Il decreto non risparmia i Bot people Il carico fiscale può anche raddoppiare Stangata Irap su banche e compagnie
di Andrea Bassi
I giorni sono praticamente gli stessi. Era l’11 luglio del 1992 quando Giuliano Amato, con una mossa a sorpresa, decise di tassare nottetempo e retroattivamente i conti correnti degli italiani imponendo un prelievo forzoso del 6 per mille. Diciannove anni dopo, per far quadrare i conti, il governo prova a rimettere le mani sui risparmi. Stavolta a essere tassati non sono i conti correnti, ma i depositi titoli, quelli cioè, dove i risparmiatori conservano azioni e obbligazioni, ma anche Bot, Cct, Btp e quote di fondi comuni d’investimento. Su quei depositi, insomma, è ferma buona parte della ricchezza delle famiglie. Secondo gli ultimi dati contenuti nella relazione annuale di Bankitalia ci sono 188 miliardi di titoli di Stato, 243 miliardi di quote di fondi comuni, 755 miliardi di azioni e altre partecipazioni su quei conti. E la nuova tassazione peserà eccome. Il costo del bollo annuale sul deposito titoli, infatti, passerà da 34,20 euro a 120 euro. Poi nel 2013 salirà fino a 150 euro per i depositi con una giacenza sotto i 50 mila euro e addirittura a 380 euro per quelli con giacenza superiore. Una tassa non progressiva che rischia di penalizzare soprattutto i piccoli risparmiatori. Il deposito medio, per fare un esempio, è di 25 mila euro. Se fosse investito annualmente in Bot che danno un rendimento lordo del 2%, frutterebbe 500 euro. Poi andrebbe sottratta l’aliquota del 12,5% sul rendimento, ossia 62,5 euro. A questa andrebbe sommato ancora il bollo. Il carico fiscale complessivo sale così di 96,7 euro (62,5 di tassa sulle rendite e 34,2 di bollo), con un tax rate del 19,3%; a regime, con il bollo a 150 euro, il carico fiscale arriverebbe a 212,5 euro, con un tax rate del 42,5%. Ma se chi ha investito in Bot potrebbe riuscire a liquidare in tempo l’investimento e chiudere il conto titoli, chi ha comprato Btp potrebbe avere maggiori difficoltà, a meno di non voler rischiare una perdita in conto capitale. A essere penalizzati non saranno solo i Bot people, ma anche i più numerosi risparmiatori che investono in fondi comuni d’investimento e che, comunque, sono obbligati ad avere il conto titoli. Quali prodotti diventeranno allora più competitivi? Certamente il risparmio postale. I buoni emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti, anche se dematerializzati, non hanno necessità di essere appoggiati a un conto titoli, basta anche un semplice (e gratuito) libretto postale. Le banche, dal canto loro, molto probabilmente spingeranno su altri strumenti, come i pronti contro termine. A trarre vantaggio dalla manovra, poi, potrebbero essere anche le banche on line, quelle che offrono rendimenti elevati dietro l’impegno del correntista a tenere bloccati i fondi per un periodo determinato di tempo. Se l’aumento del bollo sul conto titoli colpirà direttamente i risparmiatori, nel decreto c’è anche una stangatina per banche e assicurazioni. Archiviata la tassa sugli utili da trading, il governo ha deciso di aumentare direttamente l’aliquota Irap per istituti di credito e compagnie. Quella delle banche passerà dal 3,9% al 4,65%, mentre quella per le assicurazioni salirà fino al 5,9%. Il doppio aumento dovrebbe portare nelle casse dello Stato circa 300 milioni, egualmente ripartiti tra istituti e compagnie. Il motivo è che l’Irap pesa molto di più sul settore creditizio che su quello assicurativo, a causa della maggior incidenza sul primo del costo del lavoro. Intanto ieri il testo del decreto è stato trasmesso al Quirinale. Il Colle, con una nota, ha fatto sapere che l’esame della manovra sarà, come sempre, attento e rigoroso. Dunque ci vorrà ancora qualche giorno prima della firma da parte di Giorgio Napolitano. Il Quirinale avrebbe comunque posto l’attenzione soprattutto sulla norma salva-Mondadori, inserita nel testo all’ultimo minuto (vedere articolo a pagina 4). (riproduzione riservata)