di Anna Messia
Per le compagnie di assicurazione italiane lo scenario peggiore immaginato solo qualche settimana fa dalle autorità di controllo europee negli stress test è già diventato dura realtà. Almeno sul fronte della crescita dei tassi governativi: il picco toccato ieri in giornata dello spread tra il Btp decennale e il corrispettivo Bund tedesco, pari a 338 punti, è infatti esattamente la situazione di tensione che avevano ipotizzato all’Eiopa (l’Isvap europea) come prova accessoria agli stress test per verificare la tenuta dei bilanci delle compagnie in caso di difficoltà dei governi. Per l’Italia si ipotizzava infatti un peggioramento degli spread di 136,5 punti rispetto ai circa 200 punti che era la situazione di partenza di dicembre dello scorso anno. Insomma, esattamente quanto raggiunto ieri dai Btp, nonostante l’Italia fosse tra i Paesi europei sottoposti dall’Eiopa a un esame più rigoroso, subito dopo la Spagna. Quali sono ora i pericoli per il settore? La situazione, almeno per ora, non appare allarmante. La stessa Isvap in occasione della presentazione degli stress test aveva sottolineato la tenuta delle assicurazioni italiane anche agli scenari peggiori. Ma i rischi non mancano. I buoni del debito pubblico italiano sono infatti l’investimento più diffuso nei portafogli delle compagnie italiane che in media detengono più del 50% in titoli di Stato italiani. Secondo recenti rilevazioni di Banca Leonardo, per esempio, Fondiaria-Sai ha circa 14 miliardi di esposizione in governativi italiani, pari al 54% degli investimenti. Mentre per Generali si sale addirittura a 47 miliardi, che rappresentano il 15% del totale. Titoli che tradizionalmente le compagnie acquistano per dare stabilità al portafoglio per il loro basso rischio, ma che ora si sono rivelati fonte inattesa di preoccupazione. La situazione potrebbe addirittura esplodere se la raccolta netta delle polizze Vita dovesse diventare negativa; ovvero se i risparmiatori cominciassero a chiedere riscatti anticipati delle proprie polizze Vita senza essere sostituiti da nuovi clienti. In questo caso le compagnie sarebbero costrette a liquidare gli investimenti che hanno oggi in Bot e Btp nelle proprie gestioni (che valgono molto meno dopo la crescita degli spread) e quindi a contabilizzare le perdite. Una situazione di allarme rosso che non è solo un’ipotesi di scuola. Già nel 2008, annus horribilis per il settore, si era presentata una circostanza analoga quando, per il secondo anno consecutivo, i riscatti avevano superato le nuove entrate per premi rappresentandone il 116%. E nell’ottobre di quello stesso anno il saldo tra minusvalenze e plusvalenze latenti negli investimenti delle imprese, in conseguenza del crollo dei mercati azionari, aveva toccato il picco negativo di 10 miliardi di euro. Una situazione ad altissimo rischio, che aveva costretto molte compagnie a realizzare operazioni di aumento del capitale su sollecitazione della stessa Isvap. Oggi la situazione sembra più gestibile anche se non ci sono ancora informazioni dettagliate: l’ultimo dato diffuso da Isvap sul saldo tra minus e plusvalenze risale allo scorso maggio quando era positivo per un miliardo. Ma una fotografia aggiornata, dopo la tempesta sui Btp, mostrerebbe di certo un saldo negativo. Sul fronte della raccolta Vita, poi, non ci sono i riscatti che avevano allarmato il settore nel 2008. Anche se, ormai da mesi, il sistema sta registrando una netta frenata nella nuova raccolta. I pericoli, insomma, ci sono e gli analisti se ne sono accorti: ieri Goldman Sachs ha tagliato il target price di Fondiaria-Sai da 4.04 a 2.5 euro e il prezzo obiettivo di Unipol da 0,6 a 0,4 euro. (riproduzione riservata)