serve una svolta radicale, con uno spostamento delle attività finanziarie sulla produzione, sulla piccola imprese, sulla manifattura». (riproduzione riservata)