?I prodotti più colpiti sono gli obbligazionari e la liquidità. Ma l’aumento del bollo sui conti-titoli previsto dalla manovra finanziaria potrebbe dare un po’ di ossigeno al settore favorendo i monetari rispetto al Bot
ll dato, benché ancora parziale, è allarmante: a giugno l’industria dei fondi comuni in Italia ha perso altri 3,1 miliardi di euro. Un deflusso pesante, che si aggiunge agli altri pesanti riscatti che il settore del risparmio gestito sta subendo dall’inizio dell’anno. Secondo i dati raccolti finora da Assogestioni (l’associazione che rappresenta l’industria del gestito), nel primo semestre il bilancio di fondi e sicav è stato negativo per oltre 10 miliardi di euro.
Anche in questo caso si tratta di un resoconto ancora parziale, perché i dati mensili forniti da Assogestioni, come quello comunicato ieri sulla raccolta di giugno, non comprendono buona parte dei fondi esteri gestiti da intermediari esteri, che in genere riescono a ottenere buoni risultati e a risollevare, almeno parzialmente, il bilancio definitivo. I dati provvisori del primo trimestre, per esempio, avevano registrato un deflusso netto di oltre 6,4 miliardi, che si è però ridotto a poco più di 3 miliardi quando la raccolta è stata corretta aggiungendo i numeri dei fondi esteri. Per avere contezza di quanto sia profonda la crisi del settore bisogna quindi attendere il dato definitivo del secondo trimestre. Quel che è certo, comunque, è che di crisi si tratta. A giugno, in particolare, i prodotti più colpiti dai riscatti sono stati i fondi di liquidità e gli obbligazionari, che hanno perso 1 miliardo a testa. Ma di fatto nessuna categoria è riuscita a portare a casa il segno positivo. Mentre tra le società di gestione il bilancio peggiore è stato di Bnp Paribas, che ha perso circa 620 milioni, seguito da quello del gruppo Intesa Sanpaolo, che registrato un deflusso netto di circa 566 milioni. Le società di gestione si trovano insomma in evidente difficoltà considerando che le banche, ossia i principali soggetti collocatori di fondi, sembrano sempre più propense a vendere altri prodotti (specie obbligazioni) a danno di fondi e sicav.
Per il settore, però, ci sono anche notizie positive: dal primo luglio, come noto, i fondi italiani hanno ottenuto il passaggio dalla tassazione sul maturato a quella sul realizzato, eliminando le penalizzazioni che i prodotti di diritto italiano avevano subito finora rispetto ai fondi di diritto estero. Si tratta di un intervento che l’industria chiedeva da anni e che porterà certamente benefici, anche se non nel brevissimo termine. C’è poi un altro elemento che, se correttamente interpretato, potrebbe consentire all’industria del gestito di sollevare un po’ la testa: la manovra finanziaria appena messa a punto dal governo ha previsto che l’imposta di bollo sui conti-titoli salga da 34 a 120 euro, fino ad arrivare a 150 euro dal 2013. E l’importo è maggiorato a 380 euro per i depositi superiori a 50 mila euro. Si tratta di un intervento che potrebbe spingere qualche risparmiatore a liquidare Bot e azioni per trasferire i risparmi verso i fondi comuni, che non richiedono obbligatoriamente l’apertura di un conto titoli. Insomma, la manovra potrebbe aver lanciato ai gestori un salvagente rendendo per esempio più conveniente l’acquisto di un fondo di liquidità rispetto a un semplice Bot, finora meno costoso in termini di commissioni. (riproduzione riservata)