Risk management persone
Come gestire adeguatamente l’integrazione di periodi di contribuzione non in costanza di attività lavorativa, valutando gli aspetti di convenienza in ottica quantitativa
Parte seconda
Autori: Alberto Cauzzi e Silvin Pashaj
ASSINEWS 222 – Luglio Agosto 2011
Riprendiamo il nostro discorso sul tema dei riscatti evidenziando ora le altre tipologie di contribuzione riscattabile e addentrandoci conseguentemente negli aspetti tecnici-valutativi dell’onere da riscatto, così da completare esaurientemente il quadro della tematica in oggetto.
Astensione per maternità e paternità
È possibile richiedere il riscatto per l’astensione facoltativa (o congedo parentale), oltre i primi 6 mesi (primi mesi che sono accreditati come contribuzione effettiva) e entro gli otto anni di vita del bambino, fruita per un massimo di 11 mesi dai due genitori. Il lavoratore deve essere in possesso, alla data di presentazione della domanda, di almeno cinque anni di contribuzione obbligatoria versata. Il riscatto dei periodi di astensione facoltativa, come nei casi precedentemente descritti, può essere richiesto anche dai superstiti del dante causa, in un periodo successivo.
Il riscatto di questi periodi è a totale carico del richiedente ed è calcolato con le stesse modalità previste per le altre tipologie di riscatto.
N.B.: dal 1° gennaio 1994 non è possibile cumulare i periodi di riscatto del corso legale di laurea con il riscatto dei periodi di astensione facoltativa per la maternità fuori dal rapporto di lavoro. Pertanto, da tale data, la facoltà di riscatto dell’assenza facoltativa è alternativa a quella di riscatto della laurea.
Nota:
conviene non confondere il periodo riscattabile con il periodo di astensione obbligatoria della puerpuera. Questo periodo di 6 mesi è accreditato figurativamente dall’ente, cioè nulla è dovuto dalla lavoratrice ed il periodo è a tutti gli effetti valido ai fini contributivi. Inoltre i periodi di astensione obbligatoria per gravidanza sono accreditabili anche al di fuori del rapporto di lavoro se la lavoratrice risulta in possesso, alla data di presentazione della domanda, di almeno 5 anni di contribuzione obbligatoria versata per lo svolgimento di un’effettiva attività lavorativa.
Congedi per motivi di famiglia e/o formazione
Occorre inoltre precisare che i dipendenti pubblici e privati hanno diritto ad un periodo di congedo continuativo o frazionato, non superiore a due anni, per gravi e documentati motivi di famiglia. Durante questi periodi il dipendente conserva il
posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo non viene calcolato ne nell’anzianità di servizio, ne ai fini previdenziali. Il lavoratore può presentare domanda successivamente all’INPS per il riscatto di tali periodi o anticipatamente e versare i relativi contributi volontari. La facoltà di riscatto dei periodi di congedo per motivi di famiglia è estesa anche ai periodi anteriori al 31 dicembre 1996.
Il lavoratore in possesso di un’anzianità di servizio di almeno cinque anni presso la stessa azienda (pubblica o privata) o amministrazione, può fruire di un periodo di congedo per la formazione non superiore a undici mesi, continuativo o frazionato, nell’arco dell’intera vita lavorativa. Durante il congedo il lavoratore conserva il posto, ma non ha diritto ad alcuna retribuzione ne è coperto da qualsivoglia tipologia di contribuzione. Il lavoratore può presentare domanda all’Inps per il riscatto di tali periodi o versare i relativi contributi calcolati secondo i criteri della contribuzione volontaria, come nel caso precedentemente trattato.
Altri congedi
Sono riscattabili tutti i periodi di congedo chiesti per:
• il completamento della scuola dell’obbligo;
• conseguire un titolo di studio di secondo grado;
• conseguire un diploma universitario o di laurea;
• partecipare ad attività formative diverse da quelle attuate o finanziate dal datore di lavoro.
Il lavoratore può interrompere o sospendere l’attività lavorativa se previsto da una specifica disposizione di legge o contrattuale. Per questi periodi, con decorrenza successiva al 1996, può essere chiesto il riscatto per la durata massima di tre anni. In alternativa, i lavoratori possono chiedere di essere autorizzati alla prosecuzione volontaria.
Lavoro parasubordinato
I lavoratori parasubordinati hanno la possibilità di riscattare i periodi di lavoro svolti per collaborazioni coordinate e continuative, anteriormente all’istituzione della gestione separata (gennaio 1996), momento di partenza della contribuzione obbligatoria all’ente, istituito con la finanziaria 1996 (riforma Dini).
Per poter disporre dei requisiti di attuazione del riscatto il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa deve risultare da documenti con ‘data certa’ (contratti, scritture private, documenti accertanti il pagamento con causale certa, etc.). L’onere di riscatto, come negli altri casi, è interamente a carico del richiedente. È possibile riscattare fino ad un massimo di cinque anni, se per tali periodi non risulta alcuna forma di copertura contributiva ulteriore.
L’importo dovuto in questa casistica è calcolato dall’Inps sulla base dei compensi percepiti nei periodi oggetto del riscatto e rivalutato applicando la variazione dell’indice ISTAT. L’INPS invia, al domicilio del richiedente, un bollettino di conto corrente postale e la comunicazione della somma da pagare entro 60 giorni. Il pagamento può essere effettuato in un’unica soluzione oppure rateizzato per un massimo di 5 anni (60 rate mensili di importo uguale). Se non è possibile dimostrare l’ammontare dei compensi percepiti, l’importo viene calcolato in base al reddito minimo stabilito per i commercianti, nel periodo di riferimento del riscatto. Se non si paga o si paga in ritardo Il mancato versamento, nei termini assegnati, viene considerato come rinuncia alla domanda e ne comporta la decadenza. Il tardivo pagamento può essere considerato, a richiesta, come una nuova domanda di riscatto.
Quanto costa il riscatto dei contributi
Il costo varia in base all’epoca cui si riferiscono gli anni da riscattare. Se si tratta di periodi anteriori al 1° gennaio 1996, l’onere del riscatto sarà calcolato con il sistema retributivo. In questo caso la base matematica per la determinazione del costo del riscatto è la cosiddetta ‘riserva matematica’, ovvero la quantità di denaro necessaria per coprire l’impegno finanziario che l’INPS dovrà sostenere per corrispondere la pensione maggiorata dal riscatto. Il calcolo viene effettuato partendo dal beneficio pensionistico attribuibile all’incremento dell’anzianità riscattata, proporzionato da appositi coefficienti attuariali che tengono conto:
• dell’età del richiedente (maggiore è l’età più si paga);
• del sesso (per le donne, che mediamente vivono di più degli uomini, il costo dei riscatti è un po’ più elevato);
• della anzianità complessiva maturata al momento del riscatto.
Ogni riscatto comporta la determinazione di una specifica ‘riserva matematica’ e ha un costo diverso.
Se i periodi da riscattare invece sono successivi al 1° gennaio 1996, l’importo verrà determinato col sistema contributivo, calcolato applicando alla retribuzione imponibile dell’ultimo anno l’aliquota contributiva obbligatoria (il 33 % per la generalità dei lavoratori dipendenti) e moltiplicato per il numero di anni da riscattare.
Se gli anni da riscattare sono in parte precedenti e in parte successivi al 1° gennaio 1996, il calcolo sarà misto: retributivo per la parte anteriore alla data e contributivo per la parte successiva. (si veda l’esempio allegato in calce)
Quanto e come si paga il riscatto
La somma da versare per i periodi da riscattare viene comunicata dall’INPS e può essere pagata in unica soluzione o in forma rateale. Se viene scelto il pagamento in unica soluzione, la somma va versata entro 60 giorni dalla comunicazione dell’Inps. Il mancato pagamento dell’importo viene considerato come rinuncia alla domanda, per cui l’Inps non procede al riscatto dei periodi richiesti. Il pagamento effettuato oltre i 60 giorni può essere considerato, invece, come nuova domanda di riscatto. In questo caso, però, l’importo dovuto dovrà essere ricalcolato sulla base della diversa età e anzianità contributiva. Se viene invece scelta la forma rateale, il pagamento può essere dilazionato fino a un massimo di 60 rate mensili in 5 anni. In questo caso il costo del riscatto è maggiorato degli interessi di rateazione calcolati secondo il tasso legale.
Si può ovviamente rinunciare alla domanda di riscatto se dopo averla presentata, per qualsiasi motivo anche di ordine economico, si ritiene di non voler dare più corso alla richiesta. Se l’INPS non ha ancora inviato la lettera di accoglimento, si deve comunicare agli uffici Inps l’intenzione di rinunciare. Se il richiedente ha già ricevuto la lettera di accoglimento è sufficiente non pagare la somma dovuta per manifestare la volontà di rinuncia. Dopo aver rinunciato è possibile ripresentare la domanda. In questo caso la somma da pagare sarà ricalcolata sulla base dei dati presenti al momento della nuova domanda (età, retribuzione ecc.).
Per ciò che concerne il versamento rateale occorre precisare che se si va in pensione prima del pagamento di tutte le rate, le somme restanti debbono essere versate con un unico pagamento. Inoltre se il riscatto viene chiesto da una persona già in pensione il pagamento non può essere rateizzato in quanto il riscatto comporta un incremento immediato della pensione: in questo caso l’intera somma deve essere pagata entro 60 giorni.
L’importo di qualsiasi tipologia di riscatto, che è a totale carico del richiedente, è interamente deducibile dal reddito complessivo ai fini fiscali.
I ricorsi
Se il lavoratore si accorge che esiste un periodo di ‘vuoto’ nella sua posizione contributiva, perché il datore di lavoro non ha versato in suo favore i contributi o per qualsiasi altra causa, imputabile anche all’ente previdenziale, può segnalarlo all’Inps che provvederà al loro recupero. Nel caso in cui sia intervenuta la prescrizione del periodo (trascorsi 10 anni dal momento in cui esisteva l’obbligo di versare i contributi), l’Inps non può più chiederne il versamento e il datore di lavoro non può volontariamente regolarizzare la posizione del dipendente, così come non può far valere quei contributi se risultano non presenti. Per tutti i ricorsi relativi ai contributi versabili ed accreditabili dopo 1° gennaio 1996, il termine della prescrizione è ridotto da 10 a 5 anni. Nel caso comunque in cui il lavoratore o i suoi superstiti denunciano la mancata assicurazione da parte del datore di lavoro, il termine di prescrizione permane fisso a di 10 anni.
Per avere infine un’idea del costo di un riscatto, ipotizziamo il caso di un assicurato con un’anzianità contributiva e assicurativa di venticinque anni, che chiede di riscattare un periodo di quattro anni antecedente il 1° gennaio 1996. Mario Rossi, nato nel gennaio 1960, assicurato con l’Inps da venticinque anni (decorrenza dell’attività 1985) e con una retribuzione annua lorda di 30.000 euro ha chiesto, nel gennaio 2011, di riscattare i quattro anni del corso legale di studi universitari. Essendo gli anni da riscattare nel periodo antecedente il 1996 il ccalcolo dell’onere seguirà la via della riserva matematica. Quattro anni riscattati nel sistema di calcolo retributivo corrispondono ad un incremento della pensione pari al 8% della retribuzione pensionabile (circa 170-180 euro mensili). Applicando l’appropriato coefficiente attuariale si stima un onere lordo di circa 39.000 interamente deducibile ai fini IRPEF.
In questo caso si avranno le seguenti situazioni di raffronto: il primo è con riferimento ad un’anzianità di venticinque anni di contribuzione e il secondo, comprensivo del riscatto, con un’anzianità di ventinove anni. Il Sig. Rossi raggiunge, nel primo caso, un’anzianità contributiva di 1.300 contributi settimanali e, nel secondo, di 1.508 contributi settimanali. Si ha pertanto un incremento della pensione di 1.200 euro/annui netti, con anche un anticipo sulla data di pensione pari a 9 mesi circa (elaborazione effettuata con il sistema di calcolo previdenziale p3, powered by Epheso).
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