di Anna Messia
Sul tavolo ci sono progetti miliardari su cui le assicurazioni potrebbero a breve investire. Uno su tutti la Tangenziale est esterna di Milano, che ha bisogno di investitori istituzionali in grado di finanziare l’infrastruttura con un orizzonte temporale di lungo periodo e si è già candidata per fare da apripista per l’Italia. Le compagnie, del resto, sembrano molto interessate all’argomento infrastrutture se è vero che hanno chiesto all’Isvap, l’autorità di controllo del settore, di allargare le maglie per consentirgli di investire in project bond, le obbligazioni europee finalizzata a progetti infrastrutturali. A chiamarle in campo era stato per primo il decreto Salva Italia, convertito in legge a fine dicembre, che ha aperto la strada all’investimento delle assicurazioni in autostrade, ferrovie e ospedali. Ma per sbloccare le procedure e avviare le pratiche c’era bisogno di un intervento dell’Isvap che fissasse i paletti e definisse le caratteristiche degli investimenti consentiti, per non mettere a rischio la stabilità delle imprese e gli investimenti degli assicurati. La gran parte delle riserve del settore assicurativo è investita, infatti, in gestioni separate. Prodotti che, per contratto, devono riconoscere ai clienti un rendimento minimo ogni anno. I ritorni degli investimenti in infrastrutture, che per definizione nei primi anni sono improduttivi, mal si conciliano, quindi, con l’obbligo che le imprese hanno nei confronti dei propri assicurati di pagare un rendimento annuo certo. C’è quindi la necessità di calibrare bene rischi e vantaggi. Proprio tenendo conto di questi imperativi l’Isvap, nella bozza di regolamento attuativo al decreto Salva Italia, pubblicato a maggio scorso, aveva fissato al 2% la soglia massima delle riserve che le compagnie avrebbero potuto investire nei project bond. Troppo poco per le imprese che sembrano pronte a lanciarsi a capofitto in questo mercato. Tanto che l’Ania, l’associazione di settore guidata da Aldo Minucci, nelle osservazioni alla bozza inviate all’Isvap le scorse settimane, aveva chiesto all’autorità di incrementare il limite fino al 5%. Una proposta che è stata parzialmente accolta dall’istituto guidato da Giancarlo Giannini che nel regolamento definitivo, pubblicato ieri, ha alzato il limite dal 2 al 3%. Che effetto avrà questo incremento sul mercato dei project bond per le assicurazioni? Conti alla mano una soglia pari al 2% avrebbe consentito alle compagnie di staccare un assegno di circa 10 miliardi per lo sviluppo infrastrutturale del Paese. Considerando infatti che le riserve del sistema assicurativo italiano ammontano complessivamente a 500 miliardi di euro, un limite del 2% corrisponde appunto a 10 miliardi. Il passaggio al 3% potrebbe a questo punto far crescere l’impegno complessivo fino a 15 miliardi. Non poco. Anche perché c’è un altra richiesta, sempre avanzata dall’Ania nelle osservazioni alla bozza di regolamento, che è stata integralmente accolta dall’Isvap e che promette di favorire ancora lo sviluppo del mercato. Le compagnie hanno proposto all’istituto di controllo di escludere i project bond dal limite massimo del 10% previsto per gli investimenti non quotati. Insomma, questi titoli potranno avare un peso sempre più importante per le assicurazioni. «Siamo pronti a investire», in una cornice che «offra piena tutela al risparmio degli assicurati e alla stabilità delle imprese», aveva detto Minucci lo scorso 3 luglio durante l’assemblea annuale Ania rispondendo all’invito del viceministro dello Sviluppo, Claudio De Vincenti, che invitava le compagnie a «sottoscrivere project bond». Ora si aprono i giochi. (riproduzione riservata)