Sessanta milioni di euro per risarcire le popolazioni di Cavagnolo e Casale Monferrato “a rischio amianto” del danno morale subito nel corso di due decenni: ovvero, un risarcimento per la paura e l’ansietà patite dalle persone di potersi trovare, un giorno, segnalate indelebilmente nella propria salute a causa del contatto con la fibra-killer. Questa la richiesta avanzata ieri dall’avvocato Sergio Bonetto, che rappresenta oltre 300 delle circa 6mila parti civili del maxi-processo Eternit in corso a Torino. Qualora questo “danno da esposizione” all’asbesto venisse riconosciuto si tratterebbe di un precedente per il nostro Paese, nel cui ordinamento giudiziario – a differenza di quanto succede in altri stati, come la Francia – non è contemplato.
Punire “la messa in pericolo”. “Si tratta di una cifra di 10mila euro l’anno per ognuno dei miei assistiti, tutti cittadini delle zone di Cavagnolo (Torino) e Casale Monferrato (Alessandria), in cui si trovavano gli stabilimenti piemontesi della Eternit”, ha spiegato Bonetto. “Il tempo di esposizione si può quantificare mediamente in 20 anni”. La richiesta, quindi, è di circa 60 milioni per i soli clienti del legale. Bonetto ha sottolineato, così, “il concetto di messa in pericolo”. “Gli imputati (il barone belga Louis de Cartier e il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, dirigenti dell’Eternit per oltre trent’anni, ndr) l’hanno fatto per lunghi decenni nei confronti di migliaia e migliaia di persone. Solo il caso ha scelto chi si ammalasse e quando. Non è necessario che si verifichi altro che il pericolo perché si realizzi il reato loro attribuito dalla procura (…) Se mi espongono a un rischio così grave, io mi costituisco parte civile”.
“Un processo globale”. Prima di Bonetto avevano parlato Jean-Paul Thessioner, David Hussman ed Emmanuelle Schuten, i legali che rappresentano le associazioni dei parenti delle vittime dell’amianto di Francia, Svizzera e Belgio. E’ stato proprio Thessioner a ricordare che, a Lille (Francia) nel 2006, il tribunale ha riconosciuto il cosiddetto “danno da ansietà” – paragonabile a quello chiesto da Bonetto – per esposizione da amianto, condannando i dirigenti della Alstom. I legali stranieri si sono augurati che, dopo la sentenza italiana, si arrivi “a un tribunale internazionale per i crimini ambientali”. “Questo è un processo globale”, ha sostenuto Teissoniere. “Le catastrofi di Casale Monferrato, di Bagnoli e di altri centri italiani dove si lavorava l’amianto non sono isolate. Si sono verificate in tutto il mondo, ovunque vi fossero stabilimenti Eternit e di altre multinazionali dell’amianto. Ma, attenzione a parlare al passato. Questi disastri riguardano anche il futuro: dopo questo giudizio, si continuerà a morire di amianto”.
La richiesta totale di danni potrebbe aggirarsi intorno ai due miliardi. Al termine delle arringhe di parte civile, la conclusione del procuratore generale Raffaele Guariniello. “Se avessero investito nelle bonifiche, gli imputati avrebbero interrotto i reati di pericolo contestati loro e non si troverebbero a fare i conti con richieste di risarcimento eccezionali”, ha sostenuto, alludendo alla cifra davvero colossale di indennizzi richiesta, nel complesso, da malati, familiari delle 3mila vittime, associazioni, INAIL, Inps, Regione ed enti locali. Impossibile, al momento, azzardare una cifra definitiva, ma la stima è che possa aggirarsi fra il miliardo e mezzo e i due miliardi di euro. La prossima udienza del processo, dopo la pausa estiva, è prevista per il 29 settembre, con le arringhe finali degli avvocati della difesa.
Fonte: INAIL