di Filippo Grossi
Sempre più l’Organismo di vigilanza risulta essere un organo reale di governo e di indirizzo della società con una funzione strategica, quasi speculare a quella dei cda. È quello che è emerso nel corso del convegno sulla 231 organizzato nei giorni scorsi a Milano da Confimprese durante il quale sono intervenuti Furio Ghezzi e Stefano Toniolo, partner dello studio legale milanese Martinez & Novebaci. «La recente approvazione del decreto legislativo dello scorso 7 luglio che recepisce le direttive Ue 2008/99 e 2009/123 CE», ha spiegato Furio Ghezzi nel suo intervento, «ha determinato un ulteriore allargamento della portata del decreto 231 con l’aggiunta di un nuovo reato presupposto: l’art. 25 decies, infatti, va a sanzionare le imprese responsabili per una serie di reati ambientali». Il nuovo articolo 25 decies estende la responsabilità delle società ex dlgs 231/2001 per quel che riguarda quelle condotte che deteriorano o distruggono quelle specie vegetali e quegli habitat protetti con la finalità di salvaguardare l’ambiente. «È chiaro che questa nuova estensione del dlgs 231/2001», prosegue Ghezzi, «rende sempre più opportuna l’adozione dei modelli organizzativi che siano il più possibile conformi ad evitare o a ridurre al massimo il rischio di condotte aziendali rilevanti ex dlgs 231/2001 e, in quest’ottica, il ruolo dell’Organismo di vigilanza assume una funzione strategica per valutare l’efficacia di questi modelli al fine di escludere un’eventuale responsabilità aziendale, e il suo ruolo risulta essere sempre più importante tanto più quest’organismo dimostra di essere effettivo, qualificato e indipendente». «A dieci anni dall’introduzione della norma», spiega Stefano Toniolo, partner di Martinez & Novebaci, «si può definitivamente dare atto del fatto che è finito il periodo di prova. Occorre valutare che sempre più i giudici tendono a imputare anche le imprese qualora vi sia il reato presupposto, così come si può dire che l’ambito della 231/2001 abbia lasciato definitivamente il mero ambito amministrativo per coinvolgere sempre più tutte le attività d’impresa». La recente sentenza della Cassazione che limita le responsabilità delle holding solo quando l’amministratore sia direttamente coinvolto nel fatto illecito «sta a significare», ha evidenziato in chiusura Furio Ghezzi, «che bisogna ridimensionare l’ “effetto domino” della 231, effetto che si ha solo in presenza di modelli organizzativi non efficaci perché inadeguati, insufficienti e senza che vi sia un’effettiva conoscenza della struttura da parte dell’Organismo di vigilanza».