DALLE AZIENDE

Inondazioni, cicloni tropicali, tempeste invernali e tempeste convettive: sono questi oggi i principali rischi per il settore assicurativo in termini economici. Ad essi sono infatti correlate le quote maggiori delle perdite economiche derivanti dai disastri naturali a livello globale, una cifra stimata intorno ai 200 miliardi di dollari l’anno. Si tratta oltretutto di una stima minima, dato che non tutti gli eventi meteorologici sono coperti (sono escluse, ad esempio, le ondate di caldo) e che, come conseguenza dei cambiamenti climatici, l’intensità di tali eventi aumenterà, e con essa il potenziale di perdita per il settore assicurativo. Sono questi i dati riportati in un recente paper di Swiss Re, la quale in un documento precedente del 2021[1] quantificava l’impatto del riscaldamento globale e dei danni da esso derivanti in una perdita mondiale del 7-10% del PIL entro il 2050.

Per quanto riguarda l’Italia, la sequenza degli eventi del luglio dello scorso anno non ha precedenti nel Paese. Gli assicuratori locali hanno dovuto far fronte a risarcimenti complessivamente stimati in 3,7 miliardi di euro, cifra che rappresenta la perdita annuale legata a condizioni meteorologiche più ingente della storia italiana. Come riportato dall’European Severe Storm Laboratory, il più grande chicco di grandine verificabile in Europa è caduto proprio in questa occasione, il 24 luglio nei pressi di Azzano Decimo, nel Nord Italia, e misurava 19 cm di diametro. Una dimensione che ha avvicinato il nostro Paese al record mondiale di 20,3 cm registrato a Vivian, South Dakota, negli Stati uniti.

Secondo Bloomberg Intelligence (BI)[2], l’incremento del 360% delle perdite assicurate relative ai disastri naturali registrato negli ultimi tre decenni sta spingendo gli assicuratori ad “aumentare i premi e ad abbandonare le aree ad alto rischio”. BI ha stimato l’ammontare globale di queste perdite nel 2023 intorno ai 118 miliardi di dollari, ben al di sopra della media di 97 miliardi di dollari del periodo 2017 – 2021. Il risk appetite per i rischi catastrofali è in continua modifica.

Oltre il 50% dei 20 principali riassicuratori globali ha mantenuto o ridotto la propria esposizione alle catastrofi naturali nei rinnovi di gennaio 2023. Una scelta che tuttavia potrebbe avere nel breve termine ripercussioni economiche negative, come successo ad esempio a uno dei maggiori riassicuratori globali, che lo scorso anno ha aumentato i prezzi del 10% ma ha finito per incassarne il 5% in meno proprio in seguito alla riduzione dell’esposizione. Grace Osborne, analista ESG di BI, sostiene che la rivalutazione dei rischi climatici ha visto i tassi di riassicurazione catastrofali globali aumentare fino al 30% all’inizio del 2024. Questo incremento è servito a migliorare i rapporti di sinistralità (fattore derivante dalle perdite totali pagate dagli assicuratori più le spese adeguate sul totale dei premi guadagnati) che, nonostante l’aumento delle perdite assicurate, nel periodo 2020 – 2022 sono peggiorati solo per una minoranza dei player. Tuttavia, se la tendenza dei riassicuratori a ridurre la propria esposizione a eventi di rischio secondari dovesse continuare, questo porterebbe a una maggiore volatilità sui portafogli di rischio degli assicuratori.

Un ulteriore esito potrebbe essere una diminuzione della propensione dei consumatori a trasferire il rischio climatico. Vero è, ad ogni modo, che – fermo restante l’importanza dell’assicurazione nel far fronte ai disastri naturali – la prevenzione, la gestione e la mitigazione del rischio sono attività ancor più fondamentali sotto molti aspetti. L’Associazione di Ginevra ha formulato diverse raccomandazioni[3] rivolte agli assicuratori per ampliare la loro rilevanza nel panorama dei rischi in evoluzione, suggerendo in particolare di:

  • aumentare la fornitura di servizi includendo la valutazione, la previsione, la prevenzione e la mitigazione del rischio, nonché l’assistenza e l’istruzione;
  • fornire prodotti di rischio e di investimento dedicati alla promozione dello sviluppo sostenibile, in particolare nella progettazione del prodotto, nella sottoscrizione, nei sinistri e nella gestione patrimoniale;
  • impegnarsi in partenariati pubblico-privato (PPP) per affrontare i rischi più ampi e complessi che le società moderne si trovano ad affrontare, consentendo anche il trasferimento del rischio commerciale e la sua sostituzione rimuovendo il rischio estremo e volatile dal mercato assicurativo.

Si tratta di concetti che QBE, compagnia assicurativa e riassicurativa globale quotata alla borsa australiana, ha messo al centro della propria strategia. Nello specifico, la compagnia ha avviato sette anni fa l’iniziativa Premiums4Good, attraverso la quale investe una parte dei premi dei clienti in investimenti a impatto con l’intenzione di creare risultati sociali e/o ambientali positivi insieme a interessanti rendimenti finanziari adeguati al rischio. Il tutto senza alcun costo aggiuntivo per i clienti, i quali, per rendere il loro contributo ancora più efficace, possono richiedere che il 100% dei loro premi venga assegnato a Premiums4Good. Le aree di intervento spaziano dalle energie rinnovabili alle infrastrutture sostenibili, dai servizi sociali ai programmi di sostegno alle persone e alle comunità vulnerabili. A fine 2022 erano 108 i titoli in cui QBE ha investito nell’ambito di Premiums4Good, contro gli 85 di giugno 2021, per un valore complessivo di 1,6 miliardi di dollari e con l’obiettivo di raggiungere i 2 miliardi entro il 2025.

Per maggiori informazioni visitate il sito qbeitalia.com


[1] Changing climates: the heat is (still) on – Swiss Re, 2021
[2] https://www.reinsurancene.ws/insurers-exiting-high-risk-areas-as-climate-losses-rise-360-bloomberg/ 14 marzo 2024
[3] The Value of Insurance in a Changing Risk Landscape – Geneva Association, 2023