Nel 2010 il fondo complementare di via Nazionale cambia benchmark e protegge i dipendenti. Il comparto più aggressivo guadagna l’8,40%
PREVIDENZA INTEGRATIVA Fuga dai titoli di Stato dei Pigs, switch sulle commodity e soprattutto effetto valuta. Questa la strategia adottata da Bankitalia nella gestione finanziaria 2010 del fondo pensione complementare e palesata nel documento sul rendiconto annuale consultato da Borsa&Finanza. Il fondo, diviso in tre comparti a seconda della classe di rischio, ha avuto risultati più che lusinghieri, perché ha superato l’indice di riferimento e la rivalutazione del Tfr. Per le due classi più aggressive (la A e la B), a metà 2010 c’è stato un cambio dei benchmark. In particolare, si legge nel documento, «sono stati approvati i nuovi benchmark strategici, che prevedono l’introduzione di nuove classi di attività rappresentate dai titoli governativi dell’Euroarea e dalle materie prime». E già a giugno del 2010 l’istituto guidato da Mario Draghi ha pensato bene di uscire dai sovrani degli Stati periferici (Italia a parte). «In considerazione dell’aumentata volatilità del mercato dei titoli dell’Eurozona – recita il documento – si è provveduto a sostituire l’indice Jpm Emu con i tre indici Jpm nazionali di Francia, Germania e Italia». Contestualmente, Bankitalia ha ridotto il peso di azioni e obbligazioni governative a favore di corporate bond e commodity.
L’EFFETTO CAMBIO. Ma c’è un’altra scelta che è risultata determinante al fini del rendimento: l’effetto valuta su materie prime e asset azionari. Nel primo semestre, il forte indebolimento dell’euro nei confronti di dollaro, sterlina e yen, che si sono apprezzate rispettivamente del 17,4%, dell’8,64% e del 22,4%, ha più che compensato la performance negativa delle relative Borse. Per fare un paio di esempi, l’Msci Stati Uniti Net Total Return in azioni è salito del 13,78%, ma grazie al cambio con il dollaro il fondo Bankitalia ha avuto un rendimento del 21,3% annuo; l’indice Msci Giappone, invece, è salito in valuta locale dello 0,57%, ma sfruttando l’apprezzamento dello yen i dipendenti di Via Nazionale hanno avuto un rendimento del 20,9 per cento.
SUPERPERFORMANCE. Così, tra cambi di strategie ed effetto valuta, il fondo pensione ha sovraperformato il benchmark. Nel 2010, il risultato lordo della gestione è stato del 5,35% per il comparto A (a prevalente composizione obbligazionaria), dell’8,41% per il comparto B (caratterizzato da una maggiore presenza di azioni) e del 2,02% per il comparto C (monetario), rispetto a un rendimento dell’indice di riferimento che si è attestato rispettivamente al 4,57%, al 7,74% e allo 0,44 per cento. Il risultato netto da inizio anno, invece, è stato del 4,74% per il comprato A, del 7,44% per il B e dell’1,8% per il comparto più prudente C. Ma il rendimento, grazie all’effetto della componente valutaria, sarebbe stato ancora più alto se Bankitalia non avesse adottato determinati accorgimenti in termini di copertura del rischio cambio. La porzione non «hedge», infatti, è stata ridotta nel 2010 dal 7,9% al 5,7% (5% a regime) per il comparto A e dal 17,6% al 15,5% (14,8% a regime) per il B. Dall’inizio dell’operatività del fondo, l’1 luglio 2001 per i comparti A e B e dal 25 febbraio 2009 per il C, il rendimento netto è stato rispettivamente del 39%, del 18,99% e del 3,56 per cento.
PIÙ RISCHIO. Il passaggio ai nuovi benchmark, oltre che risultare una scelta strategica azzeccata, ha avuto anche l’effetto di contenere l’esposizione al rischio credito sovrano dei portafogli obbligazionari, soprattutto considerando che il 19,5% del vecchio indice (il Jpm Emu) era rappresentato da titoli di Stato emessi da Grecia, Irlanda, Spagna, Portogallo e Belgio. Ma l’anno scorso la gestione, nel suo complesso, ha osato qualcosina in più rispetto al 2009. Il rischio di mercato, calcolato con il Value at Risk congiunturale (coglie l’evoluzione di breve periodo), risulta in aumento per entrambi i comparti meno prudenti ed è passato dal 5,6% al 6,1% per l’A e dal 10,3% all’11,5% per il B. Mediamente, il VaR congiunturale nell’anno è stato pari al 6,7% per il comparto A e al 14,6% per il comparto B.
DIPENDENTI AGGRESSIVI. E ancora, leggendo il documento, si scopre anche che i dipendenti della Banca d’Italia sono investitori aggressivi. Dei 2.299 iscritti, infatti, più della maggioranza (1.262) appartiene al comparto B, quello più rischioso. Da segnalare, infine, che nel 2010 il fondo ha cominciato a pagare la pensione complementare e che ha quindi avviato l’attività di gestione delle riserve