Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Il decesso da Covid non può essere considerato evento indennizzabile nell’ambito di una polizza di assicurazione privata a copertura del decesso da infortunio. Il Tribunale di Reggio Emilia (sentenza 607/2024) si è così espresso: “non è dato ravvisare […] nel caso di infezione virale da SARS-COV-2 […] un evento dovuto a causa violenta, mancando la traumaticità esterna che caratterizza l’infortunio”. La pronuncia segna un punto a favore delle imprese di assicurazioni che normalmente, in casi di questo tipo, rifiutano la liquidazione vedendosi citare in giudizio. Se è pacifico infatti che l’infortunio consiste in un “evento dovuto a causa fortuita improvvisa, violenta ed esterna, che provoca lesioni fisiche obiettivamente constatabili” (cfr. definizione Ania), le opinioni medico-legali e giuridiche si dividono invece quando bisogna stabilire se il contagio di un virus, in particolare il Covid, data la sua aggressività, configuri o meno un infortunio. A favore dell’assimilazione virus/infortunio si sono registrate alcune voci nella letteratura medica e nelle pronunce giudiziarie di merito, secondo cui l’infezione virale andrebbe considerata evento violento, fortuito ed esterno in quanto l’agente infettante comporterebbe una carica infettiva in nesso di efficienza causale con il decesso. Incide a favore di questo orientamento l’art. 42 del dl 18/2020 (e successiva circolare Inail 22/2020) disposizione emergenziale emanata durante la pandemia che ha stabilito doversi considerare vero e proprio infortunio sul lavoro il contagio da Covid avvenuto in ambiente lavorativo.
La Cina non risarcisce le vittime del Covid. È esclusa la giurisdizione della magistratura italiana sulla domanda di risarcimento danni proposta da una persona che ha perso la madre per il Sars-Cov-2 e a sua volta è stata contagiata: vale il principio dell’immunità per cui nel diritto internazionale ciascuno Stato garantisce agli altri l’immunità di fronte ai suoi giudici per gli atti che rientrano nella funzione di governo. Soltanto un’aggressione diretta e deliberata ai diritti fondamentali potrebbe mettere in dubbio il riconoscimento dell’immunità. E le eventuali omissioni della Repubblica popolare, in violazione del regolamento sanitario internazionale, anche se provate non rientrerebbero comunque nella definizione di crimini contro l’umanità contenuta nell’articolo 7 dello statuto della Corte penale internazionale. Così la Cassazione a s.u. civili nell’ordinanza 16136 dell’11/6/2024 nel ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione.
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Secondo il simulatore Inps, chi oggi ha 30 anni rischia di andare in pensione a 74 anni di età se avrà meno di 20 anni di contributi. Scendono a quasi 70 (69 anni e 10 mesi) se ha iniziato a lavorare all’inizio del 2022 e avrà almeno 20 anni di contributi. Quindi un nato nel 1994 che ha cominciato a lavorare nel 2022 riuscirà a lasciare il lavoro con la pensione di vecchiaia alla fine del 2063. Lo rivela «Pensami», il sistema sul portale Inps che calcola quando si potrà andare in pensione (ma non con quale assegno): è stato appena aggiornato con le nuove regole contenute dall’ultima legge di Bilancio. L’istituto spiega che «sono stati aggiornati gli adeguamenti agli incrementi alla speranza di vita dei requisiti pensionistici sulla base dello scenario demografico Istat. Fino al 2028 l’età per la pensione di vecchiaia resta a 67 perché non sono registrati aumenti della speranza di vita. Aumenterà invece a partire dal 2029.
Non proprio sul gradino più alto ma comunque al top della classifica europea della spesa per pensioni in rapporto al Pil. Così viene collocata l’Italia in un documento Eurostat, reso noto ieri, con il quale viene fotografato l’andamento dei costi previdenziali nel 2021. Un nuovo allarme quello contenuto nel dossier, in cui si evidenzia che nel nostro Paese le uscite pensionistiche hanno pesato per il 16,3% sul Pil e soltanto in Grecia è stato registrato un livello maggiore: 16,4%. Nel 2021, del resto, la propensione al pensionamento in Italia era significativa anche per la possibilità di uscire anticipatamente offerta da Quota 100. Nella graduatoria stilata da Eurostat l’Italia è seguita da Austria (15%) e Francia (14,9%), mentre gli Stati con minore impatto pensionistico sul Prodotto interno sono risultati Irlanda (4,5%), Malta (6,4%) Ungheria (7%) e Lituania (7,1%). Come è noto, nella classificazione Eurostat non c’è una distinzione nel flusso di spesa per i trattamenti pensionistici e quelli “previdenziali-assistenziali”.
Il responsabile tecnico per i rifiuti non è formalmente destinatario diretto del precetto penale ma il principio di diritto affermato dalla Corte è chiarissimo: il Dm 120/2019 costituisce in capo a esso «una vera e propria posizione di garanzia relativa al rispetto della normativa in materia di gestione dei rifiuti di cui al Dlgs 152/2006, con la conseguente responsabilità per gli illeciti connessi alla violazione di tale normativa». È stata depositata il 18 aprile la sentenza 16191 con la quale la III sezione penale della Corte di cassazione ha affermato la particolare responsabilità che incombe sul responsabile tecnico dell’Albo gestori ambientali. Costui, infatti, ha il dovere di impedire la “mala gestione” dei rifiuti da parte dell’impresa per la quale opera, poiché titolare di una vera e propria “posizione di garanzia” circa il rispetto della normativa sulla gestione dei rifiuti. Pertanto risponde degli illeciti connessi alla violazione della normativa di riferimento, al pari del legale rappresentante dell’impresa.