Con i mercati finanziari che non accennano a uscire dalla tempesta generata dai debiti sovrani, la preoccupazione principale tra i risparmiatori è di tutelare il valore reale del proprio investimento. Un obiettivo non scontato a fronte di un’inflazione crescente e delle nuove normative che hanno inasprito la fiscalità dei risparmi. Così può essere utile una ripassata alle imposte già introdotte e a quelle che stanno per entrare in vigore in modo da poter scegliere in maniera consapevole.
Conto titoli ok, ma solo per somme contenute. Gli ultimi aggiustamenti alla manovra economica hanno reintrodotto la progressività sui prelievi relativi al conto titoli. Così, sotto i 50 mila euro il bollo resta immutato a quota 34,20 euro annui. Supponendo di avere in portafoglio 10 mila euro in BoT questo significa un rendimento netto (ai valori attuali) intorno ai 255 euro. L’imposta per il conto titoli da 50 mila a 150 mila euro passa da 34,20 a 70 euro, con la previsione di un rialzo a 230 euro dal 2013. Così, chi oggi ha 100 mila euro investiti in BoT può attendersi un rendimento netto annuo intorno ai 2.800 euro. dai 150 mila ai 500 mila euro l’imposta sale a 240 euro (e a 780 dal 2013), mentre al di sopra di questa soglia il prelievo è di 680 euro (1.100 dal 2013). Tirando le fila, se per i piccolissimi risparmiatori non cambia nulla o quasi, chi detiene risparmi più consistenti farebbe bene a considerare altre soluzioni di investimento che non entrano nel conto titoli, come buoni postali, fondi comuni, pronti contro termine, polizze e certificati di deposito. Inoltre, suddividendo le attività in dossier titoli diversi, ciascuno con un ammontare inferiore a 50 mila euro, si può mantenere l’imposizione minima, ma a patto di non fare confusione tra più rapporti aperti.
Cosa cambia con l’aliquota unica. Detto delle novità già introdotte con l’ultima manovra economica, uno sguardo in prospettiva consente di prepararsi al debutto dell’aliquota unica sulle rendite finanziarie previsto per l’inizio del prossimo anno. Una situazione che favorirà i conti correnti e i conti deposito (per i quali si passerà da un prelievo del 27% al 20%). Soprattutto questi ultimi potranno guadagnare credito presso i risparmiatori, grazie anche ai rialzi del costo del denaro attesi per i prossimi mesi (indicatore al quale sono legati i rendimenti di questi prodotti). Le migliori offerte del settore attualmente si aggirano intorno al 4,5% lordo, che al netto diventa il 3,3%, ma che la nuova aliquota del 20% porterà al 3,6%, su valori superiori all’attuale inflazione (+2,7% a giugno). Un rendimento niente male, e soprattutto a rischio zero, in un periodo in cui tanto le azioni, quanto i titoli di stato continuano a essere sulle montagne russe. L’altra faccia della medaglia è rappresentata dal fatto che i conti deposito hanno funzioni limitate, per esempio non consentono di effettuare ulteriori operazioni bancarie al di là di prelievi e versamenti, e obbligano il risparmiatore a tenere i soldi bloccati per un lasso di tempo che solitamente varia da qualche mese a tre anni. A meno di non voler pagare una penale che in alcuni casi può arrivare anche ad annullare del tutto il rendimento.
Mentre per i conti correnti tradizionali non c’è da attendersi una rivoluzione: l’alleggerimento impositivo consentirà di passare dalla media attuale dello 0,3% netto annuo allo 0,33-0,34%, su valori comunque incapaci di preservare il valore reale dell’investimento rispetto all’inflazione.
Incognita pronti contro termine. Sempre in merito alla riforma delle aliquote sui guadagni finanziari, la situazione tenderà a peggiorare per le azioni, i pronti contro termine (che prevedono un rendimento per il risparmiatore a fronte di un vincolo temporale per i propri risparmi), i buoni postali e le obbligazioni societarie, con un passaggio dal prelievo del 12,5% al 20%. Nulla cambierà, invece, per i titoli di stato, che conserveranno l’aliquota del 12,5%. In particolare, andranno riconsiderati gli investimenti nei pronti contro termine (che a maggio hanno registrato una raccolta per 140 miliardi di euro, confermandosi tra gli strumenti più utilizzati per la gestione della liquidità), che già oggi rendono mediamente l’1,8-1,9% netto annuo, mentre con la nuova aliquota difficilmente raggiungeranno l’1,7%, un valore sensibilmente inferiore al caro-vita, sempre che quest’ultimo mantenga il ritmo attuale. Senza dimenticare che i Pct non godono delle garanzie riconosciute ai conti correnti dal Fondo interbancario (copertura totale in caso di fallimento della banca fino all’importo di 103 mila euro).
Resta, infine, da definire la disciplina relativa alle polizze assicurative. La bozza di delega per la riforma assistenziale fa riferimento alla «possibilità di applicare un’aliquota ridotta sui redditi derivanti da piani di risparmio a lungo termine appositamente istituiti e dalle forme di previdenza e di assistenza socio-sanitaria complementare». Una formulazione che sembra aprire le porte a una tassazione di favore per questi prodotti, a patto che il risparmiatore li acquisti con un’ottica da cassettisti, mantenendoli in portafoglio per diversi anni.
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