La crisi economica si fa ancora ben sentire sui bilanci delle famiglie italiane. L’andamento schizofrenico dei mercati di questi giorni ha già contribuito a rispolverare i fantasmi di qualche anno fa. E il rapporto stilato da Intesa Sanpaolo e dal Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi (in collaborazione con Doxa) sul risparmio degli italiani non lancia segnali confortanti.
Tra i dati più significativi, infatti, c’è il picco storico di dichiarazioni di impossibilità a risparmiare da parte degli intervistati: il 52,8% su un campione di 1.057 capifamiglia. Il dato cresce oltre il 67% nel Mezzogiorno. Nonostante anche l’indicazione di utilità del risparmio segni il massimo storico (96,7%), meno di un italiano su due riesce quindi a mettere da parte una porzione di reddito. Il tasso medio di risparmio, inoltre, scende al 9 dal 9,8% indicato nel 2009. La ricerca, realizzata tra febbraio e marzo scorsi, mette in luce anche un aspetto positivo: aumentano dal 45,1 al 53,4% gli italiani che ritengono sufficiente il proprio reddito. Detto questo, il sentimento comune circa gli effetti della crisi è ancora negativo. Per il 45% del campione i bilanci familiari dell’intero anno risentiranno ancora delle debolezze dovute al rallentamento dell’economia: solo il 13% è convinto che il peggio sia alle spalle. Sui risultati della ricerca e sull’andamento generale dei mercati si è espresso anche il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa SanpaoloAndrea Beltratti. «L’allargamento della crisi rappresenta un elemento molto rilevante per privati e istituzioni», ha sottolineato il manager. In effetti, negli ultimi cinque anni solo il 12,5% degli intervistati è stato attivo sul mercato azionario, poco più di un terzo di quanti investivano nel 2003. In crescita, invece, le forme di risparmio gestito, per il quale si registra un diverso approccio culturale: è concepito soprattutto come una forma di protezione dal rischio. L’asset class più diffusa è ancora quella delle obbligazioni (24,6% degli investitori), anche se ormai sfiora il 40% la fetta di chi le considera uno strumento potenzialmente rischioso. Nonostante il pericolo di smarrimento dell’opinione pubblica di fronte alla volatilità dei mercati, Beltratti ha lanciato dei segnali incoraggianti per quanto riguarda «i fondamentali macroeconomici dell’economia italiana, a volte migliori di quelli di altri Paesi». Il manager di Ca’ de Sass ha aggiunto che negli ultimi dieci anni «l’Italia si è piazzata al secondo posto per aumento del rapporto tra debito e prodotto, con una crescita del 9% totale, contro un valore del 47% della Francia e del 34% della Germania». Una situazione «ben diversa da quella di Grecia e Portogallo». Beltratti ha poi ricordato che il patrimonio finanziario netto delle famiglie italiane è di 2.570 miliardi (contro i 2.010 per la Francia e i 1.980 per la Germania), «il 180% del pil, ben al di sopra del valore del debito pubblico».
Tornando al Rapporto, è significativo anche l’approccio degli italiani alla previdenza integrativa: solo il 12,6% dichiara di avere accesso a un fondo pensione o a una forma previdenziale equivalente (un’attenzione concentrata soprattutto nella fascia d’età compresa tra 40 e 50 anni). Una sezione monografica separata è poi dedicata alla situazione dei giovani (tra i 18 e i 29 anni). Meno di uno su due (47,4%) si dichiara indipendente dal punto di vista finanziario, ma di questi ben il 47% continua comunque ad avere bisogno di un sostegno economico parallelo da parte dei genitori. Tra gli investitori junior si conferma una scarsa attenzione all’informazione economica, la predilezione per la casa come investimento più sicuro e un interesse limitato per la vecchiaia: l’8,2% ha un fondo pensione, ma quasi in nessun caso ha investito contributi propri. (riproduzione riservata)