La trasposizione della direttiva intermediari nel diritto tedesco è entrata in vigore cinque anni fa e da allora gli intermediari sono vincolati, come accade in tutti i paesi aderenti, alla registrazione in un apposito registro che deve permettere il controllo e la tutela del consumatore. In Germania è stato una vera svolta, non esistendo in precedenza una vera e propria regolamentazione in materia.
Tanto è vero che non sono di certo mancati gli abusi nell’esercizio della professione.
Prima dell’istituzione dell’obbligo alla registrazione, si ipotizzava che il numero di broker in Germania fosse di circa 7.000. A gran sorpresa si sono registrati nel primo anno circa 23.000 broker e ora sono quasi a 45.000. A cosa è dovuto questo gap?
In parte la cosa è dovuta al fatto che anche i collaboratori indipendenti dei broker e delle società di consulenza finanziaria devono essere registrati come broker.
Sembra inoltre che molti agenti di assicurazione, cui viene tolto il mandato, si registrino in seguito come broker, poco importa se poi questi agiranno come broker, collaborando con più compagnie, oppure no.
Tale caratteristica non rientra nel controllo per la concessione dell’autorizzazione.
La critica che viene sollevata è quindi se questo professionista che si definisce broker e che si presenta come tale al cliente ignaro sia in grado di fornire un’adeguata consulenza all’assicurato, che comprenda una vasta panoramica di quanto offre il mercato, una vera indipendenza e non solo.
A questo proposito, la Fachhochschule di Dortmund ha pubblicato i risultati di uno studio: appena la metà dei broker registrati si è potuta identificare tramite il sito internet, il telefono o elenchi di categoria. In poche parole molti di essi non hanno nemmeno una struttura commerciale.
Quanto compare nel registro degli intermediari, ovvero il nome, l’indirizzo, la data di nascita e il numero di registro alla fine non fornisce valore aggiunto che permetta una maggior tutela del consumatore, ma dall’altra parte è fonte di costi e gravami amministrativi, che alla fine pesano sempre sul consumatore.
In sostanza la registrazione del broker come tale è un fatto più che altro formale, dato che poi non viene verificato se davvero il broker collabora con più compagnie e piazza i rischi in direzioni diverse. Un significativo numero di broker sarebbe quindi broker a metà e il consumatore sarebbe più spesso indotto in errore e confusione.
La prossima revisione della direttiva sull’intermediazione dovrebbe essere l’occasione per dissipare questi problemi di poca trasparenza e chiarezza, come soprattutto dovrebbe essere occasione per raffinare i requisiti della concessione delle licenze ad operare, perché un paese economicamente forte come la Germania non si può permettere broker amatoriali o “mezzi broker”, deve potersi affidare a professionisti seri.