Banchieri e assicuratori non ci stanno e bocciano con fermezza la decisione del governo di aumentare l’Irap su istituti di credito e compagnie di assicurazione con l’obiettivo di raccogliere 1,848 miliardi nei prossimi tre anni. Secondo i calcoli dell’esecutivo, resi noti ieri, solo nel 2012 l’incremento delle aliquote sull’Imposta regionale sulle attività produttive (che salirà di due punti percentuali fino al 5,9% per le assicurazioni, e di meno di un punto, dal 3,9 al 4,65% per le banche) porterà un aumento del gettito di 888,7 milioni, a cui si aggiungeranno altri 479,7 milioni nel 2013 e 479,7 milioni nel 2014.
Un intervento molto utile per il bilancio dello Stato, ma «fuorviante e incoerente con i propositi di sviluppo economico», secondo il presidente dell’Ania, Fabio Cerchiai, e «controproducente per la crescita», secondo il numero uno dell’Abi, Giuseppe Mussari. Il balzello, secondo le imprese interessate, andrebbe infatti ben oltre la logica di partecipazione a sacrifici comuni ma sembrerebbe piuttosto un intervento anomalo, nato esclusivamente dalla necessità di far quadrare i conti all’ultimo minuto. Una specie di dejà vu. Anche lo scorso anno, sempre alla vigilia della relazione annuale dell’Ania, con un blitz nella manovra venne inserito un intervento punitivo per il settore assicurativo, con l’obiettivo di aumentare l’indeducibilità delle variazioni della variazione delle riserve sul ramo Vita. Anche in quel caso a essere più colpite furono le imprese assicurative che crescevano di più nel ramo Vita. Un controsenso perché penalizzava proprio chi riusciva a districarsi meglio in un mercato finanziario e assicurativo difficile. E anche questa volta non sono mancate le critiche. «Più che un intervento inaccettabile appare una novità incoerente», ha sottolineato Cerchiai a margine delle relazione annuale dell’Ania, «perché da tempo l’Irap che tassa reddito, costi del lavoro e oneri finanziari, viene considerata un’imposta da sopprimere, perché incoerente con l’obiettivo di crescita del sistema». E in effetti i rischi che l’aumento della tassazione possa ricadere su consumatori e soprattutto sui lavori, frenando lo sviluppo, appaiono già concreti a sentire i protagonisti del settore. L’aumento «non aiuterà a creare nuovi posti di lavoro», ha detto l’amministratore delegato di Generali, Giovanni Perissinotto. «Sono momenti difficili, si capisce che è una manovra non molto popolare», ma non va bene che si vada a colpire sempre e prima con le tasse, ha aggiunto il top manager di Generali: «Prima bisogna ridurre i costi e le spese e poi aumentare le tasse, non il contrario».
A essere penalizzate di più sarebbero però le banche, che hanno maggiori costi di personale e quindi pagano un’Irap più alta, in un rapporto di uno a quattro. Le compagnie di assicurazione, che lavorano soprattutto con le reti di agenti, avrebbero invece un conto meno salato, circa 120 milioni ogni anno, fino al 2014; in pratica 60 milioni per ogni punto di Irap. Mentre per gli istituti il prelievo sarebbe di poco più di 400 milioni all’anno. Calcoli, per forza di cose, ancora provvisori perché bisognerà anche considerare la chiusura dei bilanci 2011. In ogni caso, nonostante banche e assicurazioni abbiano invitato il governo a tornare sui propri passi cancellando l’aumento dell’imposta, gli spazi di manovra sembrano piuttosto ridotti. Ma non è ancora detta l’ultima parola: lo scorso anno, il balzello sulle riserve Vita venne ritoccato più volte rispetto alle ipotesi iniziali. I primi calcoli della Ragioneria generale dello stato si rivelarono errati e nella versione finale (quella prevista nel maxi-emendamento) l’intervento fu alleggerito considerevolmente in confronto alla prima versione. Chissà che anche questa volta banche e assicurazioni non riescano a convincere governo e parlamento ad abbassare il colpo, prevedendo un’azione meno incisiva. (riproduzione riservata)