ROBERTO GIARDINA
I tedeschi sono 82 milioni, uno più uno meno. Le assicurazioni sulla vita sono 94 milioni. C’è qualcosa che non torna, o qualcuno pensa di avere sette vite come i gatti. I tedeschi sono per tradizione anche pessimisti, vedono sempre la bottiglia mezza vuota, quindi prendono precauzioni: assicurano il cane di casa, potrebbe mordere la vicina, e naturalmente anche la casa contro le inondazioni pure in montagna. Assicurano i figli che vanno all’asilo perché potrebbero prendere a calci la maestra, e si assicurano contro un eventuale divorzio, e per i guai legali. Se al volante dai del «Kretin» a quello che ti taglia la strada, lui ti querela. C’è l’assicurazione per le eventuali cause, attive o passive, e c’è l’assicurazione contro la pioggia durante le vacanze.Gli assicuratori ne approfittano. Una mia amica, diciamo oltre la settantina, non riusciva a districarsi tra le polizze offerte dalla sua banca, che lei aveva firmato con cieca fiducia. Aveva sottoscritto tre diverse assicurazioni sulla vita, da capitalizzare su trent’anni, con beneficiari i figli. I rampolli, avrebbero ricevuto la somma pattuita quando sarebbero stati dei vegliardi, e comunque sempre inferiore a quella che avrebbero avuto se la madre avesse investito in un normale fondo risparmio, senza le spese legate a un’assicurazione. Si è liberata dal capestro pagando ovviamente una penale. Le somme investite in una polizza vita aumentano di anno in anno, da 13 miliardi di euro nel 1980 a 61 nel Duemila, a 87 miliardi nel 2010. Nel complesso, si calcola che le compagnie di assicurazioni abbiano in cassa 742 miliardi di euro, quanto basterebbe per salvare la Grecia. Il governo si chiede come venga gestita questa montagna di denaro, e dove sia finita. Il ministero delle finanze ha cominciato a indagare su 1.900 filiali di banche, 700 agenzie d’investimento, e su 600 compagnie di assicurazione. Ma sarà difficile avere un quadro chiaro. Banche e compagnie d’assicurazione sono legate da un intrico di rapporti incrociati che sfugge a ogni controllo. Logicamente il denaro deve essere investito per coprire il rischio, in modo redditizio e allo stesso tempo sicuro, per non perdere il capitale dei clienti. Questo è normale, ma il capitale gestito è di tali dimensioni da indurre in tentazione. La Allianz, ad esempio, che è la compagnia d’assicurazione più grande, legata alla Deutsche Bank, a sua volta la banca più ricca della Germania, ha in cassaforte, grazie alle assicurazioni sulla vita, oltre 145 miliardi di euro, versati da dieci milioni di clienti. Un buon terzo, il 35%, è investito in azioni, una percentuale troppo elevata per stessa ammissione di Bernard Mertens, 67 anni, cui è affidata come fiduciario la supervisione del settore. «Sarebbe più ragionevole una quota del 10%», ha dichiarato alla Berliner Zeitung. Con 90 miliardi, alle quotazioni attuali, la Allianz potrebbe comprarsi un colosso come la Volkswagen. Sempre nell’interesse di quanti con una polizza vogliono garantirsi una vecchiaia serena, o lasciare qualcosa ai figli in caso di disgrazia? Le azioni rendono di più, ma sono meno sicure, «Rendita e sicurezza non vanno sempre d’accordo», è il saggio consiglio di Herr Martens, che non ha diritto di sindacare se si acquistano obbligazioni greche, o una compagnia per l’energia solare. Forse escogiteranno un’assicurazione per coprire il rischio che si sia mal assicurati. © Riproduzione riservata