di Andrea Montanari

Il gioco del mattone è sempre stato uno dei pallini di Salvatore Ligresti. E il buco di 538 milioni nella riserva sinistri di FonSai indispensabile per mantenere in piedi tutta l’architettura delle varie e mirabolanti operazioni immobiliari che per decenni hanno contraddistinto l’attività della famiglia, come evidenziato nell’ordinanza del Tribunale di Torino che ieri ha emesso le ordinanze di custodia cautelare per l’immobiliarista siciliano trapiantato a Milano, i suoi tre figli e altri ex manager della compagnia, ne è la dimostrazione.

E proprio il real estate resta uno dei nodi tuttora irrisolti dell’intera vicenda. Anche perché riguarda un rapporto particolarmente stretto con il mondo bancario. A partire daUnicredit, l’istituto più esposto con le holding dei Ligresti, Sinergia e Im.Co (dichiarate fallite dal tribunale di Milano il 14 giugno dello scorso anno), assieme a Bpm, Ge Capital,Banco Popolare, Mps e Popolare di Sondrio.
Banche che vantano complessivamente crediti per 330 milioni nei confronti delle due società immobiliari. «Ho appena appreso la notizia, comunque non credo proprio che ci siano ripercussioni», ha detto ieri l’ad diUnicredit, Federico Ghizzoni. «Non immaginavo un epilogo del genere, non riesco a commentare». Ma secondo il banchiere non ci saranno impatti sull’operazione di fusione Unipol-FonSai. E comunque che gli istituti di credito non possano mollare la presa sulla vicenda è evidente. Nonostante lo scetticismo che regna in ambienti finanziari e consulenziali, è ipotizzabile che il tanto agognato concordato preventivo che, secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza, potrebbe essere depositato dopo mesi di titubanze e ripensamenti entro l’estate. E non appena definito l’accordo con la compagnia assicurativa bolognese, nuova proprietaria di FonSai, in via di definizione. E che questa sia la strada maestra da percorrere, con tutte le insidie del caso, lo dimostra il fatto che Unicredit e Bpm, azioniste rispettivamente al 90,63% e al 9,37%, della veicolo Visconti srl hanno deciso di rinforzarne il capitale con una prima iniezione da 1,5 milioni portandolo a 2 milioni. E come si legge nel verbale dell’ultima assemblea della newco presieduta da Emilio Campanile, gli esponenti dei due istituti di credito si sono dati quali «obiettivo finale quello di portare la capitalizzazione a 11 milioni». Visconti, in particolare, oltre a essere il soggetto designato a presentare la proposta di concordato, avrà un ruolo di primo piano nell’esecuzione dello stesso, rilevando parte dell’attivo immobiliare delle due società fallite utilizzando gran parte della nuova finanza (150 milioni) che riceverà dalle sei banche esposte. Capitali che serviranno per soddisfare buona parte delle pretese vantate dai creditori di Imco e Sinergia.

Ma non è da escludere che anche in questa particolare situazione la famiglia Ligresti voglia dire la sua, senza averne diritto. È opinione diffusa tra gli addetti ai lavori e i vari consulenti che frequentano con costanza il palazzo di giustizia milanese che Salvatore Ligresti e le figlie, in particolare Giulia, siano pronti a «vuotare il sacco» e a fare di tutto per «tirare in ballo le banche che in questi decenni li hanno sostenuti», dicono, dietro richiesta di anonimato, le fonti consultate da MF-Milano Finanza. Del resto il rapporto tra gli immobiliaristi di origine sicula e il sistema creditizio si è rotto da qualche tempo. A tal punto che già l’anno scorso, proprio davanti al pm di Milano Luigi Orsi, sia il patriarca sia la ex presidente di Premafin avevano presentato dossier e papelli (il presunto patto occulto) nei quali veniva coinvolto direttamente l’ad diMediobanca, Alberto Nagel. Ma il banker già l’anno scorso aveva chiarito davanti a Orsi la propria posizione e la stessa famiglia si era esposta in maniera assai palese senza ottenere particolari riscontri. Semmai non è da escludere, si sussurra sempre nei corridoi del palazzo di giustizia, che lo stesso pm dopo avere letto con attenzione le carte dei colleghi torinesi non possa tornare ad accelerare l’inchiesta sulla bancarotta di Imco e Sinergia. A dimostrazione che il mattone resta uno delle note dolenti della lunga storia imprenditoriale dei Ligresti. (riproduzione riservata)