Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

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Va verso la bocciatura la proposta di legge che prevede una tariffa base nazionale per gli assicurati RcAuto che negli ultimi 10 anni non hanno causati incidenti, a prescindere dalla provincia di residenza. Il relatore della commissione Finanze della Camera, Andrea de Bertoldi (Fdi), nella sua relazione in aula, lunedì scorso, ha sottolineato che «la proposta presenta numerose criticità». Il rischio è d’incompatibilità con l’articolo 41 della Costituzione, sulla libertà di iniziativa economica, e con il principio di libertà tariffaria delle compagnie, sancito a livello comunitario, mentre «dal punto di vista tecnico falserebbe il mercato, ispirata a logiche assistenzialistiche e senza riscontro attuariale».
Al risparmio italiano «andrebbe dedicata una cura pari a quella riservata alla moneta e ad altri nuovi strumenti finanziari, per impedire che esso diventi variabile di aggiustamento degli squilibri creati da altri fattori». Così Paolo Savona, presidente della Consob, si è espresso ieri all’incontro annuale con il mercato finanziario svoltosi a Palazzo Mezzanotte, sede di Borsa Italiana a Milano. Il problema di base è ormai noto. «Resta ancora modesta la dimensione delle contrattazioni sui mercati regolamentati, con l’unica eccezione di quelle sui titoli di Stato». Il tutto nonostante l’enorme quantità di risparmio delle famiglie, parte della quale «resta inutilizzata». Oggi più che mai è necessario trovare una soluzione per mettere questo risparmio al servizio dell’economia reale, della crescita del Paese e del suo prodotto interno lordo. O, per dirlo con le parole di Savona, «sollecitarne l’impiego in titoli di capitale rappresentativi di investimenti reali, un modo efficace di produzione del risparmio nel più lungo termine rispetto agli impieghi puramente finanziari».
Il Far West delle criptovalute ricorda pericolosamente la trascuratezza che accompagnò il mercato dei derivati del 2008, che poi condusse alla crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti e alla drammatica crisi finanziaria globale. Questo il nocciolo dell’avvertimento che Paolo Savona, presidente di Consob, ha lanciato ieri a Milano, nel corso dell’incontro annuale dell’organismo di vigilanza con il mercato finanziario, tenutosi presso la sede di Borsa Italiana. Secondo Savona, in linea di principio, l’esistenza stessa delle criptovalute fa fatica a essere legittimata, in quanto si tratta di «attività dematerializzate prive all’origine di controparti debitorie, che vivono per accordi pattizi tra privati senza controlli sulla governance». Bitcoin e simili creano inoltre un potere di acquisto sul mercato «che ha valore crescente rispetto a quello generato dall’attività produttiva, alterando la distribuzione del reddito della ricchezza». Senza contare «la scarsa accountability e trasparenza sul mercato» che secondo il presidente dell’Authority manca del tutto o quasi alle cripto nel loro complesso.
Nella Relazione annuale dell’Ivass di lunedì il presidente Luigi Federico Signorini ha rappresentato l’esigenza che, con i necessari interventi normativi, sia portata a compimento la piena integrazione della Vigilanza sulle assicurazioni nella Banca d’Italia, secondo un progetto che ha accelerato il suo cammino. L’argomento è annoso. La trasformazione, della quale pure si parlava negli anni precedenti, non era stata possibile perché si volle evitare una situazione di potenziale conflitto di intreresse avendo la Banca una partecipazione nelle Generali per oltre il 4% (la seconda in ordine di ammontare) che poi fu dismessa con una decisione e un’operazione variamente giudicate. Come si è detto, l’integrazione non fu completa, rimanendo la distinzione dell’Istituto, ma creando una comunione di organi: il presidente dell’Ivass è il direttore generale di Bankitalia, mentre le decisioni aventi rilevanza esterna sono di competenza del Direttorio di quest’ultima integrato dai due componenti il consiglio dell’Ivass. Concorsero pure a tale soluzione residue attribuzioni in capo al ministero competente che poi si sarebbero proiettate sulla Banca determinando una condizione e intrecci che si ritenne di evitare. Ora è bene che si vada verso la piena integrazione, con l’incorporazione dell’Ivass.
Con il titolo Generali negli ultimi tre mesi stabilmente sopra i 23 euro, Philippe Donnet apre ufficialmente i cantieri del nuovo piano industriale 2025-2027, strategie che illustrerà al mercato il 30 gennaio. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, l’amministratore delegato del Leone ha riunito ieri a Lisbona, e oggi si continua, i 12 membri del consiglio di amministrazione (oltre a lui) e la prima linea manageriale raccolta nel Group management committee (Gmc), il comitato operativo di vertice che ha fra i propri compiti in primis proprio quello di definire le priorità strategiche della compagnia. Oltre al ceo, della stanza dei bottoni fanno parte Giulio Terzariol (ceo insurance), Marco Sesana (general manager), Cristiano Borean (cfo), David Cis (chief operating officer), Isabelle Corner (chief marketing officer), Carlo Ferraresi (chief risk officer), Monica Possa (chief people officer), Simone Bemporad (chief communication officer), Antonio Cangeri (general counsel) e i tre country manager dei principali mercati del Leone (Giancarlo Fancel, Jean-Laurent Granier e Stefan Lehmann) assieme al vice di Terzariol, Jaime Anchustegui.
Prima S&P Global Ratings ha alzato il rating di Revo Insurance da BBB+ ad A-, con outlook stabile. Poi, ieri, è arrivata Standard Ethics, l’agenzia internazionale indipendente che valuta la sostenibilità delle imprese, che ha confermato il giudizio EE (strong) sull’operatore specializzato nelle polizze parametriche e rischi speciali dedicati alle pmi, rafforzando l’outlook positivo, confermando il long term expected rating a “EEE-“ (excellent) e riducendone l’orizzonte temporale a 3-5 anni. «L’ottenimento di due rating di tale importanza, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, ci da grande soddisfazione

Furto di dati personali risarcito sempre: sia quando i dati sono usati per usurpare l’identità, sia quando sono stati sottratti, ma non (ancora) usati. Tenuti al risarcimento sono, dunque, sia l’impresa o la p.a., detentrice dei dati esfiltrati, sia chi usa i dati spacciandosi per l’interessato. Ad ampliare le possibilità di indennizzo dei danni non patrimoniali per lesioni della privacy è la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea (Cgue), che – con la sentenza della terza sezione del 20/6/2024 resa nelle cause riunite C-182/22 e C-189/22 – fornisce l’esatta interpretazione dell’articolo 82 del Regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679 (Gdpr).
Il risarcimento del danno alla privacy non deve lievitare per il solo fatto che a ledere la privacy sia un professionista tenuto a rispettare le norme sull’obbligo di segreto professionale sui dati dei clienti (come un commercialista). È quanto affermato dalla terza sezione della Corte di giustizia dell’Unione Europea (Cgue) con la sentenza del 20/6/2024 resa nella causa n. C‑590/22. La vicenda, da cui è scaturita la pronuncia in commento, ha riguardato alcuni contribuenti tedeschi, i quali si erano rivolti a un commercialista per la dichiarazione dei redditi. Non avendo notizie, hanno contattato il professionista che ha ribattuto di avere spedito le dichiarazioni con un plico postale. L’inconveniente è stato che la busta è stata mandata all’indirizzo sbagliato e, quindi, terzi persone hanno appreso i dati degli interessati, che hanno fatto causa per danni al commercialista.
I certificatori “tecnici” del risparmio energetico del credito d’imposta “Transizione 5.0” (bonus 5.0) – e non anche quelli che redigono la perizia – sono soggetti alla vigilanza da parte del Gse. Questo quanto emerge dalla lettura congiunta degli articoli 14, 15 e 18 della bozza del dm attuativo della disciplina agevolativa. In particolare, la verifica investe la sussistenza in capo a detti soggetti del possesso dei vari requisiti abilitanti previsti dall’art. 14 citato. Implicitamente, quindi, l’art. 18 chiede al Gse di verificare se il certificatore rientra tra le figure professionali stabilite dal comma 5 del citato art. 14, nonché se risulta essere in possesso dei requisiti di indipedenza, imparzialità e onorabilità, oltre a non trovarsi in una situazione di conflitto di interesse con l’impresa certificata. Il citato art. 18, poi, esplicitamente prevede che il Gse verifichi anche che il certificatore si sia dotato delle idonee coperture assicurative prescritte dal comma 7, dell’art. 14. In tale contesto, il Gse dovrebbe verificare l’esistenza di una specifica polizza di assicurazione di responsabilità civile, valutando anche se il massimale assicurato risulti congruo rispetto al numero delle certificazioni rilasciate e agli importi dei benefici concessi grazie alle certificazioni stesse.
Gli italiani tra i principali risparmiatori a livello globale, con un crescente interesse per l’uso dell’Intelligenza Artificiale nel campo degli investimenti. È quanto emerge da un recente sondaggio internazionale relativo alle preferenze degli utenti bancari condotto da Censuswide, società internazionale di consulenza per ricerche di mercato, e commissionato da GFT, azienda leader nella trasformazione digitale, che evidenzia come il 93% degli intervistati attribuisca grande valore al risparmio, superando gli altri paesi coinvolti
nello studio (Stati Uniti, Regno Unito, Polonia e Canada).
Maggior solidità e rendimenti stabili nel tempo, in uno scenario ancora caratterizzato da tassi di interesse alti, inflazione e una liquidità su conti correnti e depositi per oltre 1.500 miliardi di euro, che rappresentano ancora la fetta più grande della ricchezza accantonata, pari al 30% circa del totale. È in questo contesto economico e finanziario che nasce «Rinnova Valore Bonus», la soluzione a premio unico multi-opzione con cui Generali risponde al bisogno di risparmio degli italiani.

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L’attenzione sul Fascicolo sanitario elettronico (Fse) di questi ultimi giorni si deve alla ricezione, da parte di alcuni, di una notifica dall’app IO che riguarda l’esercizio del diritto di opposizione all’inserimento del pregresso entro il 30 giugno 2024. Online e sui social circolano diversi commenti sui rischi di violazione della privacy che fanno emergere la confusione che orbita intorno a questo tema. Proviamo a rispondere ai molti quesiti che circolano online, anche con l’aiuto di Christian Bernieri, Data protection officer.

Quasi 40 miliardi in soli cinque anni: tra il 2019 e il 2023. È il conto, in termini di maggiore impatto della spesa pensionistica sul Pil, pagato alle deroghe alla legge Fornero e alle riforme precedenti, a cominciare da Quota 100, ma anche, seppure in misura molto più contenuta, da Quota 102 e 103. A quantificarlo è l’ultimo rapporto della Ragioneria generale dello Stato sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, con cui vengono leggermente corrette le previsioni formulate con la Nadef 2023, tenendo conto del quadro aggiornato del Def 2024 (anche se sprovvisto degli obiettivi programmatici), dell’ultima proiezione Istat sull’andamento demografico e delle misure della legge di bilancio 2024 sulla stretta ai pensionamenti anticipati e sul rafforzamento del taglio dell’indicizzazione sugli assegni d’importo più elevato.
Per avere un termine di paragone dell’attività di contrasto del lavoro nero e irregolare svolto nel 2022, il tasso di irregolarità era del 66,6%, nonostante le nuove immissioni di personale ispettivo ordinario e di personale amministrativo le ispezioni a metà dicembre erano ferme a quota 63.571 e le verifiche ed accertamenti sono state 15.134. Mentre nel 2021, terminati i periodi di lockdown, era del 62% la percentuale di irregolarità rilevato dalle ispezioni dell’Inl che sono state 65.685, in aggiunta a 25.819 verifiche ed accertamenti. Da notare che il tasso di irregolarità registrato dagli ispettori Inl non è frutto di ispezioni svolte in maniera casuale ma “mirate”; in sostanza si ispezionano le realtà produttive considerate “a rischio”. Entrando nel dettaglio dei settori, lo scorso anno 44.336 ispezioni hanno riguardato il terziario, 23.632 l’edilizia, 7.666 l’industria e 4.263 l’agricoltura.
Quattordici geografie (dagli Emirati al Vietnam, dal Brasile alla Turchia, solo per citarne alcune) che, da sole, hanno fatto registrare 80 miliardi di vendite di beni italiani nel 2024 (che diventeranno 95 miliardi entro il 2027). E un trend in forte ascesa che farà segnare, alla fine di quest’anno, 650 miliardi per l’export italiano e 679 miliardi nel 2025. Sono questi i numeri contenuti nel Doing Export Report 2024 che ieri è stato presentato a Milano dai vertici della società e che rappresenta ormai un faro irrinunciabile per gli esportatori italiani con l’approfondimento sulle potenzialità di crescita dell’export e, da quest’anno, con le 9 direttrici lungo le quali le aziende devono strutturare la propria strategia di sviluppo per consolidarsi oltreconfine. Mettendo a fuoco alcune priorità, come spiega a Il Sole 24 Ore la ceo di Sace Alessandra Ricci. «Agganciare nuove rotte per l’export è solo una parte di percorso di crescita più ampio che le imprese italiane stanno percorrendo: il made in Italy non va avanti con la sola forza del brand, va avanti con resilienza e grazie a innovazione e scelte coraggiose che le rendono le imprese competitive e fanno scoccare la scintilla dell’export».