Pagina a cura di Daniele Cirioli  

La pensione di fa sempre più lontana. Vecchiaia: dal 2032 tutti, uomini e donne, pubblici e privati, matureranno il diritto alla pensione dopo i 65 anni e 3 mesi (c’è da aggiungere la speranza di vita), anche se per l’effettiva decorrenza della pensione dovranno poi aspettare ancora un altro anno, o un anno e mezzo se lavoratori autonomi. A quell’epoca, che è la stessa situazione del 2014, i lavoratori dipendenti matureranno la pensione di anzianità a 61 anni e 3 mesi (più la speranza di vita) e i lavoratori autonomi un anno più tardi. Ma entrambe le categorie di lavoratori dovranno attendere dell’altro tempo per vedersi liquidare il primo assegno di pensione: un anno i dipendenti, 18 mesi gli autonomi. Va peggio (per modo di dire) chi ha iniziato a lavorare prima e raggiunge i fatidici 40 anni di contribuzione, cioè il massimo di lavoro che consente di maturare il diritto alla pensione a prescindere dall’età.

Per loro, infatti, la finestra di decorrenza della pensione si sarà intanto allungata a 15 mesi se dipendenti e a 21 mesi se automi, il che significa andare in pensione dopo aver lavorato 41 anni e 3 mesi (dipendenti) ovvero 41 anni 9 mesi (autonomi).

 

Le novità in pillole. Ad allungare tempi di pensionamento ci pensano tre diversi interventi. Il primo riguarda l’età per la pensione di vecchiaia delle donne del settore privato. Una novità che, tuttavia, farà sentire gli effetti solo a partire dall’anno 2020 da quando, cioè, è prevista la tabella di marcia che, di mese in mese, porterà dal 2032 il requisito di età a 65 anni, come gli uomini e le donne del pubblico impiego (sarà sicuramente più alto, almeno 65 anni e 3 mesi, per effetto della speranza di vita).

La seconda novità riguarda la speranza di vita, ossia il meccanismo di adeguamento automatico dei requisiti di età per la pensione all’incremento della speranza di vita. La novità è l’anticipo al 2013 dell’operatività di tale automatismo. Infine, ultima novità colpisce il tabù dei 40 anni: chi li maturerà dovrà aspettare (e lavorare) qualche mese in più prima di andare in pensione, dal 2013 due mesi e a partire dal 2014 tre mesi in più.

Anche in tal caso dunque l’effetto è «elevare» indirettamente il momento di accesso e decorrenza della pensione.

E con cura certosina si evita di raccontare la realtà, eludendo il diretto ritocco dei requisiti per il diritto alla pensione.

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