di Anna Messia

Nuovo colpo di scena nella vicenda FondiariaSai. Salvatore Ligresti e i suoi tre figli, Giulia Marina, Jonella e Gioacchino Paolo, ieri mattina sono stati raggiunti da ordinanze di custodia cautelare emesse dal Tribunale di Torino che ha deciso l’arresto anche dei due ex amministratori delegati di della compagnia, Fausto Marchionni ed Emanuele Erbetta, oltre che dell’ex vicepresidente pro tempore Antonio Talarico.

Al capostipite dei Ligresti sono stati concessi i domiciliari nell’abitazione di Milano, così come per Talarico e per Marchionni, da scontare per quest’ultimo in una casa tra le montagne del cuneese. I militari della Guardia di Finanza hanno raggiunto poi gli altri indagati nelle loro abitazioni e dimore estive, tra la Sardegna, dove Jonella era in vacanza, e la Toscana, dove si trovava Giulia Maria, trasferita nel carcere di Vercelli. Quanto a Paolo, al momento si trova in Svizzera, dove dimora abitualmente e secondo quanto riferito ieri dal procuratore aggiunti Vittorio Nessi «dalle prime informazioni non ci sarebbe la disponibilità di un suo rientro in Italia».

Proprio da un rischio di fuga all’estero sarebbero stati motivati gli ordini di custodia cautelare e ora la Procura starebbe valutando anche la confisca dell’intero patrimonio dei Ligresti.

Uno degli elementi che porta a rilevare la sussistenza di «un rischio concreto che i componenti della famiglia Ligresti decidano di allontanarsi dalla giurisdizione nazionale» sta in una intercettazione telefonica, hanno spiegato ieri dalla Procura di Torino. Tra gli atti c’era in particolare un colloquio intercettato tra Marchionni e un’altra persona, da cui emergeva la frase: «Ho notizie che il buon Paolo ora va in vacanza, alle isole Cayman, con moglie, figli e tata». Tanto, che secondo il gip, Silvia Salvadori, esisteva un «concreto pericolo di fuga desumibile dal possedere ingenti patrimoni in grado di fornire loro i mezzi necessari per lasciare il territorio nazionale e spostare il centro delle proprie attività in altri Paesi, al fine di eludere gli esiti delle indagini». Oltre che di sottrarsi all’azione di responsabilità avviata da parte del commissario ad acta di FonSai, Matteo Caratozzolo, nominato dall’Isvap (ora Ivass) e che ha concluso il suo lavoro a fine marzo scorso. Anche perché i tre fratelli avrebbero pure prelevato circa 14 milioni dalle società lussemburghesi a loro rispettivamente riferibili, ovvero Limbo, Canao e Hike.

In ogni caso gli arresti sono stati una mossa inaspettata, nonostante tutti i destinatari dei provvedimenti fossero già indagati nell’inchiesta coordinata dai procuratori torinesi Nessi e Marco Gianoglio.

Le accuse, come noto, sono falso in bilancio aggravato e manipolazione di mercato che ipotizzava da parte dei vertici diFonSai, nel frattempo passata sotto il controllo Unipol, di aver truccato la voce destinata alla cosiddetta «riserva sinistri» alterando tra il 2008 e il 2010 il bilancio della società, per poi comunicare ai mercati notizie false sui conti dell’azienda quotata in borsa, e dunque alterando il prezzo delle sue azioni. Il buco di 538 milioni nella riserva sinistri 2010 di FonSai (coperto poi daUnipol con i 900 milioni messi a disposizione con il nuovo piano industriale), secondo le indagini sarebbe stato indispensabile per mantenere in piedi l’architettura. Uno spaccato inquietante, secondo la procura. L’obiettivo, si legge nell’ordinanza del Tribunale di Torino, era evitare la diluizione di Premafin, la holding della famiglia che controllava all’epoca il 38,5% di FonSai, in conseguenza di una aumento di capitale della compagnia che sarebbe dovuto essere necessariamente superiore a quello poi effettivamente concluso a giugno 2012, pari a 450 milioni. Oltre a questo c’era la necessità di garantire continuità alla consolidata politica di investimenti immobiliari, gestite negli anni a tutto favore della famiglia, affidate al manager Antonio Talarico. Come la partita degli alberghi Atahotels, rivelatesi «di esclusivo vantaggio per i Ligresti». Lo strumento giuridico adottato, ovvero la compravendita di cosa futura, garantiva che l’opera potesse essere finanziata fin da subito con risorse del gruppoFonSai. Oltre a questo si aggiungevano clausole contrattuali prive di tutela per l’assicurazione, a fronte di inadempimenti del costruttore. Con un prezzo complessivo superiore ai valori di mercato. Così, per continuare ad operare in questo modo, nel bilancio civilistico 2010 di FonSai la riserva sinistri, ovvero le somme accantonare per far fronte ai risarcimenti degli assicurati, fu solo di 4,7 miliardi, a fronte dei 5,2 miliardi che sarebbero stati necessari, con una differenza di 538 milioni che avrebbe assorbito interamente l’aumento di capitale di 450 milioni.

Falsità e omissioni che non solo hanno alterato la presentazione della situazione economica di FonSai in occasione dell’aumento di capitale, ma hanno cagionato danni a quasi 12 mila risparmiatori, con un conto per i soci di circa 300 milioni. Del resto, già il commissario ad acta di FonSai e di Milano, Caratozzolo, a marzo scorso ha proposto azione di responsabilità per 245 milioni contro la famiglia Ligresti e gli ex manager, cui si sono associati i nuovi azionisti di Unipol. Un questione su cui si riuniranno di nuovo l’assemblea FonSai e Milano il 30 luglio per promuovere azioni di responsabilità per altri 30 milioni. Giorni in cui è atteso anche l’esito sulla fusioneUnipol e Fonsai, su cui sta lavorando l’Ivass. «Rispetteremo i termini di scadenza del procedimento», hanno fatto sapere ieri dall’istituto. Il team di esperti è a lavoro per limare gli ultimi dettagli di un documento articolato, che a fine luglio diventerà pubblico e non è escluso possa prevedere alcune condizioni, considerando che, da circa un anno, a indagare sull’operazione è anche la Procura di Milano nel cui mirino, la scorsa primavera, è finito un portafoglio degli strutturati della compagnia bolognese. La stessa Procura che sta indagando l’ex presidente Isvap Giancarlo Giannini. (riproduzione riservata)