Le compagnie di assicurazioni non si tirano indietro e sono pronte a sostenere il sistema economico italiano, con investimenti di medio-lungo termine e con finanziamenti indiretti alle piccole e medie imprese, alle prese con il credit crunch. Del resto hanno già dimostrato di credere nel Paese aumentando il loro investimento in titoli governativi italiani (oggi a 220 milioni) quando altri disinvestivano.
Insomma, l’impegno non manca e potenzialmente le assicurazioni potrebbero avere un ruolo di primo piano in questo programma considerando che, almeno sulla carta, potrebbero investire fino al 5% delle loro riserve in strumenti non quotati. Ovvero fino a 15 miliardi dei circa 300 complessivi. Basterebbe molto meno per dare una scossa importante. Al momento l’investimento delle compagnie italiane in strumenti non quotati non supera i 500 milioni, indirizzati prevalentemente verso hedge fund e private equity. Cifra che potrebbe crescere per finanziare ponti, parcheggi e autostrade o per un investimento indiretto in emissioni obbligazionarie di pmi, come i mini bond introdotti dal governo di Mario Monti che hanno cominciato a vedere la luce negli ultimi mesi. Ma non a tutti i costi. «Gli assicuratori italiani sono pronti a contribuire per non far mancare i finanziamenti all’economia reale» purché sussistano le condizioni, ha detto Minucci, «In particolare con riferimento agli investimenti in infrastrutture di interesse pubblico occorrono garanzie precise e puntuali dello Stato sui tempi di esecuzione e sulla certezza di restituzione del capitale».
Un ruolo decisivo, per sbloccare gli investimenti, potrebbe essere svolto dalla Cassa Depositi e Prestiti. Ma anche sul fronte mini bond gli assicuratori chiedono garanzie. In ogni caso il loro investimento in questi nuovi strumenti non sarebbe diretto, ma verrebbe mediato da un fondo comune che garantirebbe la diversificazione. L’altra condizione indispensabile richiesta dagli assicuratori per comprare questi nuovi strumenti è quella di una compartecipazione di primo rischio della banca o della società di rating incaricata di seguire l’emissione. Come dire, le compagnie sono pronte a investire le loro risorse e quelle degli assicurati per sostenere ancora una volta il Paese ma voglio ridurre al minimo il rischio e chiedono al governo anche benefici fiscali per i risparmiatori pronti a tenere fermi i loro risparmi nel medio lungo termine. (riproduzione riservata)