Impossibile assicurarsi contro il rischio debito sovrano. Anche i colossi delle polizze non sfuggono alla tragedia greca. Sono seduti su una montagna di titoli di Stato, diventati una vera bomba ad orologeria. Se le francesi e le tedesche sono esposte verso Atene rispettivamente per 9 e 3,5 miliardi di euro, le italiane si piazzano al secondo posto con 4 miliardi. Lo ha denunciato il Wall Street Journal. E gli analisti annuiscono. A parte Mediolanum, che si è lasciata allettare dalla Spagna e ha in tasca parecchi Bonos, Generali, FonSai & Co hanno in pancia soprattutto bond tricolori. Se lo spauracchio default dovesse diventare realtà, per loro significa una sola cosa: perdite. Stress test e aumento dell’Irap fanno poi il resto. Per gli esperti di mercato interpellati da Borsa&Finanza niente è perduto. Occorre solo agire con prudenza, è il leit motiv che va per la maggiore. Facendo selezione.
L’EFFETTO DOMINO. Lo spettro di una Lehman Brothers sulle sponde dell’Egeo si aggira per l’Europa. È soprattutto l’effetto dominio a fare paura. Lo sanno bene le compagnie assicurative, su cui per colpa dei bond governativi si è accesa la spia rossa, anche se per il momento hanno dato prova di nervi saldi. Se lo Stoxx Insurance Europe da inizio anno segna un saldo positivo con un +4,78%, per il Ftse Italia Insurance il bottino è più magro: parla di un -6,46%, leggermente peggio dell’indice di riferimento della Borsa di Milano. Il motivo? «La gestione finanziaria delle compagnie è storicamente molto prudente – ha scritto Sergio Ciaramella di Banca Imi in un recente report – la maggior parte dei loro investimenti è per quasi l’85% in reddito fisso, di cui l’80% in titoli di Stato. Considerando che le italiane investono su bond italiani, i problemi che riguardano il debito greco, irlandese, portoghese non porteranno a situazioni di criticità esasperate. Tutte hanno tra l’altro superato gli stress test, quindi la situazione è sotto controllo».
LE ITALIANE SOTTO ESAME. Dai risultati comunicati dall’Eiopa, l’autorità europea che vigilia sulle assicurazioni, è, infatti, emerso che solo il 10% delle compagnie esaminate non raggiungerebbe i requisiti minimi di capitale previsti da Solvency II in presenza di uno scenario avverso. Nessuna italiana sarebbe sul libro nero. «I titoli di Stato sono però oggetto di analisi da parte delle agenzie di rating per eventuali downgrade. Un peggioramento dell’affidabilità degli Stati sovrani avrebbe un impatto negativo sui margini di solvibilità. Detto questo, prudenza», consiglia Francesco Messina, responsabile azionario di Bnp Paribas. A Trieste le avvisaglie di una nuova tempesta fanno meno paura rispetto ad altre compagnie nazionali secondo gli esperti di mercato. «Generali ha una diversificazione territoriale tale da garantirle un andamento meno diretto con l’economia domestica, ha un’operatività in tutta Europa rispetto a Unipol che, operando solo in Italia, ha un destino strettissimo con le sorti delle economia del Paese», riprende Ciaramella, che incorona il Leone best pick con target di 17,30 euro. Una visione condivisa da Andy Broadfield di Barclays Capital, convinto che la compagnia triestina possa arrivare fino a 18,3 euro. «Generali ha una posizione di capitale più che adeguata, un business model valido basato su prodotti a premio annuo che gli permettono di sfuggire alle fluttuazioni del mercato e un modello di distribuzione vincente». Sulle altre compagnie italiane entrambi gli analisi alzano bandiera bianca. Per Ciaramella, Mediolanum offre qualche spunto grazie alla maggiore capacità di resistere agli scivoloni di mercato, per il resto cautela. Fondiaria Sai, Milano Assicurazioni e Unipol non convincono l’analista inglese, nonostante la cura ricapitalizzazione, mentre Mediolanum «ha le prospettive di crescita già prezzate nel titolo». Si sbilancia di più Atanasio Pantarrotas di Cheuvreux secondo cui «un fallimento di uno Stato europeo avrebbe conseguenze molto forti sul comparto assicurativo, Generali inclusa». Il motivo? «In un momento di scenario sfavorevole anche il Leone potrebbe dover affrontare aumento di capitale». A suo avviso «la combinazione di elementi quali una normativa di Solvency 2 più stringente del previsto e una débâcle dei mercati che potrebbe portare a un allargamento degli spread della periferia e degli stessi governativi italiani, condannerebbero la compagnia». «Generali ha una esposizione più diversificata, ma ha in tasca 50 miliardi di bond italiani, pari a tre volte il suo patrimonio», puntualizza. PROSPETTIVE. Anche per chi l’aumento di capitale l’ha già fatto (FonSai e Milano) «la capitalizzazione resta ancora debole», sentenzia Pantarrotas, che non esclude anche per loro un nuovo aumento. Niente da fare neanche per Unipol, su cui pende come una spada di Damocle un miliardo e mezzo di dubbi netti, «un dato più alto della capitalizzazione, che suggerisce cautela, nonostante la forte discesa del titolo». Tutto a tinte fosche, quindi? Non proprio, come osserva Luigi Dompè, gestore del fondo azionario Prima Geo Italia «se la crisi del debito ha incrementato il profilo di rischio in titoli assicurativi, vanno però tenuti presenti tre elementi: le valutazioni depresse; il miglioramento del ramo danni e un graduale incremento dei tassi che dovrebbe migliorare la redditività del ramo vita. Ecco allora che le prospettive del settore restano interessanti». Grecia e Portogallo permettendo.