Anche con l’attuazione della delega su Fisco e assistenza si dovranno recuperare i soldi per il pareggio di bilancio In caso contrario scatterà un taglio lineare del 15% su tutti i 160 mld di sgravi. Tremonti correggerà la patrimoniale 

di Andrea Bassi e Roberto Sommella

Il decreto lacrime e sangue firmato ieri da Giorgio Napolitano non basta. Per centrare il pareggio di bilancio nel 2014 servono altri 17 miliardi di euro. Soldi che dovranno arrivare dall’attuazione della delega per la riforma fiscale e assistenziale che il governo ha deciso di collegare alla manovra.

A spiegarlo è stato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti che ieri ha illustrato la manovra alla stampa. Gli anni sui quali la correzione dei conti dovrà essere più sostanziosa sono il 2013 e il 2014. L’attuale decreto legge prevede una correzione dei conti per il 2013 di 18 miliardi di euro circa. L’attuazione della delega fiscale ne dovrà aggiungere altri due. Il conto per il 2014 sarà ancora più salato. La manovra appena pubblicata in Gazzetta Ufficiale quantifica l’effetto sull’indebitamento in 25,3 miliardi. La riforma del fisco e quella dell’assistenza dovranno dare un contributo di altri 15 miliardi. Il totale al 2014, insomma, fa 40,3 miliardi. Esattamente la cifra che permette il raggiungimento del pareggio di bilancio promesso ai mercati e alla Commissione Europea. Del resto, proprio ieri, lo stesso presidente della Repubblica ha spiegato con una nota, che il decreto da solo non sarebbe bastato a centrare il pareggio nel 2014. Il problema, tuttavia, è un altro: cosa succede (come spesso accade) se la delega non sarà attuata? Come farà il Tesoro a recuperare quei 17 miliardi necessari al pareggio? Qui sta la grande novità.

Tremonti ha spiegato che con la legge di stabilità che sarà approvata ad ottobre (ma la norma potrebbe anche essere anticipata con un emendamento al decreto), sarà introdotta una clausola di salvaguardia. Un codicillo molto semplice, che dirà che se la delega fiscale non sarà attuata, allora tutte le agevolazioni fiscali saranno tagliate del 15%. Insomma, le oltre 470 voci di riduzione d’imposta che valgono circa 160 miliardi di euro saranno ridotte complessivamente di 24 miliardi. Detto in termini diversi, significa che le tasse pagate dagli italiani aumenteranno dello stesso importo. Tra le principali voci di agevolazione fiscale (si veda anche tabella pubblicata in pagina), ci sono per esempio, le detrazioni sui redditi da lavoro dipendente, da pensione e da lavoro autonomo. Da sole valgono circa 43 miliardi di euro. Una sforbiciata del 15% su questa voce si farebbe sentire immediatamente nelle buste paga e sulle pensioni dei lavoratori. Ma l’elenco è lungo. Dentro c’è anche l’Iva agevolata, le detrazioni per i familiari a carico, il cuneo fiscale per le imprese, la detrazione del 36% per le ristrutturazioni e quella del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici, le deduzioni sui mutui per l’acquisto della prima casa.

 

Su quest’ultima norma per fortuna qualche spiraglio si aprirà. La batosta da oltre 8 miliardi che si abbatterà su tutti i conti di deposito titoli dovrebbe essere corretta in corsa in modo da renderla meno regressiva, in quanto nella versione firmata dal Capo dello Stato, la misura che impone una tantum su tutti i conti non risponde pienamente al requisito costituzionale della progressività dell’imposta e farà pagare di più a chi a meno Bot e Btp nel portafoglio. La notizia che il ministro dell’Economia sta vagliando come intervenire è stata anticipata a MF-Milano Finanza da autorevoli fonti di Via XX Settembre e dovrebbe placare le aspre polemiche scoppiate in queste ultime ore sulla norma stanga Bot-people. È stato il segretario dell’Udc, Pierferdinando Casini, ad accendere ieri le polveri. «La tassa sui depositi sui titoli è una vera e propria imposta patrimoniale regressiva che colpisce e penalizza in particolare i piccoli risparmiatori», ha detto, «noi non siamo il partito del no, ci rendiamo conto della situazione economica e facciamo dunque una proposta alternativa: se proprio bisogna introdurla, lo si faccia in misura proporzionale al valore dei titoli del portafoglio». E probabilmente la soluzione che prospetta il leader centrista potrebbe essere quella giusta, viste anche le perplessità manifestate dagli stessi uffici giuridici del Colle.

Su un punto Tremonti tuttavia non transige. I saldi dovranno essere rispettati. Non semplice, considerando che l’incremento dell’imposta da bollo sui conti-titoli a 120 euro per gli anni 2011 e 2012 e a 150 euro a regime (380 euro per i depositi con valore superiore a 50 mila euro) porterà un incremento di gettito di 721 milioni per l’anno in corso, di 1,3 miliardi per il 2012, di 3,6 miliardi per il 2013, per poi stabilizzarsi a 2,4 miliardi dal 2014 in poi. Ma il nodo da sciogliere è la scarsa progressività della misura che rischia di penalizzare anche le emissioni di titoli di Stato.

Un altro spiraglio, poi, si dovrebbe aprire su un’altra norma della manovra che ha suscitato vibrate proteste, ossia quella del blocco parziale dell’adeguamento delle pensioni superiori a tre volte il minimo. Una rivalutazione che il decreto appena pubblicato blocca al 45% (per quelle superiori a cinque volte il minimo il blocco è invece totale). Ad aprire ad un ammorbidimento è stato ieri direttamente il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. (riproduzione riservata)


L’unico modo per sfuggire all’aumento generalizzato delle tasse, dunque, è attuare la delega fiscale. Ma soprattutto assistenziale, perché è da quel capitolo che Tremonti si aspetta di reperire le risorse necessarie al pareggio di bilancio e persino per il finanziamento del taglio delle tasse (la delega prevede sole tre aliquote, una al 20%, una al 30% e una al 40%). «Per il bene del Paese», ha spiegato il ministro, «bisogna fare questa riforma.

Se nel 2013 si va a votare», ha anche aggiunto, «noi ci presenteremo con questa delega, ma chiunque si presenti deve garantire le stesse cifre previste dalla delega». L’idea del governo, dunque, è agire con tagli soprattutto sul sistema assistenziale. Tremonti ha spiegato che, per capire chi effettivamente ha diritto ad essere aiutato dallo Stato, sarà introdotto un Isee (indice sintetico della situazione economica) su base nazionale. Il modello dovrebbe essere quello del Trentino-Alto Adige. Il sistema, poi, sarà basato su tre gambe: Inps, enti locali e sussidiarietà del terzo settore. Verranno cancellate tutte le sovrapposizioni tra Fisco e Inps. Se questo sistema non funzionerà, nel senso che non garantirà i risparmi necessari al pareggio di bilancio, allora scatterà la clausola di salvaguardia. La legittimazione ad intervenire con la falce sul sistema assistenziale, ha spiegato Tremonti, deriva anche dal fatto che a ricevere gli aiuti non sono sempre e solo i bisognosi. Il ministro ha anche citato l’esempio delle pensioni di invalidità. In pochi anni la spesa per lo Stato è passata da 6 miliardi a 16 miliardi di euro, senza che in Italia fossero però avvenuti stravolgimenti sociali tali da giustificare questo scatto.

 La delega fiscale, secondo le previsioni di Tremonti, dovrebbe essere approvata entro il 2012. Poi si passerà ai decreti attuativi. Il primo modulo potrebbe riguardare proprio l’armonizzazione al 20% della tassazione sulle rendite finanziarie, una mossa che permetterebbe di raggranellare immediatamente i 2 miliardi di euro che proprio la delega deve garantire nel 2013 al bilancio dello Stato. Una misura che, tuttavia, rischia a questo punto di colpire ancora più duramente il risparmio già fortemente penalizzato con il decreto con l’introduzione della patrimoniale attraverso la tassazione dei conti titoli.