Profumo d’arancio tra Popolare di Milano e Credito Valtellinese. Nel nuovo piano industriale dell’era Bonomi-Montani in arrivo la prossima settimana non dovrebbe essercene traccia. Eppure, secondo quanto risulta a F&M, sia tra il management di Popolare di Milano sia tra i sindacati, che esprimono la maggior parte del consiglio di sorveglianza, si starebbe facendo strada l’idea di dare vita a una maxi Popolare grazie all’unione di intenti con il gruppo guidato da Miro Fiordi. Il progetto, tra l’altro, sarebbe sostenuto negli ambienti politici dove da anni ormai si pensa a una riforma del settore che possa portare alla nascita di Popolari dalle spalle più solide, capaci di competere anche sullo scacchiere internazionale. C’è, poi, chi fa notare che le sovrapposizioni che andrebbero a crearsi dall’unione tra Bpm – che conta 800 sportelli circa – e Creval – che ne ha 500 – sarebbero minime.
Il presidente di Piazza Meda, Andrea Bonomi, e il consigliere delegato, Piero Montani, starebbero in particolare valutando la possibilità di una operazione carta contro carta. I diretti interessati, sia in Bpm sia in Creval, frenano sul progetto (interpellati, si dicono non a conoscenza dell’operazione), che comunque negli ambienti finanziari trova più di un riscontro (anche se è difficile che si possa concretizzare entro l’anno). Tra l’altro, la possibilità sembra anche incontrare il favore dell’Associazione Amici della Bpm, che soltanto fino a un anno fa dettava praticamente legge all’interno della banca milanese e che è stata ridimensionata dopo l’insediamento al vertice del patron di Investindustrial, che tra l’altro è azionista di Bpm con una quota dell’8,6 per cento. La stessa associazione, va ricordato, potrebbe ben presto andare incontro a grandi cambiamenti. Basti pensare che a un recente convegno il segretario generale della Fisac, Agostino Megale, ha prospettato l’avvio di una nuova fase, con lo scioglimento degli Amici. Il sindacalista ha però contestualmente tracciato la strada per il futuro: riformare l’associazione, fino allo scioglimento, per poi dar vita a una nuova struttura leggera e senza privilegi, per poi rinnovare a tutti i livelli le forze e gli uomini.
Nel breve periodo, invece, il tandem di vertice di Bpm è concentrato sul nuovo piano industriale, che martedì 24 luglio sarà approvato dai consigli di gestione e di sorveglianza. Il progetto, che secondo indiscrezioni non sarebbe stato condiviso fino in fondo con il cds presieduto da Filippo Annunziata (negli ultimi tempi è stata registrata più di una tensione con il cdg presieduto da Bonomi), al pari di altri piani industriali recentemente annunciati dalle banche, dovrebbe contemplare circa 800 esuberi. Una quota pari al 10% della forza lavoro e allineata alle ultime tendenza del settore. Non solo: il nuovo piano industriale di Bpm potrebbe contemplare anche la chiusura di alcune filiali (qualche decina, con ogni probabilità quelle meno redditizie). Nel contempo, il progetto che sta per essere presentato al mercato potrebbe prevedere un trasferimento del personale dalla sede centrale milanese alle agenzie territoriali.
Ieri, intanto, Federico Maurizio d’Andrea è diventato membro del nuovo Organismo di Vigilanza della banca.